Ieri, dopo la promulgazione della legge annuale sulla concorrenza, il Presidente Mattarella ha inviato una lunga lettera al Presidente del Senato, al Presidente della Camera e alla Presidente del Consiglio. Nella missiva, il Quirinale ha rilevato, in merito alle disposizioni relative alle concessioni per il commercio su suolo pubblico, quanto già aveva eccepito nel Febbraio dello scorso anno in relazione alle concessioni demaniali marittime: “profili di contrasto con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali definitive …”. Pertanto, ha segnalato in termini inequivocabili che “ciò rende indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di Governo e Parlamento”.

Il pronunciamento del Presidente della Repubblica, come la giurisprudenza e le segnalazioni dell’Autorità per la Concorrenza e per il Mercato richiamate nella lettera ai vertici del Parlamento e dell’Esecutivo, assumono a riferimento la Direttiva Bolkestein, la cardinale normativa di regolazione del mercato europeo dei servizi, in particolare l’articolo 12, dove è disposto il meccanismo del bando per l’assegnazione di risorse pubbliche scarse (posteggi nei mercati rionali; spiagge, licenze taxi, ma anche servizi caratterizzati da monopoli naturali come autostrade, raccolta e distribuzione di acqua, raccolta e smaltimento rifiuti, ecc). In effetti, è difficile negare la contraddittorietà tra le disposizioni nazionali su ambulanti e balneari con la suddetta direttiva.

Mi permetto, qui, con profondo rispetto verso il Capo dello Stato, una domanda: siamo sicuri che le norme della Direttiva Bolkestein, come altre norme europee, ad esempio le disposizioni della Direttiva sui Posted workers (“Lavoratori dislocati”) siano coerenti con i nostri principi costituzionali, in particolare gli articoli 41, 42, 43, 44? Ripropongo qui soltanto l’Articolo 41: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

In altri termini, siamo proprio sicuri che la declinazione della concorrenza secondo i Trattati europei sia analoga o, almeno, compatibile con la declinazione contenuta nella nostra Carta fondamentale? Siamo sicuri che la visione delle libertà economiche incardinata sul diritto europeo coincida con quella dei nostri principi fondativi? Dov’è nei Trattati europei il vincolo di utilità sociale a ciascuna delle 4 sacre e celebrate libertà economiche (libertà di movimento di capitali, merci, servizi e persone)? Le approfondite analisi di autorevoli costituzionalisti (da Massimo Luciani a Cesare Salvi, alla più giovane leva di docenti universitari come Alessandro Somma, Alessandra Algostino, Andrea Guazzarotti, per citarne soltanto alcuni) rilevano un contrasto tra l’assolutizzazione delle libertà economiche previste nei Trattati europei e la loro promozione e tutela condizionata all’utilità sociale scolpita nella nostra Costituzione. Di fronte a tale contraddizione, si invoca automaticamente il primato del diritto europeo sul diritto “interno”, Costituzione inclusa. Ma è proprio così? No, come la stessa Corte Costituzionale ha motivato (da ultimo, la sentenza n. 24/2017), la nostra Costituzione ha “controlimiti” che si impongono anche alle norme e alla giurisprudenza dell’Unione europea. In particolare, il “controlimite” sociale. Scrive il prof Luciani, già presidente dell’Associazione costituzionalisti italiani: "Di qui il consenso che deve essere manifestato nei confronti della sent. Corte cost. n. 238 del 2014 nella parte in cui, ponendo fine ad alcune incertezze alimentate dalla dottrina, chiarisce che i princìpi supremi della Costituzione che fungono da limiti alla revisione non sono diversi da quelli che restano invalicabili per le fonti sovranazionali e per quelle internazionali. … Ricondotta nell’alveo che le è proprio, la questione dei controlimiti si presenta nella sua luce corretta: non una (per taluno odiosa e retriva) resistenza degli Stati-persona ai processi di integrazione sovranazionale e internazionale, ma la rigorosa affermazione della sovranità popolare, perché nei sistemi democratici i cittadini hanno questo, di caratteristico: che vorrebbero contare qualcosa nelle decisioni che toccano l’intera comunità politica." (“Il brusco risveglio. I controlimiti e la fine mancata della storia costituzionale”, in «Rivista dell'Associazione Italiana dei Costituzionalisti», n. 2, 2016).

