Non passa (come da pronostico) la sfiducia nei confronti del leghista: la maggioranza tiene. E domani bis con Santanchè. Spunta l'ex compagna del Cav. e i cronisti si svegliano dal torpore
Per noia e trascinamento, Matteo Salvini porta a casa la pelle. Com’era prevedibile, d’altronde. Il capo della Lega messo nel mirino per i suoi rapporti con la Russia di Putin si gode a distanza il voto sulla mozione di sfiducia che lo riguarda. Alla Camera al momento della chiamata nominale non c’è. Si affaccia a Montecitorio giusto un’oretta dopo pranzo per il question time: parla di ponti, dighe e infrastrutture. E’ reduce da un incontro con i tassisti, poi tornerà a Porta Pia a “occuparmi di autostrade”. Tutto come se niente fosse. In effetti la storia del Parlamento non lascia scampo ai precedenti: solo Filippo Mancuso, nel 1995, cadde sotto i colpi di una sfiducia ad personam. Il resto sono mozioni di cartone. Servono all’opposizione per belare (manco abbaiare) e alla maggioranza per stringersi a coorte. Nonostante tutto. Nonostante Salvini.
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Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.