"Ho sempre pensato che a salvarmi la vita fu l’avversario che durante un incontro di calcio anticipai prima di andare a sbattere la testa in un muretto di cinta del campo sportivo, invece pochi giorni fa contattando alcuni calciatori della mia squadra dell’epoca è venuto fuori che era stato un mio compagno di gioco. Ho subito cercato il suo numero di telefono e l’ho ringraziato in attesa di rivederlo di persona, magari con tutta la squadra di allora".

Così Paolo Cocchi, 57 anni di Vallefoglia racconta la sua storia iniziata un sabato pomeriggio in un vecchio campo di gioco di periferia bagnato dalla pioggia. Quella storia riemerge quasi per caso, a tanti anni di distanza, e fa capire un’altra volta l’importanza dei valori della solidarietà, dell’amicizia, dello spirito di squadra e dello spirito sportivo.

"Era il 24 marzo del 1984 si disputava la partita di calcio Under 18 Urbino contro Fermignano- racconta Cocchi- io militavo come difensore (il libero di allora) nella squadra ducale, si giocava nel campo di Trasanni di Urbino molto allentato per la pioggia, mancavano pochi minuti alla fine della partita quando in una azione per anticipare il centravanti avversario, scivolai e andai a sbattere la testa contro il muro di cinta del campo, persi i sensi e caddi esanime a terra".

E cosa successe? "Mi raccontarono che fui soccorso da un ragazzo. Questi mi mise prontamente due dita in bocca per evitare che la lingua arrotolata mi soffocasse. Mi raccontarono tutto dopo perché io ero svenuto. Il dirigente Danilo Rossi vista la gravità della situazione si mise a correre raggiungendo un negozio vicino al campo sportivo per chiamare l’ambulanza, in quei tempi non esisteva il telefonino. Nel frattempo si era creato un panico generale: qualcuno si era ritirato negli spogliatoi piangendo, altri erano rimasti accanto a me per cercare di aiutarmi e confortarmi, tra questi Gilberto Passeri, io continuavo ad essere privo di sensi".

E poi? "Mi sono risvegliato all’ospedale di Ancona dove ero stato ricoverato per un grave ematoma cerebrale ed in procinto di essere operato al cervello. Fortunatamente l’ematoma nel giro di pochi giorni si assorbì da solo e non è stato più necessario intervenire chirurgicamente".

E ora ha scoperto chi gli praticò i primi soccorsi? "Si, ho sempre pensato che fosse stato il centravanti avversario, invece a forza di ricerche ho trovato il mio salvatore: è Ruben Pupita 57 anni di Piobbico, il mio compagno di squadra di allora. A distanza di 40 anni, quando ripenso alla vicenda mi passano i brividi e devo solo ringraziare la buona sorte e chi mi ha prontamente aiutato. Sarei felice di poterli rincontrare tutti e ringraziarli di persona ancora una volta".

Raggiungiamo telefonicamente Ruben Pupita. "Nei giorni scorsi – ci risponde con la gentilezza di una persona perbene- mi ha cercato Paolo e insieme abbiamo ricordato questo episodio che fortunatamente fini bene. Eravamo un gruppo di ragazzi molto unito e se la cosa fosse capitata a me sicuramente lui sarebbe intervenuto alla stessa maniera. Vorrei sottolineare la grande compattezza che c’era in quella squadra, frutto di un’amicizia vera e di rispetto verso gli altri. Io giocavo ala destra, con Paolo ci siamo promessi di rivederci, di ritrovarci con tutti i ragazzi di allora e sarà questa volta una situazione più piacevole".

QOSHE - "Finalmente ho trovato chi mi salvò la vita" - Amedeo Pisciolini
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"Finalmente ho trovato chi mi salvò la vita"

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30.01.2024

"Ho sempre pensato che a salvarmi la vita fu l’avversario che durante un incontro di calcio anticipai prima di andare a sbattere la testa in un muretto di cinta del campo sportivo, invece pochi giorni fa contattando alcuni calciatori della mia squadra dell’epoca è venuto fuori che era stato un mio compagno di gioco. Ho subito cercato il suo numero di telefono e l’ho ringraziato in attesa di rivederlo di persona, magari con tutta la squadra di allora".

Così Paolo Cocchi, 57 anni di Vallefoglia racconta la sua storia iniziata un sabato pomeriggio in un vecchio campo di gioco di periferia bagnato dalla pioggia. Quella storia riemerge quasi per caso, a tanti anni di distanza, e fa capire un’altra volta l’importanza dei valori della solidarietà, dell’amicizia, dello spirito di squadra e dello spirito sportivo.

"Era il........

© il Resto del Carlino


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