Che fascino, stare alzati nel buio della notte o nel pallido incedere dell’aurora, soli nell’ombra del salotto, mentre gli altri dormono e non sanno del tuo batticuore: lo sapranno il giorno dopo quando tu, provato, borse sotto gli occhi e stupida espressione estasiata, racconterai: io stanotte c’ero. Scherzi, o magia, del fuso orario e di uno sport sempre più globalizzato: si gioca dovunque, a qualsiasi parallelo, in ogni mese dell’anno. Così, in una gelida notte di gennaio, ti ritrovi avvolto nel piumino, gli occhi incollati alla luce azzurrina del televisore che, complice il buio totale (l’alba invernale arriverà due ore abbondanti dopo), ti rimanda come ectoplasmi le sagome del nuovo eroe italiano, Jannik Sinner, e del tiranno che non accetta la deposizione, Novak Djokovic. Qualcuno dirà: ma come, nell’era del tutto on demand, dove sul tuo smartphone, sul pc o su qualsiasi altro diavolo di device puoi rivedere tutto come e quando vuoi, c’è bisogno di fuggire dal talamo, sottrarsi ore di sonno solo per il gusto della diretta? C’è bisogno, eccome: lo hanno pensato centinaia di migliaia di italiani, oggi ci diranno esattamente quanti, che hanno tifato Sinner col silenziatore, per evitare pene corporali se il riposo di moglie e figli fosse stato accidentalmente interrotto. Nel match di Jannik contro Kachanov, a livello di ottavi di finale, furono oltre 400mila quelli della notte: scommettiamo sul raddoppio, e stiamo bassi. Certe notti vanno vissute da cima a fondo, tra thermos e batticuore: il rosso di San Candido che batte Djokovic è soltanto l’ultimo gioiello di una collana lucente per lo sport italiano. Di notte, e all’alba, abbiamo vinto tanto, esultato nella più completa solitudine, che è bello comunque.

I pugni di Nino

Nella notte tra il 17 e il 18 aprile 1967, ad esempio, sedici milioni di italiani abbandonarono il talamo alle quattro del mattino, perché la radio trasmetteva in diretta dal Madison Square Garden il match per il titolo mondiale dei pesi medi tra Nino Benvenuti ed Emile Griffith. La radio, già: per motivi ancora misteriosi, la Rai non trasmise l’evento in diretta televisiva, così fu scelta la cara, vecchia radio. Sedici milioni di cuori, trentadue milioni di orecchie puntate sul match, l’immaginazione che galoppava: alla fine l’urlo liberatorio appena prima dell’alba, il campione triestino ai punti alzava le mani, la corona era sua e nostra, tutta l’Italia aveva vinto.

Schumi a colazione

Mattina presto, prestissimo, dell’8 ottobre 2000. Mezza Italia, con il cuore intinto nel rosso Ferrari, gira lo zucchero nel caffè e attende il semaforo rosso del Gran premio del Giappone a Suzuka. Michael Schumacher ha otto punti di vantaggio nelle classifica mondiale su Hakkinen, ma il finlandese scatta avanti, guadagna terreno sul ferrarista. Alba inquieta, di pura sofferenza davanti allo schermo: Hakkinen si ferma ai box al 37º giro, Schumacher, con benzina per ancora tre tornate, spinge al massimo e dopo il proprio rifornimento rientra in pista davanti al rivale, guadagnando un discreto margine. Negli ultimi giri Hakkinen riduce lo svantaggio, chiudendo la gara con meno di due secondi da Schumacher, ma il tedesco controlla agevolmente la rimonta del rivale e taglia il traguardo in prima posizione: bandiera a scacchi, Mondiale e campane a Maranello. E mezza Italia in ufficio con il sorriso.

