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LIVORNO. Due mareggiate in un mese, la città devastata dalla furia del libeccio e delle onde. Danni ovunque, ma con il lungomare in ginocchio. Quel che aveva resistito nelle prime ore del 3 novembre, ha infine ceduto. Quel che allora aveva già accusato danni, mostra adesso ferite più gravi. Il mare si è già innalzato e gli studi suggeriscono che il processo non è destinato ad arrestarsi. Conseguenza del cambiamento climatico che innesca una serie di problematiche che gli studiosi conoscono bene e non da ora. Non parlarne, non pensare alle contromisure, non risolve il problema.

Il sindaco, preoccupato dei due eventi così vicini, pensa sia ormai necessario affidare uno studio serio su come proteggersi. Che coinvolga esperti nelle materie e nelle competenze. Geologi, ingegneri specializzati nelle costruzioni idrauliche e marittime, ma anche in rispetto dell’ambiente. Sì, perché qualsiasi opera si possa studiare, deve essere frutto di una valutazione che tenga conto di un eventuale cambio delle correnti in virtù di cosa di andasse a realizzare. Un gruppo “magari sotto l’egida della protezione civile nazionale”.

E quel che va bene ad esempio per Marina di Pisa, sicuramente non rappresenterebbe il massimo per la nostra città. Questione di caratteristiche di fondali. Più profondi, i nostri, e non sabbiosi. Salvetti pensa ad una struttura frangiflutti. Già avanzata nel passato. Una barriera tipo Molo Novo, che rappresenta una delle ipotesi con le quali si può combattere il fenomeno di una violenta mareggiata. Una soluzione alternativa, potrebbe essere quella di allontanare il mare dai centri abitati. Guadagnando cioè un polmone, un parco del mare largo una sessantina di metri che in caso di fenomeni meteo come quello di sabato scorso, possa fare da cordone protettivo dalla Bellana fino ad Antignano ed essere spazio fruibile per il tempo libero nei giorni di quiete.

È una delle strade percorribili, suggerite da Lorenzo Cappietti, professore di costruzioni marittime e dinamiche dei litorali e geoingegneria all’università di Firenze. Lascia pensare alle isole artificiali di Dubai. Milioni e milioni di metri cubi di sabbia e roccia per riempire il fondale creando una superficie che gli arabi hanno destinato ad alberghi di lusso. Forse, non particolarmente adatta per Livorno.

Come diventerebbe la nostra Terrazza Mascagni con una lingua oltre la spalletta dove far nascere l’erba? Perderebbe certamente la sua ineguagliabile bellezza. Il problema, in ogni caso, resta.

Il Tirreno ha interpellato Stefano Pagliara, 61 anni, pontederese di nascita, pisano di adozione. Conosce bene i nostri territori, ed è professore ordinario presso ingegneria all’università di Pisa, settore costruzioni idrauliche e marittime e idrologia.

Professore, queste mareggiate ci stanno dicendo che dobbiamo fare qualcosa.

«Questi fenomeni, verificati per due volte in un mese, magari per qualche anno, non si ripresenteranno. Penso che le conseguenze del secondo evento, siano piuttosto frutto del primo, anche se non ho ancora visto gli ultimi dati. È come quando dopo una alluvione, arriva un’altra grande pioggia. Trova il terreno smosso, gli argini affaticati e va a creare più danno. Credo insomma, si tratti di situazioni eccezionali, anche se ci sono cose che ci fanno indubbiamente allarmare. I dati strumentali dicono che tutto il Mediterraneo si è alzato di 20 centimetri negli ultimi 100 anni. Nel 2050, tappa intermedia da qui al 2100, avremo dai 20 e fino ai quaranta centimetri ulteriori di crescita del livello del mare».

E questo cosa significa?

«Che le onde che arriveranno nel futuro, partiranno da un livello sempre più alto. E città come Livorno che sono al massimo due metri sul livello del mare, è normale che comincino a doversi preoccupare. Un problema noto nella comunità scientifica, che ci fa capire che nel futuro i nostri litorali sono destinati a dover cambiare aspetto. E attenzione: il rialzamento del livello del mare, riguarda anche le falde costiere. Interessando una intrusione del cuneo salino, cioè il mescolamento con le acque sotterranee dolci. Con il mare che si è già alzato, anche il fondale risulta ora un po’ più profondo. E in questi casi, arrivano onde più alte. L’onda infatti frange quando la sua altezza risulta uguale a quella della profondità dell’acqua. Le onde attuali, fanno quindi inevitabilmente, più danno di un tempo».

