Sia in America che in Europa rappresentano oramai il passato. Rimangono ruderi e storie avventurose di architetti, da Minneapolis a Catanzaro

Ormai una città non è degna di questo nome se non ha il suo centro commerciale abbandonato. Da Brescia a Catanzaro, si parla di “dead mall”, all’americana, per descrivere aree urbane o suburbane dove un tempo c’era un “mall”, appunto, e ora ne sopravvive il carapace vuoto. In America, dove questi avamposti sono nati, negli anni Cinquanta, pare decretata ufficialmente la loro fine. Negli anni Sessanta ce n’erano oltre 4.500, diventarono 25 mila negli Ottanta. Adesso ne sono rimasti 700. La catena Macy’s ha appena annunciato che chiuderà 150 grandi magazzini entro il 2026. Se nel 1985 questo tipo di locale contava per il 14,5 per cento delle vendite totali americane, nel 2023 questa percentuale è scesa al 2,6 per cento secondo una ricerca di Global Data. A pesare sono l’ecommerce, l’impoverimento delle classi medie, e anche “l’esperienza di acquisto”, che qualunque cosa voglia dire significa che i consumatori puntano a comprare roba in maniera più sofisticata (o almeno percepita come tale).

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Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).

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Di mall in peggio, finisce l'epoca dei centri commerciali

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26.03.2024

Sia in America che in Europa rappresentano oramai il passato. Rimangono ruderi e storie avventurose di architetti, da Minneapolis a Catanzaro

Ormai una città non è degna di questo nome se non ha il suo centro commerciale abbandonato. Da Brescia a Catanzaro, si parla di “dead mall”, all’americana, per descrivere aree urbane o suburbane dove un tempo c’era un “mall”, appunto, e ora ne sopravvive il carapace........

© Il Foglio


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