Le notizie di cronaca ci richiamano a una realtà drammatica che si può sintetizzare nella parola caporalato.

Nelle campagne del nostro Paese dettano le loro regole i padroncini grazie anche ad aziende agricole compiacenti e senza scrupoli e a chi, pure nelle istituzioni, si gira dall'altra parte facendo finta di non vedere e non sentire il dovere morale e civico di applicare le norme che esistono a cominciare da quelle inserite nella legge 199 del 2016 che consentono di intervenire con più efficacia per contrastare l'aberrante fenomeno del caporalato.

Invece se ne parla solo quando i titoli di un giornale ci segnalano una maxi retata delle forze dell'ordine od anche, purtroppo, la morte improvvisa di un lavoratore, spesso di colore ed anche irregolare, che non ce l'ha fatta a resistere alle condizioni disumane nelle quali era costretto a vivere e lavorare.

Certo può fare comodo, propagandisticamente, sbraitare contro l'immigrazione clandestina, rivendicare diritti per i propri figli, peraltro giustamente, e poi dimenticare coloro che raggiungono il nostro Paese perché scappano da luoghi di sicura morte dove i diritti sono negati, per venire sfruttati nelle nostre campagne con paghe prossime alla schiavitù, in alloggi (obbligati a pagare) sporchi e fatiscenti, senza tutele sanitarie, con paghe di pochi euro l'ora e con orari molto più lunghi del consentito. Ma chissenefrega se qualcuno ci lascia la pelle, se le baracche non sono ospitali e se tra loro si diffondono le malattie. L'importante è raccogliere pomodori, castagne, uva, olive che poi diventeranno etichette certificate e consentiranno di alimentare il business commerciale. Tutto questo favorisce l’illegalità, consente alla criminalità organizzata di occupare spazi, di alimentare un conflitto sociale utile per tenere sotto scacco una parte di società a favore dei grandi interessi.

È questo che diciamo da tempo al governo e al ministro Lollobrigida. Basta con gli spot e con le leggi propagandistiche. Serve un piano per l'agricoltura italiana, a salvaguardia di un comparto necessario e primario per traghettarci nella transizione green e a tutela della stragrande maggioranza delle aziende agricole che fanno i salti mortali per non cadere nella rete di chi pensa che padroncini e caporali sono indispensabili per abbassare il costo del lavoro e favorire così i redditi.

Ma il piano che invochiamo tarda ad arrivare e la crisi dell'agricoltura rischia di diventare irreversibile con conseguenze nefaste per tutti noi che avremo sulle nostre tavole cibo prodotto con materie prime provenienti dall'estero perché, nel tempo delle crisi economica e climatica, i costi sono più convenienti anche se nessuno ci garantirà trasparenza, qualità e salubrità.

Anche sul caporalato si può fare di più.

Il diritto al lavoro non può prescindere dall’eliminazione di qualsivoglia ricatto nei confronti di chi ha problemi economici e di sopravvivenza. Altra questione riguarda la possibilità che vengano adottati sistemi di collocazione pubblica per i lavoratori occasionali e stagionali in agricoltura ed infine, non da ultima, è quella di rendere tutte le persone visibili, regolarizzando i lavoratori stranieri, più soggetti di altri, a cadere nella rete del caporalato. Spetta al governo attivare tutte le misure perché la legge sul caporalato trovi concreta applicazione a cominciare dall’adozione di misure cautelari relative all’azienda agricola in cui è commesso il reato, dall’estensione alle vittime del caporalato delle provvidenze del Fondo antitratta, dal potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, in funzione di strumento di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura, dal graduale riallineamento delle retribuzioni nel settore agricolo.

C'è dunque da fare e da lavorare. Servirebbe visione e volontà per rispondere agli interessi generali del Paese. Di contro al Ministero dell'Agricoltura continuano ad assumere staff e a organizzare le campagne elettorali.

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Le notizie di cronaca ci richiamano a una realtà drammatica che si può sintetizzare nella parola caporalato.

Nelle campagne del nostro Paese dettano le loro regole i padroncini grazie anche ad aziende agricole compiacenti e senza scrupoli e a chi, pure nelle istituzioni, si gira dall'altra parte facendo finta di non vedere e non sentire il dovere morale e civico di applicare le norme che esistono a cominciare da quelle inserite nella legge 199 del 2016 che consentono di intervenire con più efficacia per contrastare l'aberrante fenomeno del caporalato.

Invece se ne parla solo quando i titoli di un giornale ci segnalano una maxi retata delle forze dell'ordine od anche, purtroppo, la morte improvvisa di un lavoratore, spesso di colore ed anche irregolare, che non ce l'ha fatta a resistere alle condizioni disumane nelle quali era costretto a vivere e lavorare.

