PISA. Propulsori elettrici per satelliti totalmente made in Italy. In tutta Europa a produrli sono solo in due «ma i francesi sono ancora un po’indietro», sorride Stefan Gregucci, ingegnere pisano e coordinatore della "squadra" che l’ha realizzato. Nel mondo in quattro o cinque. In Italia, uno solo, la Sitael di Mola di Bari, lo società che nella Angel Company si occupa di aerospazio, uno dei tre settori della holding fondata e guidata dal cavalier Vito Pertosa, insieme a ferroviario e meccatronica digitale. È la propulsione di Microhetsat, primo microsatellite totalmente elettrico progettato e costruito in Italia, una tecnologia unica che sta già rivoluzionando la space economy. Per almeno quattro motivi: è piccolo (pesa meno di 75 chili) , elettrico e dunque richiede uno scarso consumo di propellente, facilmente manovrabile da terra e sostenibile dal punto di vista ambientale.

«Microhetsat è anche la risposta al problema dell’inquinamento spaziale: una volta arrivato a fine vita, infatti, può essere fatto rientrare a terra in modo controllato e sicuro per lo smaltimento, in attesa di completare i nostri studi sul riciclo dei rottami spaziali», continua Gregucci. Ci sono questo giovane ingegnere e una squadra di altri 80 colleghi dietro lo sviluppo di questa innovativa tecnologia. E soprattutto ci sono Pisa e lo stabilimento Sitael di Ospedaletto, la zona artigianale e industriale alle porte della città: ospita il dipartimento propulsione dell’azienda hi-tech al 100% italiana a capitale privato, guidato proprio da Stefan Gregucci. È qui che è stato completamente progettato il primo prototipo della propulsione elettrica di Microhetsat che ieri alle 12 era sopra la Nuova Zelanda, a 520 chilometri da terra. «Ma fra un quarto d’ora sorvolerà il Giappone e fra 30 minuti supererà il circolo polare artico, dove abbiamo alcune delle nostre antenne per controllarlo», dice Marco Molina, managing director di Sitael appena dopo essersi collegato con il centro di controllo della sede di Forlì, da dove viene comandato il Microhetsat. Ed è sempre nello stabilimento di Pisa che sono in produzione i sistemi propulsivi di altri otto satelliti equipaggiati con la stessa tecnologia. Perché Microhetsat, che è già in orbita da più di tre mesi ed è stato pure validato dall’Agenzia spaziale europea, aveva «la funzione di dimostrare che il sistema è già pronto per l’uso».

Gli altri attualmente in produzione, sono quelli già prenotati dai clienti. La propulsione elettrica di Microhetsat, infatti, promette non solo di rivoluzionare la space economy ma anche d’incidere in modo radicale in alcuni altri fondamentali settori produttivi: le telecomunicazioni sicuramente. «Ma anche l’agricoltura, stimolando in modo lo sviluppo di quella di precisione: pensiamo alla possibilità di controllare dal satellite quali sono i terreni in condizione di stress e su cui sono necessari tempestivi e mirati interventi d’irrigazione o somministrazione di fertilizzanti, con grande risparmio e all’insegna della sostenibilità», spiega Molina. Ma è anche il caso della gestione delle emergenze e dell’allarme antincendi, della lotta all’inquinamento, ivi incluse le discariche abusive, e della salute dell’aria solo per fare alcuni esempi.

I possibili impieghi sono numerosissimi. Da qui la forte domanda e la necessità di investimenti per farvi fronte. A Pisa, invero, c’è già la camera di prova più grande al mondo, pari soltanto a una della Nasa, un "grande cilindro" di sei metri di diametro e nove di lunghezza per un volume di 200 metri cubi che simula lo stesso livello di vuoto dello spazio, «cosa necessaria - spiega Gregucci - per testare la propulsione elettrica».

Ma lo stabilimento è destinato ad ampliarsi ancora «perché - riprende Molina - prevediamo di raggiungere presto una produzione di centinaia di sistemi di propulsione elettrica per satelliti». Non è un buon proposito per il futuro: «È proprio un progetto, già approvato e finanziato con i fondi Pnrr destinati all’aumento della competitività nel settore spaziale del nostro Paese e che ha anche il sostegno dell’agenzia spaziale italiana - continua il managing director - : contiamo di chiudere il cantiere entro fine anno».

Scommette ancora sulla Toscana e su Pisa, dunque, Sitael, pur avendo rapporti di collaborazione con i principali politecnici italiani. «Perché per quanto riguarda l’ingegneria aerospaziale, quella della città della Torre è una delle prime dieci università d’Europa e questo ci dà la possibilità di reclutare i nostri dipendenti fra i migliori talenti in circolazione», dice Molina. Ma c’è di più: «Con l’Università di Pisa possiamo sviluppare progetti di ricerca - continua - : Un esempio? Sta per partire "Space It Up", progetto per lo sviluppo di sistemi propulsivi senza serbatoio, che utilizzano i gas "atmosferici"».

Alla Sitael e al dipartimento di Pisa il futuro è oggi: «Stiamo già lavorando alla progettazione di propulsori elettrici per satelliti geostazionari per previsioni meteo e telecomunicazioni, e per sonde interplanetarie, per andare sulla Luna e su Marte», conclude Gregucci. No, non è fantascienza.

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La space economy toscana: della Sitael i primi propulsori elettrici per satelliti. I possibili impieghi

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15.03.2024

PISA. Propulsori elettrici per satelliti totalmente made in Italy. In tutta Europa a produrli sono solo in due «ma i francesi sono ancora un po’indietro», sorride Stefan Gregucci, ingegnere pisano e coordinatore della "squadra" che l’ha realizzato. Nel mondo in quattro o cinque. In Italia, uno solo, la Sitael di Mola di Bari, lo società che nella Angel Company si occupa di aerospazio, uno dei tre settori della holding fondata e guidata dal cavalier Vito Pertosa, insieme a ferroviario e meccatronica digitale. È la propulsione di Microhetsat, primo microsatellite totalmente elettrico progettato e costruito in Italia, una tecnologia unica che sta già rivoluzionando la space economy. Per almeno quattro motivi: è piccolo (pesa meno di 75 chili) , elettrico e dunque richiede uno scarso consumo di propellente, facilmente manovrabile da terra e sostenibile dal punto di vista ambientale.

«Microhetsat è anche la risposta al problema dell’inquinamento spaziale: una volta arrivato a fine vita, infatti, può essere fatto rientrare a terra in modo controllato e sicuro per lo smaltimento, in attesa di completare i nostri studi sul riciclo dei rottami spaziali», continua Gregucci. Ci sono questo giovane ingegnere e una squadra di altri 80 colleghi dietro lo sviluppo di questa innovativa tecnologia.........

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