I due paesi lottano per il controllo nel mercato globale dei semiconduttori e per attrarre investimenti strategici. Ma al nostro esecutivo manca un piano per restare in competizione
Non c’è pace per le relazioni commerciali tra Italia e Francia. Dopo le frizioni su Telecom e Stellantis, un altro fronte caldo rischia di aprirsi con STMicrolectronics, il maggiore produttore europeo di semiconduttori il cui controllo è nelle mani di una joint venture paritetica tra lo stato italiano e quello francese. La società, quotata a Milano, Parigi e New York, capitalizza quasi 40 miliardi di euro, e nel 2023 ha realizzato un fatturato di 17 miliardi di euro. È tra le prime 15 imprese a livello mondiale di un settore che ha importanza strategica per lo sviluppo economico, tecnologico e militare dei paesi e che rappresenta il principale terreno di confronto tra Stati Uniti e Cina. Inoltre, gioca un ruolo cruciale in tutte le filiere produttive avanzate – elettronica, automotive, aerospazio, difesa robotica, meccanica strumentale. Così quando a gennaio uno dei top manager italiani di STMicroelectronics, Marco Monti, ha lasciato la società per fare largo a una ristrutturazione che prevedeva la soppressione dell’unità da lui diretta (automotive and discrete product), motivata con l’esigenza di rafforzare innovazione e l’efficienza, a Palazzo Chigi si è alzato più di un sopracciglio.
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