LIVORNO. Il viaggio per l’Italia sarà andata e ritorno. Perché ormai Alino Diamanti vive tra i grattacieli e gli spazi verdi infiniti di Melbourne, dove il calcio ormai non ha più i ritmi delle telecronache di Carosio. Anche qui si vuole vincere.

Lasciato il calcio giocato, oggi Diamanti a 40 anni allena gli under 23 del Melbourne City, società in orbita City Group (quelli del Manchester City per intenderci, ma anche del Palermo in Italia) e dal 9 al 26 sarà in Italia per partecipare al Torneo di Viareggio con i suoi ragazzi.

Diamanti, lei che si infuriava ogni volta che un allenatore la toglieva dal campo, ora è dall’altra parte della barricata.

«Ah beh, ma io ero in trance agonistica. Adesso ho più lucidità per ragionare».

Si diverte ad allenare?

«Mi piace, sì. E mi trovo molto bene, mi viene tutto naturale. Alla fine devo solo rimettere in campo ciò che ho imparato giocando 30 anni a calcio, do solo informazioni di quello che fanno giocatori veri. Mica bisogna essere scienziati».

Lei in campo aveva un grande pregio. Capiva tutto un secondo prima degli altri.

«É vero. E questo per ora sta succedendo anche in panchina».

Cosa chiede ai suoi ragazzi?

«Di essere prima uomini e poi calciatori».

E in campo?

«Io voglio qualità e personalità, quella che è mancata negli ultimi 10 anni nel calcio in Italia. Voglio gente che pensa e fa la giocata, non soldatini».

Sincero, da quale allenatore ha rubato di più?

«Io sono amico di tanti, da Spalletti a De Zerbi a Pioli. Ma io voglio essere Alessandro Diamanti».

Da lei non ci saremmo aspettati risposta diversa...

«Io ho sempre detto che la copia non è mai come l’originale. E più scopiazzi senza una tua idea, più la copia viene male. Io so fare solo alla mia maniera».

Dove vuole arrivare?

«Me lo chiede? Accontentarsi non fa parte del mio modo di pensare, io punto sempre al massimo. Potrei dire che il mio obiettivo è allenare la nazionale italiana di calcio. Anche perché sennò sto a casa coi miei figli, che ci sto pure bene».

Difficoltà?

«Qui, sotto la guida del City Group, siamo a una università del calcio. Io sono sempre stato un animale da campo, adesso devo confrontarmi anche con tutte le tecnologie che aiutano a gestire meglio la squadra. Ma ho fame di tutto questo. Sa perché ho smesso?».

Perché?

«Perché a 40 anni non imparavo più niente. E io ho bisogno di imparare».

Con che modulo gioca

«Non ne ho uno fisso, anche se il 4-3-3 è una sorta di base sulle indicazioni di Guardiola, che è il nostro mentore. Ma la chiave non è cosa proponi, ma come lo proponi».

E ora torna in Italia per il torneo di Viareggio.

«Siamo una squadra sottoetà, giochiamo con gli under 21 contro gli under 23. Mi piace. Partirò anche con cinque del 2005».

Siete competitivi?

«Sempre. Chi gioca con me non molla mai. Ma il risultato comunue non è primario».

Si vede proprio che non vive più in Italia. Qui nelle giovanili vogliono vincere anche il torneo del bar sotto casa.

«Lo so, lo so. Sono stato di recente a Coverciano, ho fatto leggere a dei colleghi il contratto che mi ha fatto il City Group, sono rimasti a bocca aperta».

Ovvero?

«Mi hanno fatto un triennale senza che ci sia una riga dove si parla di “vittoria”. Si chiede solo la crescita umana e tecnica del ragazzo. Fantastico no?»

E il calcio italiano lo segue?

«Eh certo. Occhio perché la serie A si sta livellando molto , non escludo sorprese nel giro di qualche anno».

Chi lo vince lo scudetto?

«Ero sicuro che l’Inter avrebbe fatto quasi una passeggiata».

E invece?

«E invece se continua con questa ferocia, la Juve se lo gioca alla grande. Allegri è un vincente. L’Inter adesso è costretta a sbagliare poco».

E dietro?

«Dietro ci sono delle praterie. Secondo me anche Bologna, Atalanta e Fiorentina possono puntare a un posto nella Champions».

Le piace la Fiorentina?

«Sì, gioca molto bene. Ma devono comprare a Italiano un attaccante da 20 gol. Se la Fiorentina mette dentro un bomber vero, è al livello di Inter e Juve».

Alla Roma è arrivato il suo grande amico De Rossi. Avventura mica facile.

«De Rossi è persona di valore, intelligente, di grande personalità. Sì, oltre a essere un grande campione è un grandissimo amico. La Roma è casa sua e gli auguro il meglio ».

A Prato la attendono

«Andrò lì con la squadra. A livello logistico è la soluzione perfetta, anche se avevo valutato anche Livorno»

Già, tempi duri per il “suo”Livorno.

«Lo seguo, guardo i risultati, qualche filmato. Mi viene anche un po’ il magone a vederlo in queste categorie, senza trovare la quadra in campo e fuori. Ma il calcio è fatto di cicli, Livorno tornerà in alto».


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Alessandro Diamanti: «Il mio calcio senza soldatini. Il Livorno? Che magone». E sullo scudetto: «Occhio alla sorpresa»

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17.01.2024

LIVORNO. Il viaggio per l’Italia sarà andata e ritorno. Perché ormai Alino Diamanti vive tra i grattacieli e gli spazi verdi infiniti di Melbourne, dove il calcio ormai non ha più i ritmi delle telecronache di Carosio. Anche qui si vuole vincere.

Lasciato il calcio giocato, oggi Diamanti a 40 anni allena gli under 23 del Melbourne City, società in orbita City Group (quelli del Manchester City per intenderci, ma anche del Palermo in Italia) e dal 9 al 26 sarà in Italia per partecipare al Torneo di Viareggio con i suoi ragazzi.

Diamanti, lei che si infuriava ogni volta che un allenatore la toglieva dal campo, ora è dall’altra parte della barricata.

«Ah beh, ma io ero in trance agonistica. Adesso ho più lucidità per ragionare».

Si diverte ad allenare?

«Mi piace, sì. E mi trovo molto bene, mi viene tutto naturale. Alla fine devo solo rimettere in campo ciò che ho imparato giocando 30 anni a calcio, do solo informazioni di quello che fanno giocatori veri. Mica bisogna essere scienziati».

Lei in campo aveva un grande pregio. Capiva tutto un secondo prima degli altri.

«É vero. E questo per ora sta succedendo anche in panchina».

Cosa chiede ai suoi ragazzi?

«Di essere prima........

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