La procura generale della Cassazione ha chiesto l’inammissibilità del ricorso presentato dalla procura generale della Corte d’Appello di Bologna riguardo la posizione di Claudio Foti, assolto in secondo grado dalle accuse contestate nell’ambito del processo “Angeli e Demoni”, il cosiddetto caso “Bibbiano”. Secondo il pg, la procura è entrata nel merito, un aspetto insuperabile dal punto di vista processuale. A breve i giudici si ritireranno in Camera di Consiglio per la decisione finale.

Il processo è approdato in Cassazione dopo la sentenza di assoluzione pronunciata dalla Corte d’Appello di Bologna, che aveva smontato l’impianto accusatorio, puntando il dito, soprattutto, contro la perizia che aveva certificato il disturbo borderline provocato, secondo l’accusa, dalla terapia di Foti in una paziente 17enne, per giunta con dolo.

Secondo i giudici d’appello, infatti, la consulenza che ha attribuito a Claudio Foti la responsabilità di aver provocato un disturbo borderline nella sua giovane paziente è generica e priva di basi scientifiche. Di più: il gup che aveva condannato in primo grado lo psicoterapeuta aveva, secondo i colleghi di Bologna, recepito «incondizionatamente le conclusioni rassegnate dal consulente del pm», che si è limitato «a una disamina degli elementi raccolti nella fase investigativa e all’effettuazione di un incontro» con la paziente e sua sorella quando le stesse erano già state ascoltate dai carabinieri senza ancorarsi ad uno straccio di prova.

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Secondo le motivazioni della sentenza, dunque, il professionista non avrebbe provocato alcun disturbo nella sua paziente, finita da lui per gli abusi subiti durante l’infanzia e l’adolescenza, né avrebbe concorso nell’abuso d’ufficio contestato per l’affidamento del servizio di psicoterapia e, infine, come già stabilito in primo grado, non avrebbe tentato di frodare l’autorità giudiziaria.

Anzi, per la quarta sezione della Corte d’Appello di Bologna, la diagnosi con la quale Foti era stato accusato di lesioni a essersi risolta «in una valutazione priva di riferimenti agli strumenti di indagine prescritti dal “Dsm 5” (la “bibbia” degli psicoterapeuti, ndr) e dalla letteratura scientifica, venendo riferita in maniera essenzialmente apodittica, stante la radicale assenza di una qualsivoglia menzione, anche solo attraverso frasi di stile, del paradigma e dei criteri seguiti». Insomma, una pura e semplice convinzione fondata sul nulla, nonostante la diagnosi di una malattia necessariamente debba basarsi su «elementi verificabili, conoscibili e, per ciò stesso, accompagnati dall’indicazione delle fonti che ne consentano il controllo». Un errore in cui non è incorsa solo la consulente, ma anche il giudice: «La radicale carenza dei necessari passaggi di verifica e riscontro qualifica la sentenza in termini di mera intuizione dell’organo giudicante - si legge ancora -, in pieno spregio dei più recenti arresti giurisprudenziali in precedenza ampiamente citati».

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Un atto d’accusa pesante: la condanna, secondo la Corte d’Appello, è stata infatti pronunciata in «totale assenza di riferimenti a leggi di copertura e ai sottostanti studi» e del grado «di consenso da parte della comunità scientifica che dovrebbe caratterizzare il dato scientifico». Consenso invece raccolto da Foti, che si è visto sostenere da oltre 300 professionisti a difesa della sua psicoterapia. D’altronde, evidenzia la sentenza, sarebbe bastato consultare la letteratura scientifica in materia per scoprire che il “Disturbo borderline di personalità” si forma nei primi anni di vita e si manifesta nell’adolescenza e nell’età adulta. Fonti scientifiche depositate, invece, dall’avvocato Luca Bauccio e che riconducono «l’eziopatogenesi a fattori legati all’età infantile, con riferimento ad ambienti familiari invalidanti, abusi sessuali o ipotesi di violenza assistita».

QOSHE - Processo “Angeli e Demoni”, la procura generale della Cassazione: «Inammissibile il ricorso contro l’assoluzione di Foti» - Simona Musco
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Processo “Angeli e Demoni”, la procura generale della Cassazione: «Inammissibile il ricorso contro l’assoluzione di Foti»

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10.04.2024

La procura generale della Cassazione ha chiesto l’inammissibilità del ricorso presentato dalla procura generale della Corte d’Appello di Bologna riguardo la posizione di Claudio Foti, assolto in secondo grado dalle accuse contestate nell’ambito del processo “Angeli e Demoni”, il cosiddetto caso “Bibbiano”. Secondo il pg, la procura è entrata nel merito, un aspetto insuperabile dal punto di vista processuale. A breve i giudici si ritireranno in Camera di Consiglio per la decisione finale.

Il processo è approdato in Cassazione dopo la sentenza di assoluzione pronunciata dalla Corte d’Appello di Bologna, che aveva smontato l’impianto accusatorio, puntando il dito, soprattutto, contro la perizia che aveva certificato il disturbo borderline provocato, secondo l’accusa, dalla terapia di Foti in una paziente 17enne, per giunta con dolo.

Secondo i giudici d’appello, infatti, la consulenza che ha attribuito a Claudio Foti la responsabilità di aver provocato un disturbo........

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