Il problema della campagna elettorale leghista non è ciò che dirà il generale, ma è ciò che ha già detto, o meglio scritto, il leader della Lega: l'Europa che gli piace tanto è la stessa che sogna anche il presidente russo Vladimir Putin

Il dito si chiama Vannacci, la luna si chiama Salvini. All’interno dell’appassionante, si fa per dire, corsa che accompagna l’Italia alle elezioni europee, c’è una gara molto speciale che a un mese e mezzo dal voto ha già un vincitore chiaro, netto. La gara è quella che vede i vari leader di partito impegnati a usare la campagna delle europee per offrire generosamente il peggio di sé. E in questa particolare competizione colui che rischia, come l’Inter, di vincere il titolo con molte giornate di anticipo è, per distacco dagli avversari, il leader della Lega: Matteo Salvini. Ieri, comprensibilmente, si è ironizzato molto sulla scelta del vicepremier di candidare, nel giorno della celebrazione del 25 aprile, una nuova icona dell’anti antifascismo (ma volendo, i più maliziosi possono eliminare entrambi gli anti), che risponde al nome del generale Vannacci. Salvini, probabilmente, lo ha fatto, oltre che per raccogliere voti, anche per provare a inserire in una speciale competizione che potremmo definire il T-Factor, il Truce Factor – scegli il politico più truce della campagna delle europee – un’alternativa a se stesso. Ma l’eroico tentativo di Salvini difficilmente riuscirà a prendere forma, perché ciò che ha fatto negli ultimi giorni il leader della Lega, per aggiudicarsi il premio, il T-Factor, basta e avanza. Il problema della campagna elettorale leghista non è ciò che dirà Vannacci, ma è ciò che ha già detto, o meglio scritto, Salvini. E per capire di cosa stiamo parlando è sufficiente alzare gli occhi da terra, mentre si passeggia in città, e osservare con attenzione il messaggio che il vicepremier, senza sprezzo del ridicolo, ha scelto di affiancare al suo volto. Sei parole. Le prime due: voto Lega. Le altre quattro: più Italia, meno Europa. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere.

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Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.

QOSHE - Il dito è Roberto Vannacci, la luna è Matteo Salvini. Un manifesto rivelatore - Claudio Cerasa
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Il dito è Roberto Vannacci, la luna è Matteo Salvini. Un manifesto rivelatore

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27.04.2024

Il problema della campagna elettorale leghista non è ciò che dirà il generale, ma è ciò che ha già detto, o meglio scritto, il leader della Lega: l'Europa che gli piace tanto è la stessa che sogna anche il presidente russo Vladimir Putin

Il dito si chiama Vannacci, la luna si chiama Salvini. All’interno dell’appassionante, si fa per dire, corsa che accompagna l’Italia alle elezioni europee, c’è una gara molto speciale che a un mese e mezzo dal voto ha già un vincitore chiaro, netto. La gara è quella che vede i vari leader di partito impegnati a usare la campagna delle europee per offrire generosamente il peggio di sé. E in questa particolare competizione colui che........

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