Certo può fare comodo, propagandisticamente, sbraitare contro l'immigrazione clandestina, rivendicare diritti per i propri figli, peraltro giustamente, e poi dimenticare coloro che raggiungono il nostro Paese perché scappano da luoghi di sicura morte dove i diritti sono negati, per venire sfruttati nelle nostre campagne con paghe prossime alla schiavitù, in alloggi (obbligati a pagare) sporchi e fatiscenti, senza tutele sanitarie, con paghe di pochi euro l'ora e con orari molto più lunghi del consentito. Ma chissenefrega se qualcuno ci lascia la pelle, se le baracche non sono ospitali e se tra loro si diffondono le malattie. L'importante è raccogliere pomodori, castagne, uva, olive che poi diventeranno etichette certificate e consentiranno di alimentare il business commerciale. Tutto questo favorisce l’illegalità, consente alla criminalità organizzata di occupare spazi, di alimentare un conflitto sociale utile per tenere sotto scacco una parte di società a favore dei grandi interessi.

È questo che diciamo da tempo al governo e al ministro Lollobrigida. Basta con gli spot e con le leggi propagandistiche. Serve un piano per l'agricoltura italiana, a salvaguardia di un comparto necessario e primario per traghettarci nella transizione green e a tutela della stragrande maggioranza delle aziende agricole che fanno i salti mortali per non cadere nella rete di chi pensa che padroncini e caporali sono indispensabili per abbassare il costo del lavoro e favorire così i redditi.

Ma il piano che invochiamo tarda ad arrivare e la crisi dell'agricoltura rischia di diventare irreversibile con conseguenze nefaste per tutti noi che avremo sulle nostre tavole cibo prodotto con materie prime provenienti dall'estero perché, nel tempo delle crisi economica e climatica, i costi sono più convenienti anche se nessuno ci garantirà trasparenza, qualità e salubrità.

Anche sul caporalato si può fare di più.

Il diritto al lavoro non può prescindere dall’eliminazione di qualsivoglia ricatto nei confronti di chi ha problemi economici e di sopravvivenza. Altra questione riguarda la possibilità che vengano adottati sistemi di collocazione pubblica per i lavoratori occasionali e stagionali in agricoltura ed infine, non da ultima, è quella di rendere tutte le persone visibili, regolarizzando i lavoratori stranieri, più soggetti di altri, a cadere nella rete del caporalato. Spetta al governo attivare tutte le misure perché la legge sul caporalato trovi concreta applicazione a cominciare dall’adozione di misure cautelari relative all’azienda agricola in cui è commesso il reato, dall’estensione alle vittime del caporalato delle provvidenze del Fondo antitratta, dal potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, in funzione di strumento di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura, dal graduale riallineamento delle retribuzioni nel settore agricolo.

C'è dunque da fare e da lavorare. Servirebbe visione e volontà per rispondere agli interessi generali del Paese. Di contro al Ministero dell'Agricoltura continuano ad assumere staff e a organizzare le campagne elettorali.

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Lotta serrata al caporalato a tutela della buona agricoltura

6 0
22.03.2024

Le notizie di cronaca ci richiamano a una realtà drammatica che si può sintetizzare nella parola caporalato.

Nelle campagne del nostro Paese dettano le loro regole i padroncini grazie anche ad aziende agricole compiacenti e senza scrupoli e a chi, pure nelle istituzioni, si gira dall'altra parte facendo finta di non vedere e non sentire il dovere morale e civico di applicare le norme che esistono a cominciare da quelle inserite nella legge 199 del 2016 che consentono di intervenire con più efficacia per contrastare l'aberrante fenomeno del caporalato.

Invece se ne parla solo quando i titoli di un giornale ci segnalano una maxi retata delle forze dell'ordine od anche, purtroppo, la morte improvvisa di un lavoratore, spesso di colore ed anche irregolare, che non ce l'ha fatta a resistere alle condizioni disumane nelle quali era costretto a vivere e lavorare.

Certo può fare comodo, propagandisticamente, sbraitare contro l'immigrazione clandestina, rivendicare diritti per i propri figli, peraltro giustamente, e poi dimenticare coloro che raggiungono il nostro Paese perché scappano da luoghi di sicura morte dove i diritti sono negati, per venire sfruttati nelle nostre campagne con paghe prossime alla schiavitù, in alloggi (obbligati a pagare) sporchi e fatiscenti, senza tutele sanitarie, con paghe di pochi euro l'ora e con orari molto più lunghi del consentito. Ma chissenefrega se qualcuno ci lascia la pelle, se le baracche non sono ospitali e se tra loro si diffondono le malattie. L'importante è raccogliere pomodori, castagne, uva, olive che poi diventeranno etichette certificate e consentiranno di alimentare il business commerciale. Tutto questo favorisce l’illegalità, consente alla criminalità organizzata di occupare spazi, di alimentare un conflitto sociale utile per tenere sotto scacco una parte di società a favore dei grandi interessi.

È questo che diciamo da tempo al governo e al ministro Lollobrigida. Basta con gli spot e con le leggi propagandistiche. Serve un piano per l'agricoltura........

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