Nardella, 100mila. Ceccardi, almeno 40mila. Torselli si accontenterebbe pure di 30mila con l’aria (e il Vannacci) che tira tra i fratelli di fiamma indiavolati giù nel Lazio, la terra di lady Giorgia. Ogni partito, un’asticella. Ogni candidato una parcella di preferenze utili ad agganciare il seggio. Per quanto si schermiranno tutti dietro il peso del partito nella sfida dal sistema elettorale proporzionale per eccellenza, c’è una soglia di sopravvivenza misurata in voti personali che determinerà l’elezione o il flop alle Europee di giugno per ogni candidato. E in Toscana l’ansia da prestazione cambia, e non solo in base alle percentuali che raccoglieranno i partiti. Ambizioni e aspettative vengono commisurate anche sulla tradizionale capacità delle forze politiche a mobilitare le truppe, a coinvolgere militanti addestrati a scrivere sulla scheda il nome dei competitor o legioni di follower volubili.

Certo, anche in Toscana assisteremo a una sfida capovolta rispetto al 2019. Non è più il Paese del Papeete e dei pieni poteri. Così Susanna Ceccardi s’è decisa, diversificherà l’offerta del suo storytelling in campagna elettorale. «È vero, la Lega non è più al 33% di cinque anni fa – ragiona un dirigente leghista toscano –. Ma dopo essere stata eletta a Bruxelles con 48.400 preferenze raccolte nel centro Italia, in Toscana ha corso da candidata governatrice facendo il miglior risultato della storia del centrodestra. Per questo crediamo possa ambire a cifre simili se in regione si presenta come rappresentante di tutta la coalizione per l’Europa». Tutt’altra, così, sarà la strategia fuori dai confini toscani. Nell’immaginario collettivo di Lazio, Umbria e Marche, la Susy resta la pasionaria turbo sovranista del no agli immigrati, una paladina identitaria del lepenismo che c’è nel Belpaese.

Il guaio, un po’ per tutti, sarà il fuoco amico. Così la rossa che a Cascina spianò i rossi dovrà guardarsi dalle insidie interne. La collega eurodeputata Anna Bonfrisco 5 anni fa rastrellò 39.400 preferenze, e questa volta potrebbe beneficiare di qualche elettore toscano. In fondo, Matteo Salvini i pieni poteri non li ha più nemmeno nel partito e in regione non sono pochi i mugugni su Susy. «Alcuni nostri colonnelli – ragiona un altro dirigente leghista – potrebbero orientare i voti altrove. Susanna in questi anni ha fatto morti e feriti. Pensate al Mario Lolini, ras di voti in Maremma ed ex coordinatore regionale silurato. O al sindaco pisano Michele Conti, con cui il rapporto si è incrinato da tempo». Francesco Torselli, capogruppo di FdI a Palazzo Pegaso, all’assemblea cittadina tre settimane fa ha arringato i militanti: «Niente scherzi, vi voglio tutti», pensando ai fratelli laziali che faranno incetta di preferenze. A lui ne servirebbero almeno 30mila per agganciare il quinto seggio.

Ma pure fra i dem le Europee si annunciano come un regolamento di conti. I bonacciniani toscani, per dire, hanno ribattezzato Dario Nardella. «Lo chiamiamo il mutaforma, come quello in Harry Potter, che assume la forma di ciò che ogni persona teme di più. Ecco, noi temiamo le truppe di Elly, di cui lui è diventato un amicone», confida scherzando un big di area. Così, il sindaco di Firenze dovrà raggiungere almeno 100mila preferenze e provare ad arrivare quarto nella sfida con Nicola Zingaretti e Schlein. La segretaria infatti sarebbe decisa a correre come seconda in lista per lasciare il posto da capolista a un attivista. Chi? Il Nazareno l’ha proposto a Marco Tarquinio, ex direttore dell’Avvenire, una bandiera ultra-pacifista, ma avrebbe già rifiutato e starebbe riflettendo su Sinistra Italiana.

Ma Nardella dovrà guardarsi anche da quello che ritiene un sabotaggio degli ex amici. Mezza ala riformista ha chiesto ad Antonio Mazzeo di schierarsi, e fare da idrovora di voti sulla costa, dove i dem altrimenti non avrebbero nessuno. Il presidente del consiglio regionale sarebbe pronto a un ticket con Nardella, ci sarebbe perfino il placet di Emiliano Fossi e Eugenio Giani, ma lui guarda l’ala bonacciniana in cagnesco. Una rogna perché Nardella probabilmente dovrà duellare a Firenze con Matteo Renzi, deciso a trainare Italia Viva facendo da capolista ovunque. Il partito dell’ex rottamatore in Toscana schiera Nicola Danti e Rosa Maria Di Giorgi, per i quali 20mila e 10mila preferenze sarebbero una manna.

In Forza Italia molto dipende dalle scelte di Antonio Tajani, ma in campo per ora c’è il sindaco pontremolese Jacopo Ferri. Obiettivo: 10mila preferenze. Per Sinistra Italiana e Verdi un ex dem, Massimiliano Smeriglio. Laziale anche lui, è stato il vice di Zingaretti. Storia a sé per il M5s. Anche qui tutti attendono i sussulti di Beppe Conte, ma in Toscana circola il nome di un ex come Giacomo Giannarelli. Sarebbe uno dei pochi big ad aver fatto un solo giro nelle istituzioni. Che i grillini, dopo le imboscate di Giggino Di Maio, sono ancora fissati con la storia dei due mandati e stop.

QOSHE - Elezioni europee, resa dei conti nei partiti: il fuoco amico sulle preferenze. I candidati e l’ansia da prestazione - Mario Neri
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Elezioni europee, resa dei conti nei partiti: il fuoco amico sulle preferenze. I candidati e l’ansia da prestazione

6 5
20.02.2024

Nardella, 100mila. Ceccardi, almeno 40mila. Torselli si accontenterebbe pure di 30mila con l’aria (e il Vannacci) che tira tra i fratelli di fiamma indiavolati giù nel Lazio, la terra di lady Giorgia. Ogni partito, un’asticella. Ogni candidato una parcella di preferenze utili ad agganciare il seggio. Per quanto si schermiranno tutti dietro il peso del partito nella sfida dal sistema elettorale proporzionale per eccellenza, c’è una soglia di sopravvivenza misurata in voti personali che determinerà l’elezione o il flop alle Europee di giugno per ogni candidato. E in Toscana l’ansia da prestazione cambia, e non solo in base alle percentuali che raccoglieranno i partiti. Ambizioni e aspettative vengono commisurate anche sulla tradizionale capacità delle forze politiche a mobilitare le truppe, a coinvolgere militanti addestrati a scrivere sulla scheda il nome dei competitor o legioni di follower volubili.

Certo, anche in Toscana assisteremo a una sfida capovolta rispetto al 2019. Non è più il Paese del Papeete e dei pieni poteri. Così Susanna Ceccardi s’è decisa, diversificherà l’offerta del suo storytelling in campagna elettorale. «È vero, la Lega non è più al 33% di cinque anni fa – ragiona un dirigente leghista........

© Il Tirreno


Get it on Google Play