La strategia dei più indipendenti fra i membri dell'Asse della resistenza. L'Iran li arma, certo, ma hanno una loro agenda e puntano ad affermarsi contro i sauditi
“Per Allah, io e gli altri mujaheddin siamo pronti a combattere al fianco dei nostri fratelli palestinesi, anche a costo di essere fatti a pezzi”, dice all’emittente al Masirah un soldato in marcia lungo una strada del governatorato di Sa’da, nel nord-ovest dello Yemen. Insieme a lui altre centinaia di militari. Mostrano la foto del leader houthi, Sayyid Abdulmalik al Houthi, con cui la loro tribù, la Khawlan bin Amir, è alleata dall’inizio della guerra contro il governo filosaudita. “Allah è grande, morte all’America, morte agli ebrei!”, gridano. Pochi chilometri oltre è già Arabia Saudita, che di combattere invece non ne vuole più sapere. Troppo importante difendere i suoi giacimenti di petrolio, che dal 2015 sono bersaglio degli attacchi houthi. “L’inverno sta arrivando, in Europa e negli Stati Uniti. Se Arabia Saudita ed Emirati entrano in una coalizione contro lo Yemen, non lasceremo un solo giacimento di petrolio e gas intatto”, ha minacciato Mohammed al Bukhaiti, uno dei leader di Ansar Allah.
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Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Un paio di tirocini al ministero Affari esteri e al Parlamento europeo, abbastanza per capire che dovevo fare altro. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.it