Vi è molto da indagare rispetto alla dicotomia indifferenza-rassegnazione con cui l'essere umano guarda alla crisi climatica: c'è certamente la consapevolezza delle conseguenze drammatiche che porta lo squilibrio del rapporto tra l'uomo e le risorse naturali. Tuttavia, gli ecosistemi non vengono considerati come comunità di organismi viventi e dell'ambiente in cui essi vivono, ma come strumenti o, nel peggior caso, servizi di cui disporre in maniera pervenne. Eppure, questo rapporto "tossico" con la natura, con il clima, il suolo, le acque, la biosfera sta riducendo gli spazi sulla terra dove vivere sicuri, la qualità della vita e le possibilità di prosperare.

Il Summit dell'Onu sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile ha descritto il bilancio di metà percorso per la realizzazione dell'Agenda 2030, la più ambiziosa che l'umanità abbia mai condiviso: ebbene, siamo in ritardo su quasi tutti gli obiettivi che per essere realizzati avrebbero bisogno di un nuovo modo di intendere l'economia e lo sviluppo perché non esiste una crescita infinita. La pandemia è servita proprio a ricordarci la necessità di cambiare paradigma nel rapporto tra la nostra salute e l'ambiente che ci circonda. È provato scientificamente, infatti, come la maggioranza dei casi di malattie cardiovascolari, oncologiche e respiratorie sia in qualche modo influenzata dai fattori ambientali; ed è per questo che, attraverso serie e strutturali politiche ambientali si possono ridurre i decessi o l'incidenza di alcune malattie. Più di 1,4 milioni di morti l'anno causati dal cancro in tutto il mondo sono riconducibili a fattori di rischio modificabili di natura ambientale.

Ma allora perché non riusciamo a farci agenti di cambiamento? La dimensione politica dovrebbe farsi carco di uno sgardo verso il futuro remoto ma divenuto sempre più imminente. Viviamo in quella che il sociologo Colin Crouch ha definito una post-democrazia, un sistema politico che, pur essendo regolato dai sistemi democratici è in realtà guidato dalle grandi lobby di società multinazionali o transnazionali e dai mass media.

Il crescente disinteresse dei cittadini alla vita pubblica, la competizione elettorale che si trasforma in uno spettacolo controllato da esperti nelle tecniche di persuasione, il peso delle lobby all’interno dei parlamenti eletti genera evidenti riflessi sulla capacità dei cittadini di sentire di poter cambiare davvero le cose, ma anche immaginare un mondo diverso da quello governato dal pensiero dominante e dall'idea di una crescita senza fine.

È appunto nei termini dell’indifferenza e della post-democrazia che si può interpretare anche l’incertezza della politica nel prendere decisioni dirimenti rispetto alla drammatica crisi che stiamo affrontando. Eppure l'opinione pubblica mondiale non ha mai ricevuto segnali dai capi di Stato e di governo che si confrontano sugli equilibri del mondo rispetto agli impegni globali in materia di tutela della salute del Pianeta. Ma senza una risposta efficace e non divisiva chi tutelerà il nostro enorme capitale naturale e sociale?

Nei mesi scorsi il Santo Padre ha annunciato di voler aggiornare l’enciclica Laudato si’ rispetto ai problemi attuali. Un'Enciclica sull'ecologia integrale pubblicata nel 2015 in cui la preoccupazione per la natura, l’equità verso i poveri, l’impegno nella società, ma anche la gioia e la pace interiore risultano inseparabili. L’ecologia integrale deve diventare un nuovo paradigma di giustizia, perché la natura non è una “mera cornice” della vita umana. In questa ispirazione sta la chiave di tutto perché gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione vanno dalla negazione del problema, all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche. Invece noi abbiamo bisogno di aprire gli occhi e di una nuova solidarietà universale nei confronti delle drammatiche prospettive che si configurano per la nostra casa comune.

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Nei mesi scorsi il Santo Padre ha annunciato di voler aggiornare l’enciclica Laudato si’ rispetto ai problemi attuali. Un'Enciclica sull'ecologia integrale pubblicata nel 2015 in cui la preoccupazione per la natura, l’equità verso i poveri, l’impegno nella società, ma anche la gioia e la pace interiore risultano inseparabili. L’ecologia integrale deve diventare un nuovo paradigma di giustizia, perché la natura non è una “mera cornice” della vita umana. In questa ispirazione sta la chiave di tutto perché gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione vanno dalla negazione del problema, all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche. Invece noi abbiamo bisogno di aprire gli occhi e di una nuova solidarietà universale nei confronti delle drammatiche prospettive che si configurano per la nostra casa comune.

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La crisi climatica è assenza di solidarietà universale

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29.01.2024

Vi è molto da indagare rispetto alla dicotomia indifferenza-rassegnazione con cui l'essere umano guarda alla crisi climatica: c'è certamente la consapevolezza delle conseguenze drammatiche che porta lo squilibrio del rapporto tra l'uomo e le risorse naturali. Tuttavia, gli ecosistemi non vengono considerati come comunità di organismi viventi e dell'ambiente in cui essi vivono, ma come strumenti o, nel peggior caso, servizi di cui disporre in maniera pervenne. Eppure, questo rapporto "tossico" con la natura, con il clima, il suolo, le acque, la biosfera sta riducendo gli spazi sulla terra dove vivere sicuri, la qualità della vita e le possibilità di prosperare.

Il Summit dell'Onu sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile ha descritto il bilancio di metà percorso per la realizzazione dell'Agenda 2030, la più ambiziosa che l'umanità abbia mai condiviso: ebbene, siamo in ritardo su quasi tutti gli obiettivi che per essere realizzati avrebbero bisogno di un nuovo modo di intendere l'economia e lo sviluppo perché non esiste una crescita infinita. La pandemia è servita proprio a ricordarci la necessità di cambiare paradigma nel rapporto tra la nostra salute e l'ambiente che ci circonda. È provato scientificamente, infatti, come la........

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