Un maniero tutto per sé. Gli ultimi sviluppi di una tradizione letteraria-immobiliare inglese che non conosce crisi
Che invidia per i giovani millennial o sottomillennial che hanno scoperto con “Saltburn” il brivido di quel genere particolarissimo, gli amori fluidi nei vecchi manieri inglesi: e chissà se si appassioneranno, per scoprire tutta la vastissima nicchia letteraria-estetica di cui la pellicola è solo l’ultimo tassello. Protagoniste sono sempre le grandi magioni inglesi, le vecchie “stately home” cascanti in cui ultimi eredi tossichelli si aggirano, tra parenti svalvolati e tasse di successione e impulsi erotici e molto alcol, il tutto visto sempre dal punto di vista di outsider borghesi che rimarranno avviluppati e segnati per sempre da queste esperienze. Oggi, è tutto un revival. Per Feltrinelli è appena uscito per esempio “Ritorno a Brideshead”, nella nuova traduzione di Ottavio Fatica, con prefazione di Alessandro Piperno. Il romanzo di Evelyn Waugh è un grande classico del genere stately-queer che ha accompagnato le nostre infanzie grazie anche alla trasposizione nella miniserie inglese Itv del 1981 (poi su Rai 2) con Jeremy Irons (molto meglio di Barry Keoghan, diciamolo) che fa Charles Ryder, giovane studente middle class che si ritrova in una Arcadia signorilissima. Il giovane Ryder intesse un torbido triangolo con i giovani castellani Flyte, fratello e sorella, figli di lady Marchmain (nella serie, interpretata da Claire Bloom, poi signora Philip Roth) ma soprattutto col loro Brideshead Castle.
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Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).