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LIVORNO. Ogni sport ha il suo Sacro Graal. Il sempiterno simbolo del successo, il segno del comando. Visto da milioni di occhi e alzato al cielo da pochissime, elette mani. La Coppa Rimet sollevata da Pelè, la sfera di cristallo stretta tra le capaci mani di Alberto Tomba. Il trofeo del Tour che sorrise a Pantani sui Campi Elisi: simboli. E poi c’è lei, bellissima, eterna Coppa Davis. L’insalatiera, l’hanno chiamata, per la sua forma inconfondibile, che prosaicamente richiama il pranzo della domenica. Ma non contiene ordinaria verdura: contiene sogni, imprese, vittorie, prodezze, delusioni. L’hanno tenuta stretta i semidei del tennis, dal 1899 rappresenta il sogno dei sogni, il Nirvana della racchetta. I padri fondatori, ovviamente inglesi, la chiamarono International Lawn Tennis Challenge. Dal 1945 il torneo porta il nome di Dwight Filley Davis, primo vincitore nel 1900 con la selezione statunitense. Un’opera d’arte dall’abito argentato che, alla sua base, riporta non solo le nazioni vincitrici ma anche le emozioni, i brividi, le discese ardite e le risalite di una manifestazione mai uguale a se stessa. Che cambia d’improvviso le coordinate di uno sport individuale per eccellenza come il tennis: no, qui si gioca di squadra, si fa blocco, strategia. Ci sono gli inni nazionali che fanno tremare le labbra, ci sono due singolaristi e due doppisti, chi giocava in casa (adesso parte del fascino è evaporato con il format delle Finals che si celebrano in sede unica) aveva il vantaggio della superficie, del pubblico che alitava addosso, persino del meteo: caldo, freddo, vento, alleato o nemico. Questa era, ed è ancora, la Coppa Davis.

A casa nostra

Il Sacro Graal dei tennisti adesso arriva a Livorno, città di campi in terra rossa accarezzati dal sole e dal libeccio, di circoli unici, di passione. La città di Filippo Volandri, il cervello dell’Insalatiera, lo stratega che ha portato Sinner, Musetti, Sonego, Arnaldi, Bolelli ad alzarlo, quel capolavoro argentato, dopo 47 anni di umiliazioni. Di pane duro. Di strada sempre in salita, di oblìo. La Federtennis ha voluto mandarlo in tournèe, il Sacro Graal. Nelle città dove, almeno una volta, la Coppa Davis si è giocata. Nella nostra città l’ora fatale scoccò nel 2007, teatro dell’evento il circolo di Villa Lloyd. L’Italia, a quel tempo, remava nel sottoscala della disciplina, anni luce lontano dall’attico con vista gloria di oggi.

Il 20 marzo, ora X

Grazie ai buoni uffici in Federtennis di Roberto Pellegrini, l’entusiastico avallo del sindaco Luca Salvetti e la location unica del circolo di Banditella, ecco che la città è pronta a celebrare a dovere il Graal. La Davis (non la copia, si badi bene, ma l’originale) arriverà in città il 20 marzo, dopo essere passata per le altre location toscane (Follonica, Prato e Firenze). Sarà portata con tutti gli onori nella sala consiliare di Palazzo Civico, protetta e cullata come una star. Gli appassionati potranno accarezzarla con lo sguardo fino alla mattina del 22, quando approderà nella club house della Coop Tennis di Banditella, in via Lega, dove il presidente Marco Rambaldi e il direttore Massimo Ciantelli stanno approntando un ricevimento adeguato al lignaggio dell’ospite: e qui, fino alla mattina di domenica 25, il segno del potere tennistico mondiale farà bella mostra di sé. Attirando con la forza della bellezza e del significato sportivo centinaia di appassionati. Quelli che dopo il solito doppio del sabato pomeriggio potranno dire: io l’ho toccato, il Graal del tennis.

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QOSHE - C’è la Coppa Davis sotto casa: l’Insalatiera vinta dagli azzurri arriva a Livorno - Giorgio Billeri
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C’è la Coppa Davis sotto casa: l’Insalatiera vinta dagli azzurri arriva a Livorno

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20.02.2024

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LIVORNO. Ogni sport ha il suo Sacro Graal. Il sempiterno simbolo del successo, il segno del comando. Visto da milioni di occhi e alzato al cielo da pochissime, elette mani. La Coppa Rimet sollevata da Pelè, la sfera di cristallo stretta tra le capaci mani di Alberto Tomba. Il trofeo del Tour che sorrise a Pantani sui Campi Elisi: simboli. E poi c’è lei, bellissima, eterna Coppa Davis. L’insalatiera, l’hanno chiamata, per la sua forma inconfondibile, che prosaicamente richiama il pranzo della domenica. Ma non contiene ordinaria verdura: contiene sogni, imprese, vittorie, prodezze, delusioni. L’hanno tenuta stretta i semidei del tennis, dal 1899 rappresenta il sogno dei sogni, il Nirvana della racchetta. I padri fondatori, ovviamente inglesi, la chiamarono International Lawn Tennis Challenge. Dal 1945 il torneo porta il nome di Dwight Filley Davis, primo vincitore nel........

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