Fede nel buio

Valli a capire, questi cinesi. Giochi di Pechino 2008: gli organizzatori piazzano le finali del nuoto nella mattinata cinese, piena notte da noi. Motivo? Gli americani, che hanno Phelps, vogliono vederselo in prime time. Così, il 13 agosto, quando Federica Pellegrini si presenta ai blocchi di partenza in Italia sono le tre del mattino, solo dj e viveur incalliti sono sempre vigili. Eppure, l’Italia sportiva si desta perché nell’aria c’è profumo di storia, la prima medaglia d’oro di una nuotatrice azzurra. Alzataccia ripagata con gli interessi: la Divina di Spinea si divora le quattro vasche con il tempo di 1'54"82, migliorando nuovamente il record del mondo. Per chi riesce a liberarsi dell’adrenalina e delle note dell’Inno di Mameli, buon ritorno a letto.

Vale la pena

Un mese e mezzo dopo, ci risiamo: stavolta sono le sette del mattino, va un po’ meglio. Valentino Rossi, sul circuito di Motegi, deve mettere il sigillo matematico al suo ottavo titolo mondiale. Tra la leggenda di Tavullia e il titolo c’è un australiano non particolarmente simpatico, Casey Stoner, tra l’altro detentore del titolo iridato. Vale, sulla Yamaha, parte maluccio e resta al quarto posto per qualche tornata. Nel chiarore dell’alba, gli appassionati davanti alla tv si torturano le unghie. Poi spunta il sole: le gomme si scaldano, Vale vola, Stoner affonda. Champagne per Rossi sul podio, magari non per i telespettatori, a quell’ora le bollicine non ci stanno. Ma che gioia.

Un popolo di velisti

E quelle notti tra boma e spinnaker, in cui l’italiano divenne esperto di vela così, all’improvviso? Luna Rossa andava all’assalto della gloriosa America’s cup ed erano dirette infinite, da mezzanotte fino all’alba, tra salti di vento, partenze rinviate e annullate, tutti a fissare l’anemometro, partono o no? Un rito pagano, quelle notti. Come l’ultima, forse la più bella, ripagati dal tennis marziano di Sinner. Certe notti non puoi dormire: proprio no.

QOSHE - Levatacce trionfali, quando lo sport tiene svegli gli italiani: da Sinner a Benvenuti passando per Valentino e Schumi - Giorgio Billeri
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Levatacce trionfali, quando lo sport tiene svegli gli italiani: da Sinner a Benvenuti passando per Valentino e Schumi

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26.01.2024

Che fascino, stare alzati nel buio della notte o nel pallido incedere dell’aurora, soli nell’ombra del salotto, mentre gli altri dormono e non sanno del tuo batticuore: lo sapranno il giorno dopo quando tu, provato, borse sotto gli occhi e stupida espressione estasiata, racconterai: io stanotte c’ero. Scherzi, o magia, del fuso orario e di uno sport sempre più globalizzato: si gioca dovunque, a qualsiasi parallelo, in ogni mese dell’anno. Così, in una gelida notte di gennaio, ti ritrovi avvolto nel piumino, gli occhi incollati alla luce azzurrina del televisore che, complice il buio totale (l’alba invernale arriverà due ore abbondanti dopo), ti rimanda come ectoplasmi le sagome del nuovo eroe italiano, Jannik Sinner, e del tiranno che non accetta la deposizione, Novak Djokovic. Qualcuno dirà: ma come, nell’era del tutto on demand, dove sul tuo smartphone, sul pc o su qualsiasi altro diavolo di device puoi rivedere tutto come e quando vuoi, c’è bisogno di fuggire dal talamo, sottrarsi ore di sonno solo per il gusto della diretta? C’è bisogno, eccome: lo hanno pensato centinaia di migliaia di italiani, oggi ci diranno esattamente quanti, che hanno tifato Sinner col silenziatore, per evitare pene corporali se il riposo di moglie e figli fosse stato accidentalmente interrotto. Nel match di Jannik contro Kachanov, a livello di ottavi di finale,........

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