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Livorno Il giovane medico Riccardo Risaliti era sì convinto di meritarsi, dopo lunghi tirocini negli ospedali, un posto definitivo in pianta organica «ma non immaginavo – racconta – che il posto che sarei andato a ricoprire non era, come di prassi per i neo assunti, da “assistente” ma addirittura da “aiuto”, ovvero un solo passo solo sotto il primariato».

Lo storico neurologo del “decimo secondo” è da pochi giorni in pensione e ci racconta come da giovane non volesse fare il medico «ma lo scienziato e mi interessavo sin da bambino a tutto ciò che aveva a che fare con questa materia. Per passare poi ai tempi del liceo all’interesse per la neuroscienza e da lì alla iscrizione alla Facoltà di Medicina».

Laurea nel 1983 e un tirocinio professionale mica da poco: «Ho fatto “il ragazzo di bottega” per sei anni presso la Neurofisiopatologia pisana sotto gli occhi attenti di maestri come Alberto Cangiano della scuola di Rita Levi Montalcini: mica cose da poco».

Poi la trasferta a Copenaghen dove sviluppa la sua disciplina preferita ovvero la Neurofisiologia Umana e a seguire la convocazione presso l’ospedale di Asiago (Vicenza) come aiuto dove ha lavorato per quattro anni. Poi un breve periodo a Empoli e finalmente a Livorno dal 1995. «Un saluto e un ringraziamento a quelli che sono stati i miei maestri ovvero gli ex primari Giuseppe Marcacci, Giuseppe Meucci e l’attuale primario Gianluca Moscato. Devo a loro la possibilità che ho sempre avuto di svolgere il mio lavoro di neurofisiologo». Ma qual è il compito del neurofisiologo? «Quando mi fanno questa domanda rispondo sempre che noi siamo i parcheggiatori del cervello», sorride. Ovvero? «Quando il neurochirurgo opera (e a tal proposito il primario Orazio Santonocito ha fatto del reparto un’eccellenza italiana) noi guidiamo la sua mano: un passo a destra, uno a sinistra… Si chiama monitoraggio intraoperatorio. Grazie alla neuroradiologia tanti tumori sino a ieri non operabili oggi lo sono».

E dopo la pensione? «Curerò le mie passioni ovvero la storia (sono appassionato della seconda guerra mondiale), la bicicletta e la filatelia».

Risaliti tra le tante qualità ha anche il senso dell’humor e ricorda una lettera che scrisse al Tirreno dopo esser stato travolto in scooter da un’auto: «La signora che mi investì scrisse prima di al giornale per giustificarsi dicendo che “non mi aveva visto”. Io risposi dicendo che sono alto più di un metro e ottanta e che pesavo (allora) 120 chili. Una tesi, la sua, difficile da sostenere». l


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Livorno, in pensione Riccardo Risaliti il neurologo che guida la mano dei chirurghi

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20.02.2024

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cronaca

Livorno Il giovane medico Riccardo Risaliti era sì convinto di meritarsi, dopo lunghi tirocini negli ospedali, un posto definitivo in pianta organica «ma non immaginavo – racconta – che il posto che sarei andato a ricoprire non era, come di prassi per i neo assunti, da “assistente” ma addirittura da “aiuto”, ovvero un solo passo solo sotto il primariato».

Lo storico neurologo del “decimo secondo” è da pochi giorni in pensione e ci racconta come da giovane non volesse fare il medico «ma lo scienziato e mi interessavo sin da bambino a tutto ciò che aveva a che fare con questa materia. Per........

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