Il meccanismo del bando tra soggetti di potenza economica, finanziaria, politica, radicalmente asimmetrica rispetta il limite sociale alla libertà di iniziativa economica? È un meccanismo equo? Dov’è il principio di equità nella competizione tra una grande impresa, strutturata per dotazione finanziaria, attrezzata in termini di servizi legali, capace di significative economie di scala ed una piccola impresa, una micro impresa, un lavoratore o lavoratrice autonoma del commercio ambulante o della gestione di una concessione balneare? Quali benefici trae il mitico “consumatore sovrano”, caro all’ideologia liberista, dal ricambio dell’esercizio di vendita in un mercato rionale o della gestione di uno stabilimento balneare? Minori prezzi? Maggiore qualità dei servizi? Sicuri? Dov’è l’evidenza empirica? E qual è il costo in termini sociali di smantellare una piccola attività, spesso irriproducibile altrove per i limiti economici protagonisti? Non si deve tener in nessun conto il valore etico, prima che economico, del lavoro ad essa dedicato nel corso di intere vite? Il bando a prescindere non arreca danno alla dignità umana (Art 41, Cost) delle persone coinvolte nell’attività bandite? Come quantificare la perdita del preziosissimo capitale sociale accumulato nella relazione umana tra venditore/gestore e cliente?

Considero necessarie innovazioni alle normative relative alle concessioni per il commercio su suolo pubblico e, in particolare, per le concessioni balneari. Tuttavia, ritengo che debbano essere messe a bando le concessioni libere, aggiuntive, revocate o riconsegnate (segnalo che vi sono numerosissimi stalli liberi nei mercati a causa dell’insostenibilità della fatica e dello scarso margine di reddito). Ma perché devono andare a bando le concessioni in essere, utilizzate nel pieno rispetto della legge e delle normative ambientali, fiscali e lavoristiche? Vi sono troppe concessioni per commercio ambulante in capo ad un’unica famiglia che poi le sub-affitta a condizioni insopportabili per il gestore effettivo? Si rafforzino e si applichino le disposizioni del Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 2020 (non prevedono il rinnovo automatico, ossia incondizionato). I canoni per le concessioni balneari, in tratti pregiati di spiaggia, affollati di turisti, sono irrisori dati i profitti ottenuti o ottenibili? Si innalzano e si differenziano i canoni. Ma perché dover far saltare un’impresa, spesso a conduzione familiare, per avere canoni adeguati? Il meccanismo del bando, per costruzione, premia il più forte sul piano economico e finanziario, non il più bravo. Inoltre, segnalo che le concessioni riguardano comunque attività inserite in mercati concorrenziali: il consumatore può scegliere il banco dal quale servirsi al mercato o lo stabilimento al quale andare. Il primo settore subisce tra l’altro la concorrenza sleale delle “piattaforme”, del commercio online e degli iper-discount multinazionali. Quindi, chi è il vero beneficiario del meccanismo del bando? Gli interessi economici più forti.

Il Governo Meloni, sia per i balneari a Febbraio 2023, sia sugli ambulanti nei giorni scorsi, si spinge faticosamente lungo una strada senza uscita. Avrebbe dovuto portare direttamente la normativa Bolkestein di fronte alla Corte Costituzionale e rilevare, in primo luogo, nel merito, la contraddizione tra i principi del diritto fondativo interno e il diritto Ue e, in secondo luogo, il primato del “controlimite” sociale del nostro ordinamento sui Trattati. Avrebbe potuto farlo, almeno in termini di iniziativa politica, anche la sinistra. Ma ha smarrito da tempo l’autonomia culturale espressa nella nostra Costituzione. Siamo ancora in tempo per recuperare. Tra stupido anti-europeismo e cieco europeismo ordoliberista, si può costruire un europeismo consapevole e rispettoso della Carta fondativa di ciascun popolo europeo.

