livorno

sport

LIVORNO. “Un campione è qualcuno che si alza quando non può” sosteneva il pugile Jack Dempsey. É vero. Contro tutto e tutti. Ecco. Federico Gassani si è alzato quando non poteva: quando sembrava troppo tardi per l’età, quando sembrava che gli infortuni fossero scogli insormontabili, quando la vita e il lavoro sembravano non dargli il tempo necessario per rincorrere il tuo sogno.

Oggi, a 39 anni, Gassani è un pugile che sogna ancora. Intelligente, solare, generoso, valori importanti.E idee chiare, ora come non mai. Il suo obiettivo è uno solo: alzare la corona dei Mediomassimi

Questione di famiglia

Il ring è nel dna. Babbo Moreno era un ottimo pugile, strappato troppo presto alla vita e all’amore della famiglia per un incidente sul lavoro. «Quando è morto avevo 2 anni, sono cresciuto con le sue foto e i suoi guantoni attaccati ai termosifoni». Mamma Piera invece ha sempre tenuto solo nel cuore i racconti del ring. «Sì, lei è molto apprensiva, non è mai stata entusiasta. In 17 anni non hai mai visto un match, è più forte di lei, non riesce a guardare altrimenti si senti male».

Calcio e cuore amaranto

Eppure Federico non è cresciuto in mezzo alle corde. Giocava a calcio ed era pure bravo. «Difensore, coi piedi non ero granché ma avevo carattere». Non è vero. Ci sapeva fare anche coi piedi tant’è che arrivò la chiamata del Pontedera. «Sì tutto bello ma...» Ma? «La domenica non ce la facevo. La lontananza dallo stadio, dal mio Livorno, dalla mia Curva, era una sofferenza troppo grande. Io la domenica dovevo andare a vedere il Livorno».

Così mette da parte il calcio a buon livello e sceglie quello con gli amici. «Andai a giocare in Terza categoria, con l’Ardenza. Se proprio dovevamo giocare di domenica, almeno ero vicino allo stadio e sentivo se si faceva gol...».

Il legame con Bottai

Ci sono persone che incontri nel tuo percorso e ti cambiano la vita. Gassani ha trovato Lenny Bottai che da “idolo di curva” è diventato un fratello. Ma fratello vero.

«Lo conoscevo solo “di fama” perché andavo in curva e lo vedevo sia in casa che in trasferta, un trascinatore. Sapevo che aveva la passione per il pugilato, così andai da lui e gli dissi “Io voglio allenarmi con te”. Lenny non aveva ancora la palestra Spes Fortitude, l’ ho conosciuto che era 103 chili. Mi guardò e mi disse “Vai, domani si va a correre insieme”. Da quel giorno io e lui non ci siamo più separati. É una persona con la quale condivido tutto, dalla passione per il pugilato, all’amore per la maglia amaranto, ai valori sociali».

Famoso l’episodio nel 2008. Gassani vince la fase regionale e si qualifica per le finali nazionali di Tarquinia, ovvero l’evento più prestigioso a livello dilettantistico. Nello stesso giorno però Lenny Bottai combatte a Livorno, un match internazionale. Indovinate com’è finita? Gassani chiama gli organizzatori di Tarquinia, “scusate ma ho un impegno, non posso venire” e va a bordo ring a sostenere Bottai. «É vero, lo rifarei 100 volte».

A Lenny Bottai si illuminano gli occhi quando parla di Gassani. «Ragazzo fantastico e pugile vero. Era un po’ cialtrone - ride - ma l’ho messo in riga. Veniva in palestra, poi spariva, poi ritornava. Un giorno gli dissi “Chico, ora ti alleni per due mesi seriamente con me. Ma senza distrazioni. Poi decidi se vuoi fare boxe vera o no”. Da lì non si è più fermato e nel 2015, a 32 anni, è diventato professionista».

Sara e Matilde

La forza di un pugile non è solo nelle braccia ma anche e soprattutto nella testa. Servono certezze, stabilità, armonia. Gassani ha trovato tutto nella moglie Sara. «Lei ha il suo carattere ma riesce a trasmettermi calma. É indispensabile. Adesso è arrivata anche Matilde, 1 anno e 4 mesi, gli impegni sono aumentati ma ci ha completati. Siamo una famiglia forte ed unita, loro sono la mia stabilità».

ll ring e il titolo

Ma che cos’è per Gassani la boxe? «Difficile da spiegare, si può solo vivere. Per me il pugilato è condivisione, se fosse sport singolo non ce la farei. Io in palestra a fare pesi non ci so stare. Per me è sport di squadra perché lo vivo con gli amici e con loro condivido gioie e dolori sia quando combatto io che quando lo fanno loro».

Dicevamo del sogno. Ovvero la conquista del titolo italiano dei Mediomassimi. «Ho avuto una chance nel 2022 a Torino, è andata male ma ci sarebbe da dire troppe cose di quel match». Già, a partire dal clamoroso episodio nel decimo round, quando l’avversario (Abatangelo) colpisce Gassani alla nuca: l’arbitro ferma tutto, richiama Abatangelo ma poi in modo incredibile fa ripartire subito il match senza dare il tempo a Gassani di riprendersi da quel colpo proibito. E lì arriva il ko tecnico.

Adesso Gassani è pronto. Vuole riprendersi ciò che gli stato ingiustamente strappato. Se Sperandio lascia il titolo per impegni di più alto livello, Gassani potrebbe giocarsi la corona con Eros Seghetti. «Sono pronto, alla soglia dei 40 anni voglio questa chance». Magari proprio nella sua Livorno. «La città più bella del mondo. Quando mia moglie mi dice “quanto mi ami?”, io le rispondo “più di Livorno”. E lei capisce che più di così è davvero impossibile».

Firenze

QOSHE - Il sogno più bello di Gassani - Alessandro Bernini
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Il sogno più bello di Gassani

23 0
23.11.2023

livorno

sport

LIVORNO. “Un campione è qualcuno che si alza quando non può” sosteneva il pugile Jack Dempsey. É vero. Contro tutto e tutti. Ecco. Federico Gassani si è alzato quando non poteva: quando sembrava troppo tardi per l’età, quando sembrava che gli infortuni fossero scogli insormontabili, quando la vita e il lavoro sembravano non dargli il tempo necessario per rincorrere il tuo sogno.

Oggi, a 39 anni, Gassani è un pugile che sogna ancora. Intelligente, solare, generoso, valori importanti.E idee chiare, ora come non mai. Il suo obiettivo è uno solo: alzare la corona dei Mediomassimi

Questione di famiglia

Il ring è nel dna. Babbo Moreno era un ottimo pugile, strappato troppo presto alla vita e all’amore della famiglia per un incidente sul lavoro. «Quando è morto avevo 2 anni, sono cresciuto con le sue foto e i suoi guantoni attaccati ai termosifoni». Mamma Piera invece ha sempre tenuto solo nel cuore i racconti del ring. «Sì, lei è molto apprensiva, non è mai stata entusiasta. In 17 anni non hai mai visto un match, è più forte di lei, non riesce a guardare altrimenti si senti male».

Calcio e cuore amaranto

Eppure Federico non è cresciuto in mezzo alle corde. Giocava a calcio ed era pure bravo. «Difensore, coi piedi non ero granché ma avevo........

© Il Tirreno


Get it on Google Play