"Che differenza c’è tra Israele e Hitler? Nessuna", dice il presidente turco. Che ha compromesso il suo rapporto con Netanyahu e con l’Amministrazione Biden per provare a ritagliarsi una leadership nel fronte che si pone come alternativa all'occidente
Israele “parla male di Hitler, ma che differenza c’è con Hitler? Finiranno per farcelo rimpiangere, Hitler. Quel che fa Netanyahu è meno grave di quel che ha fatto Hitler? No, non lo è”, ha detto ieri il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, definendo Israele “uno stato terrorista” e invitando tutti gli intellettuali e gli accademici ostracizzati per le loro opinioni sui “crimini di guerra” a Gaza ad andare in Turchia, dove troveranno l’accoglienza che meritano. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha risposto che Erdogan, “che commette un genocidio contro i curdi”, che mette in galera i giornalisti che si oppongono “al suo regime”, è “l’ultima persona che può farci la morale” mentre combattiamo “l’organizzazione terroristica più brutale e oscena del mondo, Hamas-Isis, che ha commesso crimini contro l’umanità e che Erdogan ha elogiato, ospitando i suoi leader” in Turchia.
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Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi