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Livorno Da lunedì 19 e fino al 23 febbraio, la Camera dei deputati ospiterà, nella sala del Cenacolo del complesso di Vicolo Valdina, una mostra fotografica dedicata al lavoro femminile nei porti e nel comparto marittimo. Le belle immagini scattate da Elena Cappanera sono parte del progetto “Il porto delle donne. Le donne nel settore portuale e marittimo, perché no? ” ideato dall’assessora Barbara Bonciani e promosso dall’amministrazione con lo scopo di far conoscere il lavoro delle donne in settori strategici per il nostro Paese.

Il progetto è nato a Livorno ricevendo il consenso di associazioni europee e nazionali.

A Roma, dopodomani, alla cerimonia di apertura della mostra, saranno presenti la stessa assessora, il sindaco, il comandante dell’Accademia Di Renzo, una delegazione di lavoratrici portuali labroniche e una rappresentanza dell’Assarmatori.

L’appuntamento nella capitale rende lo spunto per saperne di più su un lavoro considerato esclusivo dominio dei maschi, retaggio di un’epoca in cui per fare il portuale più si era forti, forza fisica, e meglio era. La tecnologia ha fatto passi avanti e molte mansioni ora si possono svolgere in modo diverso. Gli stereotipi sono duri da combattere, ma il muro della tradizione presenta già le sue crepe.

Decine di curriculum

Sui tavoli di chi gestisce i terminal, i curriculum che arrivano sono di solito al maschile. Livorno si pone già all’avanguardia, visto che presenta una media superiore a quella nazionale: 10 per cento, superiore di due punti rispetto agli altri porti italiani, comprese le assunte con funzioni amministrative, eredi delle tre assunte nel 1982 che ruppero il ghiaccio, Tatiana Ceccherini, Tatiana Magagnini e Vania Bottai. Ma si è consapevoli che si può fare ancora di più.

Tre generazioni di portuali

Trentasette anni, entrata in porto nel febbraio 2022, con esperienze lavorative precedenti e in altri settori, «ho gestito per 12 anni il Viandante in Venezia, chiuso prima del covid, diventando poi vice responsabile di accettazione in magazzino all’interno di un’azienda farmaceutica». Una che non è mai stata con le mani in mano, che ama il contatto con gli altri e che ha sempre sognato un lavoro all’aria aperta. Si chiama Martina Senesi, orgogliosamente portuale, discendente da una famiglia di portuali, che fan tutti Senesi di cognome. Nonno Piero e i suoi fratelli, babbo Claudio in pensione dal 2023 ed ex tutor della Compagnia e suo cugino Franco, figlio di Bruno, e infine il giovane cugino Massimiliano. Dipendente della Compagnia Portuali come altre, ci sono donne anche in Tdt, Uniport, Alp, Sintermar, Lorenzini, imprese autorizzate, ex articoli 16, 17 e 18. Ha la qualifica di rizzatore polivalente, lavora a banchina ma anche in stiva, e fa chiaramente quello che fanno i suoi colleghi maschi.

«Non ci pensavo nemmeno. Ero inserita nelle graduatorie del Faldo a Guasticce, poi spostata dopo la crisi del settore auto, per trovarmi trasferita su una possibilità di impiego a banchina. Il 28 dicembre 2021 fui convocata e accettai subito, senza nessun timore di mettermi in gioco e senza essere schiava degli stereotipi. Mia nonna, che è sempre un po’ all’antica, quando lo seppe disse che nonno si sarebbe rivoltato nella tomba. Ma era l’ora che nella storia dei Senesi in porto ci fosse una donna».

La saggezza femminile

Sempre curiosa di conoscere da ragazzina in cosa consistesse essere portuale, facendosi raccontare fatti e aneddoti dal padre, certi rischi li ha appresi senza volerlo. E oggi sono preziosi per sapersi muovere dentro una nave o sui piazzali. Per l’incolumità sua e dei compagni, «perché essere in squadra, significa che gli occhi miei sono quelli di un compagno e viceversa»: «Serve sempre qualcuno che avverte un possibile pericolo. Tante sono state le morti bianche di cui ho sentito parlare e quando lavoro faccio sempre molta attenzione. Per qualcuno potrebbe sembrare eccesso di scrupolo. Ma un accorgimento in più, può salvarti la vita. Noi donne, rispetto agli uomini, siamo più metodiche. E la cosa bella è che i nostri compagni ci ascoltano. Capiscono che a volte il “fa’vaini” diventa un rischio inutile e il gioco non vale la candela. Il nostro lavoro è pericoloso e la sicurezza ha la sua importanza. Insomma, una donna portuale porta anche quella pillola di saggezza».

L’esoscheletro

Si sente realizzata Martina, proprio perché lavora con altri e non è mai sola, «dove ci si aiuta tutti e credo sia il lavoro più bello del mondo, vedo il sorgere dell’alba, vedo il tramonto e pazienza se a volte si lavora mentre piove». È anche una delle sei donne che hanno sperimentato l’esoscheletro e ne apprezza l’applicazione. «In certe situazioni, in cui c’è da arrampicarsi, forse non è il massimo perché è pur sempre un ingombro in più e a volte c’è anche l’orologio come nemico per esigenze dell’armatore o del terminal. Ma per molte operazioni può essere utilissimo pensando alla salvaguardia della salute fisica del lavoratore. Sono fiera di averlo testato con altre compagne e sei colleghi uomini, facendo di Livorno un progetto pilota a livello europeo. E questo testimonia la grande attenzione dei nostri dirigenti e degli operatori tutti, nel pensare in maniera concreta a come attenuare patologie di un lavoro usurante che ancora la legge non considera tale».

Così invita tante giovani a provare facendo domanda: «Spirito di sacrificio e di adattabilità, voglia di lavorare, bastano per entrare in una grande famiglia come questa». Siamo ai saluti. Martina si è presentata in tuta per recarsi al lavoro. Pronta ad affrontare le sei ore in mezzo ai container che grazie a lei e alla sua squadra saranno fissati, pronti per partire. l

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Martina e le donne delle banchine di Livorno «Noi orgogliosamente portuali»

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17.02.2024

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Livorno Da lunedì 19 e fino al 23 febbraio, la Camera dei deputati ospiterà, nella sala del Cenacolo del complesso di Vicolo Valdina, una mostra fotografica dedicata al lavoro femminile nei porti e nel comparto marittimo. Le belle immagini scattate da Elena Cappanera sono parte del progetto “Il porto delle donne. Le donne nel settore portuale e marittimo, perché no? ” ideato dall’assessora Barbara Bonciani e promosso dall’amministrazione con lo scopo di far conoscere il lavoro delle donne in settori strategici per il nostro Paese.

Il progetto è nato a Livorno ricevendo il consenso di associazioni europee e nazionali.

A Roma, dopodomani, alla cerimonia di apertura della mostra, saranno presenti la stessa assessora, il sindaco, il comandante dell’Accademia Di Renzo, una delegazione di lavoratrici portuali labroniche e una rappresentanza dell’Assarmatori.

L’appuntamento nella capitale rende lo spunto per saperne di più su un lavoro considerato esclusivo dominio dei maschi, retaggio di un’epoca in cui per fare il portuale più si era forti, forza fisica, e meglio era. La tecnologia ha fatto passi avanti e molte mansioni ora si possono svolgere in modo diverso. Gli stereotipi sono duri da combattere, ma il muro della tradizione presenta già le sue crepe.

Decine di curriculum

Sui tavoli di chi gestisce i terminal, i curriculum che arrivano sono di solito al maschile.........

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