TERAMO. La Procura distrettuale aveva chiesto condanne complessive per 125 anni per i venti imputati accusati di far parte di un’organizzazione criminale transnazionale specializzata nel traffico di cocaina dalla Colombia in Abruzzo. Della maxi inchiesta, la cosiddetta operazione “Barrik”, non resta niente: in primo grado tutti i venti imputati – tra colombiani, dominicani e italiani – sono stati assolti perché il fatto non sussiste.
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Tra novanta giorni il deposito delle motivazioni preannunciate ieri dal collegio presieduto dal giudice Francesco Ferretti (a latere Marco D’Antoni e Martina Pollera) che spiegheranno i perché della sentenza per un procedimento che in aula doveva fare i conti già con la scure della prescrizione che si abbatte sui tempi lunghi dei procedimenti penali. Perché da quei 125 anni complessivi di carcere chiesti per i venti imputati restavano fuori i reati previsti per il traffico di ingenti quantitativi ormai prescritti.
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Secondo le accuse della Procura un’organizzazione di colombiani così articolata, scaltra e organizzata da far scendere in campo lo scrittore Roberto Saviano che nei giorni degli arresti scrisse su Facebook e Twitter: «L'Abruzzo è diventato centrale come area di stoccaggio della cocaina perché considerato territorio sicuro, isolato e insospettabile. L'operazione ha fermato un'organizzazione colombiana e italiana dei narcos». Negli anni molti di quei 58 arrestati hanno scelto riti alternativi, mentre in venti il rito ordinario.
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