Ad essere sacrificati, va detto, ci sono abituati. Accadeva secoli fa. Nell’antico Egitto, gli Ibis sacri rappresentavano la divinità Thot (il dio della sapienza, della scrittura e della matematica) e per invocare una grazia venivano mummificati e messi in anfore. L’Unione europea li ha inseriti nell’elenco delle specie esotiche invasive e la Regione Toscana li ha introdotti nel piano di controllo/eradicazione.

In Italia oggi ce ne sono 11.000 di cui in Toscana almeno 2.500. Con un problema: l’aumento vertiginoso e la pericolosità per le altre specie. Sono loro, i sacri, gli Ibis “cattivi”, destinati a diventare la versione peggiore dei gabbiani reali. Nulla a che vedere con i cugini con antenati europei, gli Ibis eremita di cui ne esistono pochissime specie al mondo. Quasi estinti da anni, un’associazione austriaca, “Förderverein Waldrappteam”, finanziata da un progetto europeo, sta cercando di reintrodurli nella loro area di origine. L’obiettivo è quello di ristabilire la rotta migratoria di questa specie (gli attuali esemplari sono figli di animali cresciuti in cattività) dai quartieri riproduttivi di Germania e Austria all’area di svernamento in Toscana, nella laguna di Orbetello e in altre aree in Italia. I ricercatori a bordo di ultraleggeri si fanno seguire dai cuccioli, nel primo volo, per insegnare loro la rotta proprio come se fossero “balie umane”.

Ogni Ibis eremita è trattato da vero principe, ognuno ha un nome, è controllato con speciali Gps, riempie pagine e pagine di ricerche e progetti ed esiste perfino una pagina Facebook “Bentornato Ibis” con cui si chiede di segnalarne la presenza nel caso in cui gli uccelli si possano perdere per preservare la loro sicurezza.

È stato il caso di Gemini, che a causa di un trasmettitore “datato” aveva fatto perdere le proprie tracce finché non è stato segnalato nell’Oasi di Fagagna, ad Udine, o di Wigo che per arrivare ad Orbetello ci aveva messo più del dovuto o ancora di Knubbel che aveva deciso di concedersi il lusso di un viaggetto tra l’Italia e la Spagna per poi morire abbattuto da un colpo di fucile. Il suo corpo è stato recuperato e la storia raccontata online.

Ma cosa distingue i due Ibis? E perché per gli Ibis sacri si lavora a progetti per eradicarli? «In base all’ultimo monitoraggio – racconta Luca Puglisi, direttore del centro ornitologico toscano – in inverno ne abbiamo censiti circa 2.500. Ce ne sono nel basso Valdarno, dalla piana fiorentina fin sulla costa. Hanno cominciato a nidificare nel padule di Fucecchio, a Sibolla e qualche coppia è arrivata anche tra Pisa e Livorno. Aumentano molto e si adattano: mangiano parti di animali, tra le loro prede ci sono anche gli anfibi e i piccoli ancora nei nidi. Se trovano una colonia di uccelli acquatici la fanno scomparire in un batter d’occhio. Non disdegnano neppure i nostri rifiuti. Le altre specie non li conoscono e non riescono a difendersi. Il rischio è quindi che facciano sparire specie in via di estinzione. L’anno scorso in pianura padana hanno fatto fuori la avocetta».

«È una specie che sta aumentando a una velocità sorprendente, in sei-sette anni siamo passati da poche decine di esemplari a quelle attuali. Si sta studiando come contenerli perché se continua così i danni sarebbero irreversibili».

Un po’ come i gabbiani reali? «Peggio, perché le altre specie non sanno difendersi». Eppure i “cugini” eremita non sono che poche decine in tutto il mondo. Ne erano rimasti in Siria ma oggi non si sa cosa e quanti ce ne siano. L’eremita fa parte di una sottofamiglia e si caratterizza per la testa calva tranne che per alcune penne sulla nuca, le due popolazioni hanno cominciato a distinguersi 400 anni fa. Anche loro hanno il becco leggermente ricurvo ma a differenza dei “sacri” sono molto attenti a quello che mangiano.

«Prediligono insetti che cercano in luoghi aperti – racconta Fabio Cianchi, ex direttore dell’Oasi Wwf di Orbetello e presidente dell’associazione “Occhio in oasi” – e come racconta la loro storia si abituano difficilmente ad ambienti diversi da quelli originari».

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QOSHE - Ibis sacri, è allarme in Toscana: «Divorano di tutto». Ecco perché sono pericolosi - Ilenia Reali
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Ibis sacri, è allarme in Toscana: «Divorano di tutto». Ecco perché sono pericolosi

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21.01.2024

Ad essere sacrificati, va detto, ci sono abituati. Accadeva secoli fa. Nell’antico Egitto, gli Ibis sacri rappresentavano la divinità Thot (il dio della sapienza, della scrittura e della matematica) e per invocare una grazia venivano mummificati e messi in anfore. L’Unione europea li ha inseriti nell’elenco delle specie esotiche invasive e la Regione Toscana li ha introdotti nel piano di controllo/eradicazione.

In Italia oggi ce ne sono 11.000 di cui in Toscana almeno 2.500. Con un problema: l’aumento vertiginoso e la pericolosità per le altre specie. Sono loro, i sacri, gli Ibis “cattivi”, destinati a diventare la versione peggiore dei gabbiani reali. Nulla a che vedere con i cugini con antenati europei, gli Ibis eremita di cui ne esistono pochissime specie al mondo. Quasi estinti da anni, un’associazione austriaca, “Förderverein Waldrappteam”, finanziata da un progetto europeo, sta cercando di reintrodurli nella loro area di origine. L’obiettivo è quello di ristabilire la rotta migratoria di questa specie (gli........

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