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Ieri, dopo la promulgazione della legge annuale sulla concorrenza, il Presidente Mattarella ha inviato una lunga lettera al Presidente del Senato, al Presidente della Camera e alla Presidente del Consiglio. Nella missiva, il Quirinale ha rilevato, in merito alle disposizioni relative alle concessioni per il commercio su suolo pubblico, quanto già aveva eccepito nel Febbraio dello scorso anno in relazione alle concessioni demaniali marittime: “profili di contrasto con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali definitive …”. Pertanto, ha segnalato in termini inequivocabili che “ciò rende indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di Governo e Parlamento”.

Il pronunciamento del Presidente della Repubblica, come la giurisprudenza e le segnalazioni dell’Autorità per la Concorrenza e per il Mercato richiamate nella lettera ai vertici del Parlamento e dell’Esecutivo, assumono a riferimento la Direttiva Bolkestein, la cardinale normativa di regolazione del mercato europeo dei servizi, in particolare l’articolo 12, dove è disposto il meccanismo del bando per l’assegnazione di risorse pubbliche scarse (posteggi nei mercati rionali; spiagge, licenze taxi, ma anche servizi caratterizzati da monopoli naturali come autostrade, raccolta e distribuzione di acqua, raccolta e smaltimento rifiuti, ecc). In effetti, è difficile negare la contraddittorietà tra le disposizioni nazionali su ambulanti e balneari con la suddetta direttiva.

Mi permetto, qui, con profondo rispetto verso il Capo dello Stato, una domanda: siamo sicuri che le norme della Direttiva Bolkestein, come altre norme europee, ad esempio le disposizioni della Direttiva sui Posted workers (“Lavoratori dislocati”) siano coerenti con i nostri principi costituzionali, in particolare gli articoli 41, 42, 43, 44? Ripropongo qui soltanto l’Articolo 41: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

In altri termini, siamo proprio sicuri che la declinazione della concorrenza secondo i Trattati europei sia analoga o, almeno, compatibile con la declinazione contenuta nella nostra Carta fondamentale? Siamo sicuri che la visione delle libertà economiche incardinata sul diritto europeo coincida con quella dei nostri principi fondativi? Dov’è nei Trattati europei il vincolo di utilità sociale a ciascuna delle 4 sacre e celebrate libertà economiche (libertà di movimento di capitali, merci, servizi e persone)? Le approfondite analisi di autorevoli costituzionalisti (da Massimo Luciani a Cesare Salvi, alla più giovane leva di docenti universitari come Alessandro Somma, Alessandra Algostino, Andrea Guazzarotti, per citarne soltanto alcuni) rilevano un contrasto tra l’assolutizzazione delle libertà economiche previste nei Trattati europei e la loro promozione e tutela condizionata all’utilità sociale scolpita nella nostra Costituzione. Di fronte a tale contraddizione, si invoca automaticamente il primato del diritto europeo sul diritto “interno”, Costituzione inclusa. Ma è proprio così? No, come la stessa Corte Costituzionale ha motivato (da ultimo, la sentenza n. 24/2017), la nostra Costituzione ha “controlimiti” che si impongono anche alle norme e alla giurisprudenza dell’Unione europea. In particolare, il “controlimite” sociale. Scrive il prof Luciani, già presidente dell’Associazione costituzionalisti italiani: "Di qui il consenso che deve essere manifestato nei confronti della sent. Corte cost. n. 238 del 2014 nella parte in cui, ponendo fine ad alcune incertezze alimentate dalla dottrina, chiarisce che i princìpi supremi della Costituzione che fungono da limiti alla revisione non sono diversi da quelli che restano invalicabili per le fonti sovranazionali e per quelle internazionali. … Ricondotta nell’alveo che le è proprio, la questione dei controlimiti si presenta nella sua luce corretta: non una (per taluno odiosa e retriva) resistenza degli Stati-persona ai processi di integrazione sovranazionale e internazionale, ma la rigorosa affermazione della sovranità popolare, perché nei sistemi democratici i cittadini hanno questo, di caratteristico: che vorrebbero contare qualcosa nelle decisioni che toccano l’intera comunità politica." (“Il brusco risveglio. I controlimiti e la fine mancata della storia costituzionale”, in «Rivista dell'Associazione Italiana dei Costituzionalisti», n. 2, 2016).

