Un cappello, quello che portavano i nostri nonni, perché la testa doveva stare sempre al caldo, inverno ed estate. L’occhiale spesso, che non nascondeva i guizzi di due occhi furbi, che avevano visto e capito la vita, non solo l’arte. Il fisico minuto, segaligno, da “soffiatore di minestrine” come amava celiare Alessandro Benvenuti, amico e partner di set. L’accento livornese, marcato ma mai sguaiato, levigato da decenni di vernacolo, impagabile palestra di talento e mestiere. Marcello Marziali, scomparso l’altra notte all’età di 84 anni, era il nonno, lo zio o il papà che molti avrebbero voluto.

Perché recitava ma era autentico, metteva in scena se stesso, uno degli esercizi più difficili. Quello che era Marcello era Gino Rimediotti, figura tratteggiata dalla penna di Marco Malvaldi, colonna portante del quartetto di pensionati che, tra una birretta e una grappa, risolvono i misteri nell’immaginaria Pineta.

Ieri, sui social e non solo, migliaia di persone hanno chiesto candidamente: «Ma è vero che è morto Gino?». Gino, ovvero l’identificazione totale di un attore con il suo doppio nella finzione: quando arriva a tagliare questo traguardo, chi visse d’arte può dire di avercela fatta.

«Marcello era un fuoriclasse. Soffriva la pressione del set, degli altri attori, qualche volta si dimenticava le battute giuste ma ne usciva sempre da campione quale era», le parole, intrise di commozione e di affetto sincero, di Roan Johnson, regista pisano de “I delitti del BarLume”, serie Sky arrivata al decimo anno.

Un campione, già. Marcello. Baciato dal talento ma obbligato, come accade a tanti, a una lunghissima e tortuosa parabola prima di essere premiato dal pubblico riconoscimento e dall’affetto globale. Una vita a calcar tavole di palcoscenico, felice di essere considerato eccellente caratterista ma forse intimamente convinto di meritare di più. Il sodalizio con mostri sacri dell’arte vernacolare come Giuseppe Pancaccini, le migliaia di commedie da trasformista maschile e femminile, il trucco e gli applausi e tutte le difficoltà di un teatro nobile e autenticamente popolare, che soltanto gli stolti declinano come minore. Poi succede che, a settant’anni suonati, dopo aver lavorato in diversi film, anche con Garrone, il fato risarcisce il vecchio caratterista: viene scelto lui, con la sua maschera rugosa e irresistibile, come perfetto Gino Rimediotti, il pensionato un po’ avaro, a volte un po’ meschino ma sotto sotto irresistibile. I duetti, quasi un derby, con il pisano Athos Davini e poi il solvaino Massimo Paganelli, Carlo Monni e Alessandro Benvenuti sono stati il necessario contrappeso, nella sceneggiatura, agli omicidi e alle indagini del commissario Fusco (l’incantevole Lucia Mascino) e di Filippo Timi-Massimo Viviani, il primattore.

Marziali, con gli occhiali e il cappello vintage, ha firmato i momenti più gustosi della commedia: dal ritrovamento della valigetta con i soldi nel bosco sotto la funivia al falso sbarco degli alieni, quando i suoi sodali gli disegnano dei cerchi in giardino, fino all’amore platonico con la bellissima Carmen nella puntata in trasferta in Argentina, a caccia del Viviani transfuga. E poi quante birrette al tavolo del bar, quanti scherzi fatti e ricevuti, quante risate. Perché Marcello divertiva e si divertiva, pur mantenendo quell’incredulo pudore del successo: una volta una ragazzina accompagnata dai genitori arrivò a Marciana Marina, location del set, dando fondo ai suoi risparmi solo per conoscerlo.

Lui quasi non ci credeva, il successo lo aveva preso in contropiede, lo accettava gongolando intimamente ma senza atteggiamenti da star, e come poteva lui, cresciuto tra le tavole polverose del vernacolo. Il mondo del cinema e della tv, in prima fila i suoi amici del BarLume, ieri lo hanno omaggiato con un affetto e una partecipazione che non è scontata in quell’ambiente e che tocca soltanto a chi è stato davvero grande, anche lontano dalla ribalta. Quanto ci mancherai, soffiatore di minestrinel.

QOSHE - Bar senza più lume. Se ne va Marziali, per sempre Gino caustico e geniale - Giorgio Billeri
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Bar senza più lume. Se ne va Marziali, per sempre Gino caustico e geniale

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02.12.2023

Un cappello, quello che portavano i nostri nonni, perché la testa doveva stare sempre al caldo, inverno ed estate. L’occhiale spesso, che non nascondeva i guizzi di due occhi furbi, che avevano visto e capito la vita, non solo l’arte. Il fisico minuto, segaligno, da “soffiatore di minestrine” come amava celiare Alessandro Benvenuti, amico e partner di set. L’accento livornese, marcato ma mai sguaiato, levigato da decenni di vernacolo, impagabile palestra di talento e mestiere. Marcello Marziali, scomparso l’altra notte all’età di 84 anni, era il nonno, lo zio o il papà che molti avrebbero voluto.

Perché recitava ma era autentico, metteva in scena se stesso, uno degli esercizi più difficili. Quello che era Marcello era Gino Rimediotti, figura tratteggiata dalla penna di Marco Malvaldi, colonna portante del quartetto di pensionati che, tra una birretta e una grappa, risolvono i misteri nell’immaginaria Pineta.

Ieri, sui social e non solo, migliaia di persone hanno chiesto........

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