Tutto è cominciato da quel poster appeso nella sua cameretta di Pesaro "che vedo ancora ogni volta che vado a dormire": il sogno di un adolescente che adora il suo idolo. E quando, molti anni più tardi, quella visione quotidiana si è materializzata, quando quel mito di nome Djokovic è sceso dalla parete domestica per mettersi dall’altra parte del campo, a lui, a Luca Nardi, pesarese della Baratoff, sono "tremate un po’ le gambe per l’emozione", per sua stessa ammissione. Poi però l’ex ragazzino che sognava un giorno non di sfidare il suo idolo, Djokovic, ma semplicemente di assomigliargli un pochino, si è sciolto regalandosi una impresa su cui ha dormito a lungo il giorno dopo. Un sogno, appunto, l’impresa di Luca che ha battuto il primo atleta al mondo, entrando di diritto nei primi cento tennisti più forti del globo: "Ho vissuto un miracolo, un miracolo che si è realizzato, per me lui è come un Dio, quasi non volevo giocare, è stato tutto incredibile, pazzesco, ma frutto anche di tanti sacrifici, ma dopo i primi colpi ho cominciato a crederci davvero", ha commentato il pesarese dopo l’impresa in cui non avrebbe dovuto cimentarsi perché così aveva deciso il tabellone, perché lui, il pesarese volato a Indian Wells, non aveva nemmeno superato le qualificazioni.

Però la sorte lo aspettava e lui pure, visto che aveva deciso di restare come terzo incomodo, pronto a subentrare a eventuali infortunati: nel caso Thomas Etcheverry, argentino finito ko, che aveva già guadagnato l’accesso al secondo turno. Un segno del destino che a volte chiude le porte e apre i portoni, in questo caso verso il paradiso. "Non mi sembrava vero, ci ho provato, è andata", le parole del campione pesarese. A lui è andata divinamente, all’avversario di traverso, come dimostra quella neanche tanto sibillina frase finale con cui il serbo sconfitto ha accusato Nardi "di essere stato poco sportivo" a proposito di una palla contestata e che è costata un punto prezioso. Lui, Nardi, lo ha guardato come si guarda a un poster appeso nella propria camera da letto e sceso in campo per materializzare un sogno: non ha replicato, non ha risposto a quella frase che era sospesa a metà tra il cielo e la terra, e tale è rimasta. "E’ tutto vero", si è poi ripetuto tra sé il pesarese, mentre Djokovic ha tagliato corto, cortissimo: "Lui ha giocato molto bene, io molto male, così è successo quello che è successo".

Inutile capirci di più seguendo le traiettorie della pallina e quei rimpalli da fondo che il "Baratoffiano" sembrava reggere miracolosamente, quasi che giocasse nel suo cortile di casa, con un muro davanti che ogni volta gli rimetteva la palla più forte di prima e lui a mordere i centimetri, l’aria, con il cuore non in gola ma in bocca. "E’ stato emozionante", ha pensato il talentino-one del curvone Baratoff, mentre a casa a Pesaro, la sua famiglia si stropicciava gli occhi e chiedeva lumi agli Dei, se ci fosse un angolo per loro nell’olimpo del tennis, uno squarcio dove infilare quel ragazzino cresciuto a cui mancava il colpo folle per domare uno sport che premia spesso Golia e qualche volta Davide: "Non fatemi dire nulla, ho fatto questa scelta da anni, non voglio commentare le partite di mio figlio, non l’ho mai fatto e non intendo cominciare ora. Lasciateci fuori, noi non abbiamo fatto nulla, ha fatto tutto lui, stavolta qualcosa di grande, credo, ma giudicate voi", le uniche parole di papà Dario, che da buon notaio ha firmato in calce l’ardua sentenza piovuta dall’altra parte del globo e fino a Pesaro, regalando una notte insonne a lui, sua moglie e al fratello di Luca, Nicolò, salvo poi andare a lavorare come se nulla fosse. Perché, in fondo, non è successo niente, se non, come ha detto Luca Nardi, "che a volte i sogni son veri".

QOSHE - Luca, è tutto vero. Ha il poster di Djokovic, ieri l’ha battuto sul campo: "Lui per me è come un dio" - Davide Eusebi
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Luca, è tutto vero. Ha il poster di Djokovic, ieri l’ha battuto sul campo: "Lui per me è come un dio"

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13.03.2024

Tutto è cominciato da quel poster appeso nella sua cameretta di Pesaro "che vedo ancora ogni volta che vado a dormire": il sogno di un adolescente che adora il suo idolo. E quando, molti anni più tardi, quella visione quotidiana si è materializzata, quando quel mito di nome Djokovic è sceso dalla parete domestica per mettersi dall’altra parte del campo, a lui, a Luca Nardi, pesarese della Baratoff, sono "tremate un po’ le gambe per l’emozione", per sua stessa ammissione. Poi però l’ex ragazzino che sognava un giorno non di sfidare il suo idolo, Djokovic, ma semplicemente di assomigliargli un pochino, si è sciolto regalandosi una impresa su cui ha dormito a lungo il giorno dopo. Un sogno, appunto, l’impresa di Luca che ha battuto il primo atleta al mondo, entrando di diritto nei primi cento tennisti più forti del globo: "Ho vissuto un miracolo, un miracolo che si è realizzato, per me lui è come un Dio, quasi non volevo........

© il Resto del Carlino


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