Il meccanismo del bando tra soggetti di potenza economica, finanziaria, politica, radicalmente asimmetrica rispetta il limite sociale alla libertà di iniziativa economica? È un meccanismo equo? Dov’è il principio di equità nella competizione tra una grande impresa, strutturata per dotazione finanziaria, attrezzata in termini di servizi legali, capace di significative economie di scala ed una piccola impresa, una micro impresa, un lavoratore o lavoratrice autonoma del commercio ambulante o della gestione di una concessione balneare? Quali benefici trae il mitico “consumatore sovrano”, caro all’ideologia liberista, dal ricambio dell’esercizio di vendita in un mercato rionale o della gestione di uno stabilimento balneare? Minori prezzi? Maggiore qualità dei servizi? Sicuri? Dov’è l’evidenza empirica? E qual è il costo in termini sociali di smantellare una piccola attività, spesso irriproducibile altrove per i limiti economici protagonisti? Non si deve tener in nessun conto il valore etico, prima che economico, del lavoro ad essa dedicato nel corso di intere vite? Il bando a prescindere non arreca danno alla dignità umana (Art 41, Cost) delle persone coinvolte nell’attività bandite? Come quantificare la perdita del preziosissimo capitale sociale accumulato nella relazione umana tra venditore/gestore e cliente?

Considero necessarie innovazioni alle normative relative alle concessioni per il commercio su suolo pubblico e, in particolare, per le concessioni balneari. Tuttavia, ritengo che debbano essere messe a bando le concessioni libere, aggiuntive, revocate o riconsegnate (segnalo che vi sono numerosissimi stalli liberi nei mercati a causa dell’insostenibilità della fatica e dello scarso margine di reddito). Ma perché devono andare a bando le concessioni in essere, utilizzate nel pieno rispetto della legge e delle normative ambientali, fiscali e lavoristiche? Vi sono troppe concessioni per commercio ambulante in capo ad un’unica famiglia che poi le sub-affitta a condizioni insopportabili per il gestore effettivo? Si rafforzino e si applichino le disposizioni del Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 2020 (non prevedono il rinnovo automatico, ossia incondizionato). I canoni per le concessioni balneari, in tratti pregiati di spiaggia, affollati di turisti, sono irrisori dati i profitti ottenuti o ottenibili? Si innalzano e si differenziano i canoni. Ma perché dover far saltare un’impresa, spesso a conduzione familiare, per avere canoni adeguati? Il meccanismo del bando, per costruzione, premia il più forte sul piano economico e finanziario, non il più bravo. Inoltre, segnalo che le concessioni riguardano comunque attività inserite in mercati concorrenziali: il consumatore può scegliere il banco dal quale servirsi al mercato o lo stabilimento al quale andare. Il primo settore subisce tra l’altro la concorrenza sleale delle “piattaforme”, del commercio online e degli iper-discount multinazionali. Quindi, chi è il vero beneficiario del meccanismo del bando? Gli interessi economici più forti.

Il Governo Meloni, sia per i balneari a Febbraio 2023, sia sugli ambulanti nei giorni scorsi, si spinge faticosamente lungo una strada senza uscita. Avrebbe dovuto portare direttamente la normativa Bolkestein di fronte alla Corte Costituzionale e rilevare, in primo luogo, nel merito, la contraddizione tra i principi del diritto fondativo interno e il diritto Ue e, in secondo luogo, il primato del “controlimite” sociale del nostro ordinamento sui Trattati. Avrebbe potuto farlo, almeno in termini di iniziativa politica, anche la sinistra. Ma ha smarrito da tempo l’autonomia culturale espressa nella nostra Costituzione. Siamo ancora in tempo per recuperare. Tra stupido anti-europeismo e cieco europeismo ordoliberista, si può costruire un europeismo consapevole e rispettoso della Carta fondativa di ciascun popolo europeo.