E quale rimedio pensare?

«Occorre uno studio di esperti e che tenga di conto di molti aspetti, tutti da non sottovalutare. Optando per la soluzione più idonea al territorio a cui ci si rivolge. Si chiamano misure di adattamento. Ciascuna presenta problemi di impatto ambientale. Le soluzioni? Diverse, ma non infinite. O si fa una scogliera a protezione, ma si può incidere sulla vivibilità di un litorale. Livorno, non sarebbe più uguale, l’orizzonte guardando verso le isole, sarebbe completamente trasformato. Ragionamenti sui quali deve riflettere sia la collettività che la politica. Un altro sistema è quello di rialzare la costa, oppure pensare a un sistema simile al Mose fatto per proteggere Venezia, o ancora una barriera soffolta, cioè a dire la posa di strutture modulari sul fondale marino, lungo una linea continua e parallela al litorale e a distanza di un centinaio di metri dalla costa, allo scopo di dissipare l’energia del moto ondoso. Fatta in massi, riduce la profondità del fondale e conseguentemente l’energia che arriva verso riva risulta inferiore. Qui, niente impatto visivo con la barriera che arriva a quaranta o cinquanta centimetri dal pelo dell’acqua, facendo frangere le onde più grandi. Un impatto ambientale minore, che però necessita anche qui di uno studio approfondito su eventuali variazioni di correnti. Per non dire che potrebbe danneggiare alcuni letti di poseidonia e vari micro organismi. Tutte cose da valutare attentamente. E che vanno inevitabilmente affrontate. Per intenderci, se non si fa nulla, prima o poi la Terrazza sarà al livello del mare».

Quanto tempo occorre per arrivare ad un progetto che possa far capire come Livorno possa difendersi?

«Direi che con tutte le figure giuste coinvolte, possono occorrere alcuni mesi, o forse un anno. Il problema semmai, diventa successivo. La realizzazione delle opere. Certamente, costose. Ma mai quanto dover intervenire dopo per ripristinare i danni».

QOSHE - Mareggiate a Livorno, come proteggere la Terrazza Mascagni? Tra le ipotesi anche la barriera sottomarina - Flavio Lombardi
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Mareggiate a Livorno, come proteggere la Terrazza Mascagni? Tra le ipotesi anche la barriera sottomarina

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05.12.2023

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LIVORNO. Due mareggiate in un mese, la città devastata dalla furia del libeccio e delle onde. Danni ovunque, ma con il lungomare in ginocchio. Quel che aveva resistito nelle prime ore del 3 novembre, ha infine ceduto. Quel che allora aveva già accusato danni, mostra adesso ferite più gravi. Il mare si è già innalzato e gli studi suggeriscono che il processo non è destinato ad arrestarsi. Conseguenza del cambiamento climatico che innesca una serie di problematiche che gli studiosi conoscono bene e non da ora. Non parlarne, non pensare alle contromisure, non risolve il problema.

Il sindaco, preoccupato dei due eventi così vicini, pensa sia ormai necessario affidare uno studio serio su come proteggersi. Che coinvolga esperti nelle materie e nelle competenze. Geologi, ingegneri specializzati nelle costruzioni idrauliche e marittime, ma anche in rispetto dell’ambiente. Sì, perché qualsiasi opera si possa studiare, deve essere frutto di una valutazione che tenga conto di un eventuale cambio delle correnti in virtù di cosa di andasse a realizzare. Un gruppo “magari sotto l’egida della protezione civile nazionale”.

E quel che va bene ad esempio per Marina di Pisa, sicuramente non rappresenterebbe il massimo per la nostra città. Questione di caratteristiche di fondali. Più profondi, i nostri, e non sabbiosi. Salvetti pensa ad una struttura frangiflutti. Già avanzata nel passato. Una barriera tipo Molo Novo, che rappresenta una delle ipotesi con le quali si può combattere il fenomeno di una violenta mareggiata. Una soluzione alternativa, potrebbe essere........

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