La normalizzazione che ci porta indietro nel passato. Per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale e dalla liberazione di Auschwitz la Shoah viene banalizzata, con Israele destinato a smarrire la sua aura che lo faceva “caro a una parte del mondo”

Non si era mai visto un Giorno della Memoria così scialbo e sbiadito, e insincero. E così paradossalmente atroce, con le vittime messe sul banco degli imputati come carnefici, in una dozzinale rappresentazione del teatro dell’assurdo. La liturgia stanca del Binario 21. Le ovvietà istituzionali di circostanza. Liliana Segre svillaneggiata da una Basile qualunque. I cortei dove la stella di David è proibita come simbolo di oppressione e dove ululano minacciosi con postura squadristica all’indirizzo del coraggioso ragazzo che aveva esposto un cartello con su scritto “Free Gaza from Hamas” (ma perché, cosa li fa indignare? Non dovrebbero essere d’accordo, se davvero volessero due popoli per due stati? O ne vogliono soltanto uno, senza Israele, dal fiume al mare?). Un tabù infranto. Una frontiera che sembrava inespugnabile violata. Per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale e dalla liberazione di Auschwitz la Shoah, come ha giustamente scritto Adriano Sofri (che da questa riga in poi dubito possa darmi a sua volta ragione), appare “sconsacrata”, normalizzata, banalizzata, con Israele destinato a smarrire la sua aura che lo faceva “caro a una parte del mondo”. La sconsacrazione dell’Olocausto. Una barriera sgretolata. Un’intimazione al silenzio e al rispetto per gli ebrei sterminati oramai venuta meno, risucchiata nell’indifferenza, e stavolta non nelle solite bande di neonazi decerebrati, tra negazionisti compulsivi e parate di saluti romani, ma nel cuore delle classi dirigenti (tra i miei amici, tra i nostri amici, tra i vostri amici, se posso dire). Un sottile e oramai irrefrenabile sentimento antiebraico imbevuto di furore antisionista che se non lo vogliamo chiamare antisemitismo per non apparire così inopportunamente grossolani potremmo definirlo diffidenza, antipatia, insopportazione per gli ebrei che reagiscono sempre in modo “sproporzionato”. Ebrei, beninteso, non solo israeliani. Non c’è più nemmeno l’ombra dell’indignazione e dello sgomento se in un aeroporto del Daghestan parte la caccia ai viaggiatori ebrei inseguiti fino dentro i cessi tra le urla della folla scatenata. E neanche le donne ebree massacrate e stuprate sembrano meritevoli di una solidale e corale indignazione: violentate di un dio minore. Ebree, colpite e trucidate come ebree: e l’occidente buono fischietta. Il tabù è a pezzi. E il suo atto di morte ha una data precisa: il 7 ottobre del 2023, il giorno in cui tutto è cambiato (in peggio).

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L'Olocausto sconsacrato. Effetto 7 ottobre: il massacro degli ebrei non è più un tabù

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26.02.2024

La normalizzazione che ci porta indietro nel passato. Per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale e dalla liberazione di Auschwitz la Shoah viene banalizzata, con Israele destinato a smarrire la sua aura che lo faceva “caro a una parte del mondo”

Non si era mai visto un Giorno della Memoria così scialbo e sbiadito, e insincero. E così paradossalmente atroce, con le vittime messe sul banco degli imputati come carnefici, in una dozzinale rappresentazione del teatro dell’assurdo. La liturgia stanca del Binario 21. Le ovvietà istituzionali di circostanza. Liliana Segre svillaneggiata da una Basile qualunque. I cortei dove la stella di David è proibita come simbolo di oppressione e dove ululano........

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