FIRENZE. Irriconoscibili. Quando sono arrivati al pronto soccorso somigliavano a statue cosparse di sangue. I loro corpi ricoperti di cemento, polvere e detriti. Volti e corpi irriconoscibili. «Non ricordo nulla. Non so cosa è successo. È crollato tutto, poi mi sono svegliato qui. È stato un miracolo». Cristinel Spataru, 51 anni, residente in provincia di Treviso, parla da un letto del pronto soccorso di Careggi, dove ieri è scattato il protocollo per le maxiemergenze dopo il crollo nel cantiere Esselunga. È arrivato in codice giallo al policlinico fiorentino. Quasi un miracolo dopo un volo di due, tre piani e una montagna di detriti improvvisamente caduta sulla testa. Non ha più lacrime. Il volto è quasi completamente ricoperto dal cemento che ha avvolto i tre “superstiti” della strage di via Mariti.

«Una gran confusione, poi la polvere. Improvvisamente tutto si è cancellato nella mia mente. Non ricordo più niente», aggiunge l’operaio di origini rumene. Sotto choc, parla a stento. Al suo fianco il figlio ventiquattrenne, come il padre arrivato in Italia per inseguire quel riscatto sociale che Spataru, come gli altri due operai, stava cercando di materializzare. «Come sta il mio collega?», si affretta a ripetere ai sanitari preoccupandosi per uno degli altri due lavoratori arrivati al pronto soccorso del policlinico fiorentino.

Il boato, la polvere, poi il buio. Infine, il “miracolo”. Perché Spataru, Theodor Durke (37 anni) e George Christea (48 anni), tutti di origini romene e tutti residenti fuori dalla Toscana, sono ancora vivi. Nonostante un volo di due, tre piani e una pioggia di detriti caduta sui loro corpi, finiti immersi in una distesa di cemento.

Le prognosi restano riservate, ma nessuno è in pericolo di vita. «Il paziente più grave è stato operato dalla neurochirurgia: aveva un ematoma alla testa ed è in terapia intensiva, per il secondo paziente (in pre-intensiva, ndr) nelle prossime ore verrà decisivo se sarà necessario un intervento chirurgico alla colonna vertebrale», il bilancio di fine giornata della dottoressa Daniela Matarrese, direttrice generale dell’Azienda ospedaliera-universitaria di Careggi. Per il terzo paziente, arrivato al pronto soccorso in codice giallo, le condizioni non sono gravi. Sotto choc, resta sotto osservazione e oggi i medici dovrebbero sciogliere la prognosi. Al suo fianco il figlio ventiquattrenne, arrivato dal Veneto. «È andata bene, è vivo», ha detto ai sanitari.

Ferite, ma non solo. Perché ad impressionare di più i medici è stata la quantità di cemento ritrovata sui corpi dei tre sopravvissuti. Al punto che sono stati attivati anche gli oculisti per far fronte ad eventuali danni irreversibili alla vista. «Quando li abbiamo soccorsi erano coperti completamente di cemento», racconta Stefano Grifoni, direttore del pronto soccorso di Careggi. «Non si riconoscevano nemmeno, perché sono stati probabilmente estratti dal cemento fresco – aggiunge –. E questo significa che i soccorsi sono stati rapidi perché il cemento è un irritante molto particolare per le vie respiratorie e per gli occhi», che non lascia scampo.

Immersi, poi estratti. Salvati da una morte certa. O quasi. Nei letti di ospedale, i flash di quegli istanti ritornano alla mente. I rumori, la polvere. E poi il nulla. «Una tragedia» e «poteva andare ancora peggio», dicono alcuni operai di una ditta di Brescia che lavora al cantiere, probabilmente anche loro presenti al momento del crollo. «Loro si sono salvati, gli altri no», aggiungono.

Lì, a due passi, in un cestino all’esterno del pronto soccorso dell’ospedale fiorentino è stata abbandonata la divisa di lavoro di uno dei tre operai miracolosamente strappato alla strage. Il blu scuro e le scritte color arancio sono quasi irriconoscibili. Ricoperte dal cemento ormai solidificato e dalla polvere. Strappata in più punti e impregnata dal sudore, dal sangue e dal dolore di chi con quella divisa ha inseguito un riscatto. Economico, ma non solo. Perché non è solo il “miracolo” ad accomunare quegli operai finiti nel letto d’ospedale, ma anche vite da anni in cerca di un riscatto sociale che adesso rischia di eclissarsi.


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Crollo nel cantiere Esselunga, coperti di sangue e cemento: chi sono i tre operai feriti

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17.02.2024

FIRENZE. Irriconoscibili. Quando sono arrivati al pronto soccorso somigliavano a statue cosparse di sangue. I loro corpi ricoperti di cemento, polvere e detriti. Volti e corpi irriconoscibili. «Non ricordo nulla. Non so cosa è successo. È crollato tutto, poi mi sono svegliato qui. È stato un miracolo». Cristinel Spataru, 51 anni, residente in provincia di Treviso, parla da un letto del pronto soccorso di Careggi, dove ieri è scattato il protocollo per le maxiemergenze dopo il crollo nel cantiere Esselunga. È arrivato in codice giallo al policlinico fiorentino. Quasi un miracolo dopo un volo di due, tre piani e una montagna di detriti improvvisamente caduta sulla testa. Non ha più lacrime. Il volto è quasi completamente ricoperto dal cemento che ha avvolto i tre “superstiti” della strage di via Mariti.

«Una gran confusione, poi la polvere. Improvvisamente tutto si è cancellato nella mia mente. Non ricordo più niente», aggiunge l’operaio di origini rumene. Sotto choc, parla a stento. Al suo fianco il figlio ventiquattrenne, come il padre........

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