EMPOLI. «Quando sarà il momento mi affiderò a voi e vi affido anche il mio Minoru». Maria Grazia lo disse ai colleghi quando scoprì di avere un tumore nella lucida consapevolezza che quel male non l’avrebbe sconfitto. Maria Grazia Gemelli era un medico oncologo, aveva dedicato la sua vita e la sua professione alle cure palliative. Con al fianco un infermiere, aveva avviato, quando ancora non se ne parlava, il servizio dell’assistenza domiciliare.

Era il 2008 quando cominciò a seguire il territorio di Empoli, casa per casa. Sapeva che aiutare i pazienti e i familiari nell’affrontare il passaggio dalla vita alla morte era importante quanto curarli dalla malattia. Aveva costruito quasi da sola, mattoncino su mattoncino, la rete di assistenza territoriale fino all’apertura nel 2020 dell’hospice di Empoli di cui è stata la prima coordinatrice. Un sogno che si realizzava. Per lei e anche per Minoru Ogasawara che sempre l’aveva sostenuta nei suoi progetti. Maria Grazia e Minoru erano ormai quasi una cosa sola. Senza figli e lui, originario del Giappone, senza parenti in Italia, erano come un castello di carte fatto di quotidianità e di solidarietà. Appoggiati l’uno all’altro in un complesso delicato equilibrio. Quando nel 2022 arrivò il momento in cui le cure non sarebbero servite più a nulla, la dottoressa chiamò i colleghi: «Venite a prendermi, fate quello che sapete».

Quel giorno all’hospice di Empoli tutte le emozioni si fusero l’una dentro l’altra, in un nucleo di dolore, di speranza, di progetti da portare avanti. Maria Grazia se ne andò tre giorni dopo. Minoru invece rimase, fisicamente parte della struttura, testimone della moglie. Oggi ha 73 anni ed è stato il primo volontario dell’hospice dell’Asl Toscana Centro. Un “portiere” di quella terra di mezzo tra la vita e la morte, custode di una labirintica e gigantesca biblioteca delle emozioni dell’animo umano. Lo sguardo di chi ti apre la porta quando arrivi all’hospice, consapevole che da lì non uscirai con il tuo caro, è quello di Minoru. Poche parole, un volto e un’espressione consolatoria.

«Lavoravo in una ditta giapponese che esportava macchine fotografiche - racconta – e mi occupavo anche dell’assistenza. Mi chiesero se fossi voluto venire a lavorare in Italia. I primi tre anni sono stato a Milano, era il 1976. Nel 1996 ho incontrato Maria Grazia e poco dopo ci siamo sposati e sono venuto a vivere a Firenze. Nel 2022 è morta per un tumore. Il suo desiderio più grande è sempre stato costruire l’hospice. Lei sosteneva che non tutti potevano restare a casa per l’assistenza nell’ultimo periodo della vita, dopo i ricoveri in ospedale. Non tutte le famiglie sono in grado di garantire l’accudimento necessario. Lei ha potuto lavorare dentro l’hospice solo un anno e mezzo. Tra l’altro durante la pandemia».

«Io – continua Minoru – ero solo, disperato. E i colleghi di mia moglie mi hanno detto che avrei potuto fare il volontario. Ho cominciato ad andare all’hospice di Empoli tutti i giorni. Si sono presi cura di me, io mi sono preso cura di loro e di tutti coloro che ogni giorno entrano nella struttura. Accolgo le persone, apro la porta ai visitatori. Il mio compito non è certo impegnativo ma se non c’è un portiere nella struttura gli infermieri e i medici devono interrompere il loro lavoro per aprire. Mi sento parte di un progetto importantissimo. A me fa stare bene perché sento, come mia moglie, il dovere di assistere chi se ne va e poi chi rimane. Posso dare senso al mio tempo: è un piccolo lavoro ma ritengo abbia un grande valore».

Minoru è una grande risorsa per l’hospice, gli operatori lo descrivono come un uomo preciso, mite. La perfetta sintesi nei gesti, nelle parole, tra Oriente e Occidente. Una persona che si pone in modo umile e che con eleganza gestisce le attività più semplici dando valore a ogni gesto. Riesce con naturalezza a prendersi cura. Delle persone, come del giardino e delle piante. È stato il primo volontario della struttura e ora fa parte di un gruppetto di 4-5 persone che collaborano con gli operatori, gli infermieri e i medici di un luogo considerato un fiore all’occhiello della sanità toscana. L’associazione “Gli amici dell’hospice”, nata da amici e parenti che hanno avuto persone nella struttura, organizza corsi per avvicinarsi alle cure palliative e per supportare chi ha avuto una grave perdita. E prende per mano chi è sfiorato dalla perdita, dal grande dolore del lutto. Proprio come Minoru, custode degli affetti perduti.

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QOSHE - La scelta di Minoru, custode degli affetti perduti: prende per mano i malati nel nome della moglie - Ilenia Reali
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La scelta di Minoru, custode degli affetti perduti: prende per mano i malati nel nome della moglie

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15.03.2024

EMPOLI. «Quando sarà il momento mi affiderò a voi e vi affido anche il mio Minoru». Maria Grazia lo disse ai colleghi quando scoprì di avere un tumore nella lucida consapevolezza che quel male non l’avrebbe sconfitto. Maria Grazia Gemelli era un medico oncologo, aveva dedicato la sua vita e la sua professione alle cure palliative. Con al fianco un infermiere, aveva avviato, quando ancora non se ne parlava, il servizio dell’assistenza domiciliare.

Era il 2008 quando cominciò a seguire il territorio di Empoli, casa per casa. Sapeva che aiutare i pazienti e i familiari nell’affrontare il passaggio dalla vita alla morte era importante quanto curarli dalla malattia. Aveva costruito quasi da sola, mattoncino su mattoncino, la rete di assistenza territoriale fino all’apertura nel 2020 dell’hospice di Empoli di cui è stata la prima coordinatrice. Un sogno che si realizzava. Per lei e anche per Minoru Ogasawara che sempre l’aveva sostenuta nei suoi progetti. Maria Grazia e Minoru erano ormai quasi una cosa sola. Senza figli e lui, originario del Giappone, senza parenti in Italia, erano come un castello di carte fatto di........

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