La fonte è decisamente autorevole: “Non si dà proverbio che non sia vero, perché tutti contengono sentenze tratte dall’esperienza, madre di tutto il sapere”. Firmato Miguel de Cervantes, valido sotto tutte le latitudini; specie in un Veneto incardinato su un’antica civiltà contadina, dove la componente orale prevale di gran lunga su quella scritta.

E dove i proverbi sono preziosa eredità di secoli, come conferma una serie di raccolte: ultima delle quali proposta da Pietro Sofia nel suo “Abbecedario dei proverbi veneti” (dal 19 gennaio in edicola con il nostro giornale), vastissimo campionario messo pazientemente assieme dall’autore in quasi trent’anni di ricerca sul campo, attingendo direttamente alla fonte della viva voce dei narratori, e diligentemente annotato su bigliettini volanti; il tutto integrato con una capillare ricerca su svariati autori.

Va chiarito a questo riguardo che il ricchissimo patrimonio dei proverbi veneti mette radici già a inizio del Cinquecento, con un testo chiamato “Dieci Tavole”: dieci larghi fogli stampati con circa 150 proverbi e modi di dire, quasi tutti in lingua veneziana. Un testo che nei secoli ha poi conosciuto continue ristampe, integrate con nuovi apporti; per ricevere infine una sistemazione organica sul finire dell’Ottocento, per merito di Cristoforo Pasqualigo, nel 1882, con oltre ottomila proverbi raccolti grazie a una rete di collaboratori di tutte province venete: “I proverbi riguardano per lo più quanto vi ha di costante nei bisogni e nelle direzioni della vita, e sono retaggio della classe più numerosa del popolo”, segnala l’autore, vicentino di Lonigo, tra i più autorevoli studiosi della materia.

Certo, sotto l’irrompere della modernità la pratica dell’antica saggezza popolare ha conosciuto una pesante decadenza; ma giustamente Toni Cibotto, grande cantore della civiltà veneta e a sua volta appassionato studioso dei detti popolari, avvertiva che la loro attualità rimaneva comunque: “Per il vivere quotidiano, che è sempre la somma anzi la risultante di tante piccole cose, la loro saggezza spicciola e ridotta può ancora essere utile; la lezione che scaturisce dalla loro aria bonaria e familiare si risolve in un invito costante allo scetticismo, alla tolleranza, al lasciar correre”.

Sofia, dal canto suo, organizza la sua rilettura con l’originale scelta di scandirla per voci alfabetiche, anziché per soggetto come quasi sempre si usa; e per ciascuna di esse propone una sequenza di esempi, vasta o ridotta a seconda della materia.

Ampia è chiaramente quella dedicata all’agricoltura, con riflessioni che testimoniano la concretezza ma anche la durezza del vivere: “Chi gà campi campa, e chi no gà campi crepa”.

Con elementari quanto fondamentali istruzioni per l’uso: “La richeza del contadin sta ne le brazza, chi ghe ne vol se ne fazza”; in altri termini, fare figli è scelta di base perché fa leva sulla forza-lavoro, braccia essenziali per far rendere i campi. E tuttavia, la fatica è temperata da rimedi poveri ma utili, come segnala la voce “bere”: “Chi va su e zò da la cantina el supera l’otantina”; ma pur sempre con moderazione: “Rosso de sera, mal de testa la matina”.

In una società come è stata per secoli quella veneta, il maschio è dominante, e la donna sta in secondo piano, dovendo rispondere a tre criteri-chiave: “Che la piasa, che la tasa, che la staga in casa”. Il valore che conta più di tutti, quello attorno a cui ruota la vita del singolo, della famiglia e della comunità, è il lavoro: “Par un veneto el laoro no l’è gnanca un diver, l’è un vivar”; lavoro manuale, chiaramente, perché “produse de pì uno che laora che zento che pensa”.

In linea generale, come sottolinea l’autore, “avvertimenti saggi sopravvissuti al passare del tempo e tramandati per generazioni, senza l’intervento di alcun mezzo di comunicazione”. Ma altrettanto centrale è la religione, perché “no trema foja che Dio no voia”; peraltro con l’ironico controcanto che “in paradiso se canta e se sona, ma de magnare no se ragiona”.

QOSHE - Per tanta saggezza bastano poche parole, ecco l’Abbecedario dei proverbi veneti - Francesco Jori
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Per tanta saggezza bastano poche parole, ecco l’Abbecedario dei proverbi veneti

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18.01.2024

La fonte è decisamente autorevole: “Non si dà proverbio che non sia vero, perché tutti contengono sentenze tratte dall’esperienza, madre di tutto il sapere”. Firmato Miguel de Cervantes, valido sotto tutte le latitudini; specie in un Veneto incardinato su un’antica civiltà contadina, dove la componente orale prevale di gran lunga su quella scritta.

E dove i proverbi sono preziosa eredità di secoli, come conferma una serie di raccolte: ultima delle quali proposta da Pietro Sofia nel suo “Abbecedario dei proverbi veneti” (dal 19 gennaio in edicola con il nostro giornale), vastissimo campionario messo pazientemente assieme dall’autore in quasi trent’anni di ricerca sul campo, attingendo direttamente alla fonte della viva voce dei narratori, e diligentemente annotato su bigliettini volanti; il tutto integrato con una capillare ricerca su svariati autori.

Va chiarito a questo riguardo che il ricchissimo patrimonio dei proverbi veneti mette radici già a inizio del Cinquecento, con un testo chiamato........

© Il Mattino di Padova


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