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Ambulanti e balneari: siamo sicuri che la Bolkestein non sia incostituzionale?

6 1
03.01.2024

Ieri, dopo la promulgazione della legge annuale sulla concorrenza, il Presidente Mattarella ha inviato una lunga lettera al Presidente del Senato, al Presidente della Camera e alla Presidente del Consiglio. Nella missiva, il Quirinale ha rilevato, in merito alle disposizioni relative alle concessioni per il commercio su suolo pubblico, quanto già aveva eccepito nel Febbraio dello scorso anno in relazione alle concessioni demaniali marittime: “profili di contrasto con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali definitive …”. Pertanto, ha segnalato in termini inequivocabili che “ciò rende indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di Governo e Parlamento”.

Il pronunciamento del Presidente della Repubblica, come la giurisprudenza e le segnalazioni dell’Autorità per la Concorrenza e per il Mercato richiamate nella lettera ai vertici del Parlamento e dell’Esecutivo, assumono a riferimento la Direttiva Bolkestein, la cardinale normativa di regolazione del mercato europeo dei servizi, in particolare l’articolo 12, dove è disposto il meccanismo del bando per l’assegnazione di risorse pubbliche scarse (posteggi nei mercati rionali; spiagge, licenze taxi, ma anche servizi caratterizzati da monopoli naturali come autostrade, raccolta e distribuzione di acqua, raccolta e smaltimento rifiuti, ecc). In effetti, è difficile negare la contraddittorietà tra le disposizioni nazionali su ambulanti e balneari con la suddetta direttiva.

Mi permetto, qui, con profondo rispetto verso il Capo dello Stato, una domanda: siamo sicuri che le norme della Direttiva Bolkestein, come altre norme europee, ad esempio le disposizioni della Direttiva sui Posted workers (“Lavoratori dislocati”) siano coerenti con i nostri principi costituzionali, in particolare gli articoli 41, 42, 43, 44? Ripropongo qui soltanto l’Articolo 41: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

In altri termini, siamo proprio sicuri che la declinazione della concorrenza secondo i Trattati europei sia analoga o, almeno, compatibile con la declinazione contenuta nella nostra Carta fondamentale? Siamo sicuri che la visione delle libertà economiche incardinata sul diritto europeo coincida con quella dei nostri principi fondativi? Dov’è nei Trattati europei il vincolo di utilità sociale a ciascuna delle 4 sacre e celebrate libertà economiche (libertà di movimento di capitali, merci, servizi e persone)? Le approfondite analisi di autorevoli costituzionalisti (da Massimo Luciani a Cesare Salvi, alla più giovane leva di docenti universitari come Alessandro Somma, Alessandra Algostino, Andrea Guazzarotti, per citarne soltanto alcuni) rilevano un contrasto tra l’assolutizzazione delle libertà economiche previste nei Trattati europei e la loro promozione e tutela condizionata all’utilità sociale scolpita nella nostra Costituzione. Di fronte a tale contraddizione, si invoca automaticamente il primato del diritto europeo sul diritto “interno”, Costituzione inclusa. Ma è proprio così? No, come la stessa Corte Costituzionale ha motivato (da ultimo, la sentenza n. 24/2017), la nostra Costituzione ha “controlimiti” che si impongono anche alle norme e alla giurisprudenza dell’Unione europea. In particolare, il “controlimite” sociale. Scrive il prof Luciani, già presidente dell’Associazione costituzionalisti italiani: "Di qui il consenso che deve essere manifestato nei confronti della sent. Corte cost. n. 238 del 2014 nella parte in cui, ponendo fine ad alcune incertezze alimentate dalla dottrina, chiarisce che i princìpi supremi della Costituzione che fungono da limiti alla revisione non sono diversi da quelli che restano invalicabili per le fonti sovranazionali e per quelle internazionali. … Ricondotta nell’alveo che le è proprio, la questione dei controlimiti si presenta nella sua luce corretta: non una (per taluno odiosa e retriva) resistenza degli Stati-persona ai processi di integrazione sovranazionale e internazionale, ma la rigorosa affermazione della sovranità popolare, perché........

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