La parabola dell'ex capo della procura di Trani, appena condannato in primo grado, sempre promosso in una carriera costellata da disastri, incarna chiaramente le disfunzioni della giustizia italiana e del Csm
Il tribunale di Potenza ha condannato a due anni e sei mesi di reclusione per tentata induzione indebita e falso ideologico Carlo Maria Capristo. Il nome forse non dirà molto, ma di certo è più evocativo il suo ruolo: è lo storico capo della leggendaria procura di Trani e, successivamente, della procura di Taranto. Secondo i giudici di primo grado, che hanno in buona parte confermato l’ipotesi dell’accusa, quando era a Trani Capristo avrebbe indotto la giovane pm Silvia Curione (che poi lo ha denunciato) a compiere atti per agevolare i tre facoltosi imprenditori Mancazzo (condannati insieme a Capristo).
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Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali