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PRATO. Chi l’ha detto che Bangladesh sia solo sinonimo di grandi volumi e produzioni a basso costo? C’è un pezzo di Prato nella fabbrica in costruzione nell’area industriale di Dacca, la capitale del Bangladesh, dove succede esattamente il contrario: il lavoro è umano e dignitoso, la manifattura è di qualità, la filiera è trasparente e attenta alla sostenibilità. Qui un’azienda pratese con mezzo secolo di storia sta trasferendo le competenze formando in loco una decina di lavoratori e lavoratrici del territorio. E il Maglificio Diana li paga il 40 per cento in più rispetto al minimo salariale previsto localmente.

La sua “operazione Bangladesh” è collegata al lancio di Diana Studio, brand di maglieria dai risvolti etici e sociali proprio grazie al progetto di globalizzazione sostenibile in Bangladesh: un modo diverso per festeggiare i propri cinquant’anni di storia mantenendo le radici ben salde nel distretto pratese. Da sempre attività conto terzi (lavora per grandi gruppi della moda internazionale), il Maglificio Diana di Prato lancia la sfida della qualità portandola direttamente in casa nel paese asiatico, puntando sulla formazione per il personale e su requisiti salariali allineati agli standard europei.

Certo, non esiste la bacchetta magica e non è che con l’esportazione di un modello di sviluppo sostenibile da Prato in Bangladesh possano risolversi i problemi della produzione a basso costo nel paese asiatico. Ma fare un prodotto di nicchia e di un certo livello in un paese dove manca prevalentemente la cultura del prodotto e la qualità è bassa crea un nuovo approccio produttivo che fa bene a un paese sfruttato principalmente per i grandi volumi.

La collezione targata Diana Studio è composta da una linea di dodici capi da uomo disponibili sul sito e-commerce e su Amazon fashion. «Ma arriverà presto anche una linea donna – annuncia Gianmarco Alessandrone, business development manager di Diana Studio – Abbiamo numerose richieste. Crediamo in persone che investono nel futuro del proprio paese, valorizzando la conoscenza, l’artigianalità e l’essere umano. Abbiamo selezionato accuratamente i nostri fornitori produttivi, con attenzione alla salute e al benessere dei loro dipendenti e vogliamo condividere un nuovo messaggio sulla produzione di abbigliamento, preservando tutta la filiera dietro la creazione dei capi».

Anche perché il filato utilizzato è 100 per cento italiano. Ma Diana Studio ha scelto di insegnare le tecniche di produzione con questi filati direttamente laggiù, in Bangladesh. Dove opera un gruppo di lavoratori locali, dipendenti di una joint venture collegata al maglificio pratese, affiancato dai tecnici di Diana Studio che trasferiscono così il loro know how insegnando le tecniche di lavorazione della lana, pagando anche i costi di trasporto dei materiali. Di solito le magliette made in Bangladesh vengono vendute a un prezzo fra i 5 e 7 dollari, i capi firmati Diana Studio sono venduti a 20 dollari perché si alza l’asticella della qualità, della materia prima, dei costi del lavoro e della lavorazione. «Il progetto è entrato nel vivo e va avanti – prosegue Alessandrone – È in fase di costruzione una fabbrica completamente sostenibile dove metà delle macchine è già stata installata».

A Prato il Maglificio Diana dà lavoro a 25 persone. Con il lancio di un marchio proprio l’azienda chiude il cerchio della filiera per arrivare al consumatore finale. Un consumatore sempre più attento alla carta d’identità del capo che indossa, chiedendo catene di produzioni sempre più sostenibili. Non è un caso che lo slogan di Diana Studio sia “We made differently”, per descrivere un prodotto eccellente: materie prime italiane e una produzione sostenibile che si traduce nel rispetto dell’ambiente e di chi lavora.

QOSHE - Maglificio pratese in Bangladesh: Diana esporta il suo know how - Maria Lardara
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Maglificio pratese in Bangladesh: Diana esporta il suo know how

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04.12.2023

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PRATO. Chi l’ha detto che Bangladesh sia solo sinonimo di grandi volumi e produzioni a basso costo? C’è un pezzo di Prato nella fabbrica in costruzione nell’area industriale di Dacca, la capitale del Bangladesh, dove succede esattamente il contrario: il lavoro è umano e dignitoso, la manifattura è di qualità, la filiera è trasparente e attenta alla sostenibilità. Qui un’azienda pratese con mezzo secolo di storia sta trasferendo le competenze formando in loco una decina di lavoratori e lavoratrici del territorio. E il Maglificio Diana li paga il 40 per cento in più rispetto al minimo salariale previsto localmente.

La sua “operazione Bangladesh” è collegata al lancio di Diana Studio, brand di maglieria dai risvolti etici e sociali proprio grazie al progetto di globalizzazione sostenibile in Bangladesh: un modo diverso per festeggiare i propri cinquant’anni di storia mantenendo le radici ben salde nel distretto........

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