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Livorno «Raccontava mia madre che ancora seduto sul seggiolone disegnavo cavalli e gli amici della mia famiglia stentavano a credere che a fare quei disegni potesse esser stato un bambino di pochi mesi». Se il buongiorno si vede dal mattino quello di Antonio Vinciguerra si intravedeva già pochi mesi dopo da quel 12 febbraio di 87 anni fa quando venne alla luce il pittore e scultore universalmente riconosciuto come l’erede vivente dei grandi della tradizione artistica livornese.

Mette un po’ di soggezione entrare nel castelletto simil medievale tra Borgo Cappuccini e piazza Roma dove Vinciguerra ha abitazione e studio e ancor più sedersi accanto alla scultura raffigurante un sorridente Monsignor Ablondi. Mentre nell’ingresso una sorta di saio con una pennellata di celeste ricorda Madre Teresa di Calcutta.

Nel giorno del suo compleanno, Vinciguerra ha ricevuto un inaspettato regalo: «Una telefonata di Luca Filipponi, presidente del Festival dei Due Mondi di Spoleto (e colui che ha consegnato i premi Nobel nel 2023, ndc) – racconta – mi ha invitato a esporre le mie opere a Spoleto al Menotti Festival e a Bruxelles per una mostra personale nel Palazzo dei Congressi del Parlamento Europeo», racconta il maestro.

L’emozione è tangibile sul suo volto mentre pensa a chi vuol dedicare questo ennesimo onore ricevuto in tanti anni da artista. «Dedico questo riconoscimento a Giovanni March che conobbi nel 1960 e che mi invitò a far parte del Gruppo Labronico».

E un pensiero va pure a Pablo Picasso che Vinciguerrra incontrò pochi anni prima, evento che incise sulle scelte artistiche del pittore livornese. Senza dimenticare i riconoscimenti professionali da talenti come i critici d’arte Antonello Trombadori, Federico Zeri e Vittorio Sgarbi che lo definì “il nuovo Domenico Gnoli” (un celebre pittore romano. Sono gli anni nei quali Vinciguerra svolta verso la pittura metafisica diversa dalla tradizionale «tant’è – ricorda il pittore – che durante il mio soggiorno alle Hawaii avrei fatto miliardi dipingendo tele paesaggistiche per i ricconi americani che venivano là a svernare».

Il 1998 l’anno di una grande soddisfazione ovvero l’inserimento delle sue opere in un cd contenente le opere di Toulouse Lautrec. «Disegnai io lo stesso cd inserendoci la figura del pittore assieme a quella di una clownesse (donna clown)».

Arrivano poi gli anni delle “Tele Bianche” ovvero un’arte che dà a chi osserva il quadro la sensazione di trovarsi di fronte a una tela non ancora utilizzata e che invece riporta quello che gli esperti chiamo il “trompe l’oeil” ovvero un espediente che dà l’illusione di guardare oggetti reali e tridimensionali in realtà dipinti su una superficie bidimensionale. «Sgarbi la definì “la presenza dell’assenza”. Una volta i miei dipinti sono stati utilizzati per far gli auguri di Natale a Bill Clinton…», ricorda Vinciguerra. E si lascia andare al ricordo: «Una galleria d’arte americana in Italia ebbe l’idea di mandare una cartolina al presidente raffigurante “La Madonna del Parto” di Piero della Francesca da un lato e dall’altro la mia “Sacra Sindone”: il percorso dalla nascita alla morte. L’accostamento a Piero della Francesca non potè che inorgoglirmi. E poi nel 2008 fui il primo pittore livornese vivente ad esporre al Museo Fattori».

Ma oltre al Vinciguerra pittore, vi è un Vinciguerra “mecenate” in quanto artista più prolifico di donazioni di opere alla città. «La definizione è dell’attuale sindaco Luca Salvetti e in effetti i miei lavori non mancano a Livorno – sottolinea con orgoglio –. Il bassorilievo alla Porta San Marco che ricorda i moti livornesi, le otto formelle in bronzo sul portale del Duomo, il ritratto di Giovanni Paolo Secondo al santuario di Montenero, la via crucis in Banditella con 15 sculture, varie opere alla chiesa di san Jacopo, il busto del presidente Ciampi al Goldoni e quello del giornalista Alfredo Jeri a Villa Fabbricotti».



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Il livornese Vinciguerra artista internazionale. Ecco le mostre a Bruxelles e ai Due Mondi

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19.02.2024

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Livorno «Raccontava mia madre che ancora seduto sul seggiolone disegnavo cavalli e gli amici della mia famiglia stentavano a credere che a fare quei disegni potesse esser stato un bambino di pochi mesi». Se il buongiorno si vede dal mattino quello di Antonio Vinciguerra si intravedeva già pochi mesi dopo da quel 12 febbraio di 87 anni fa quando venne alla luce il pittore e scultore universalmente riconosciuto come l’erede vivente dei grandi della tradizione artistica livornese.

Mette un po’ di soggezione entrare nel castelletto simil medievale tra Borgo Cappuccini e piazza Roma dove Vinciguerra ha abitazione e studio e ancor più sedersi accanto alla scultura raffigurante un sorridente Monsignor Ablondi. Mentre nell’ingresso una sorta di saio con una pennellata di celeste ricorda Madre Teresa di Calcutta.

Nel giorno del suo compleanno, Vinciguerra ha ricevuto un inaspettato regalo: «Una telefonata di Luca Filipponi, presidente del Festival dei Due Mondi di........

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