«Un incidente a Suviana, incredibile». Le dighe e le centrali idroelettriche sono la bussola scientifica di tutta la sua vita. Quella di Suviana, sull’Appennino, è stata il faro dei suoi studi. La visitò la prima volta negli anni ’80, poco dopo la costruzione. Ed Enio Paris, professore emerito di ingegneria idraulica dell’università di Firenze, dice che a distanza di oltre 50 anni l’impianto di Suviana resta un’avanguardia tecnologica del Paese. Anzi, di centrali così «dovremmo costruirne ancora se davvero vogliamo vincere la sfida delle energie rinnovabili». Neanche lui però si spiega come sia potuta diventare l’ennesimo teatro di una tragedia sul lavoro.


Professor Paris, che tipo di centrale è quella di Suviana?
«Lì le centrali sono due. Quella in cui è avvenuta questa tragedia, è la centrale idroelettrica di Bargi, molto distante dalla diga. L’invaso artificiale è stato costruito negli anni ’30 da Ferrovie con l’idea di alimentare la direttissima Firenze-Bologna. La diga è una delle più belle d’Italia, ha una capienza di 50 milioni di metri cubi di acqua. Ma è negli anni ’70, proprio con la costruzione dell’impianto di Bargi, che ha cambiato funzione. Quella centrale è ancora oggi una delle più moderne e importanti del Paese se si escludono alcuni impianti simili sulle Alpi. Certamente è la più importante dell’Appennino».

Perché?
«Perché ha una doppia funzione. Dalle camere subacquee della centrale parte una condotta di acqua di grande diametro, credo di 4 metri, collegata con il lago di Brasimone, un invaso più piccolo e più in alto a pochi chilometri da Suviana. È alimentata grazie a un sistema di turbine reversibili, che all’occorrenza si trasformano in pompe, e dunque invertono la direzione di pompaggio dell’acqua. È questa caratteristica a renderla particolare».

In che modo?
«Quando l’acqua viene lasciata cadere da Brasimone verso Suviana, le turbine generano energia elettrica che viene immessa nella rete ma in parte alimenta un alternatore. L’alternatore è un motore elettrico che aziona le pompe in senso inverso, e spedisce l’acqua in senso inverso dal lago più grande verso il Brasimone, in modo da costituire una riserva da utilizzare in un secondo momento. È un meccanismo affascinante e fondamentale. Fa della centrale una sorta di batteria idraulica, che si ricarica di notte e entra in funzione di giorno quando aumenta il fabbisogno energetico a causa dell’accensione dei cicli industriali».

Gli impianti di questo tipo sono tutti sommersi?
«Non è detto lo siano, ma questo lo è ed è un aspetto d’avanguardia. L’ho visitato per la prima volta negli anni ’80 e allora proprio la sua tecnologia era un esempio di ingegneria idraulica in tutto il mondo, anche per l’impatto paesaggistico assolutamente limitato. Ciò che affiora della centrale di Bargi è solo una porzione limitata, il resto è in profondità».

Ma come si fa a garantire l’impermeabilità di un edificio a trenta metri di profondità?
«Non c’è nessun problema da questo punto di vista, basti pensare che una diga può reggere la pressione di 50 milioni di metri cubi di acqua. Non credo si sia trattato di un problema strutturale. Questo è un impianto controllato da remoto, in cui l’intervento di personale nei locali subacquei è limitato a casi di manutenzione».

Cosa potrebbe aver causato la tragedia?
«Troppo presto per dirlo, solo chi è sul posto può essersi fatto qualche idea. Ma se come pare l’incendio è partito durante i lavori di manutenzione a un trasformatore, è probabile che l’acqua che ha sommerso i locali e i tecnici che ci stavano lavorando sia arrivata dalle condotte di collegamento col Brasimone. Ma sono solo ipotesi, ovviamente».

Come lavorano gli operai in queste centrali?
«Sono quasi tutte automatizzate. Fisicamente, di norma, all’interno della struttura opera solo chi gestisce la plancia di comando. Certo, durante le manutenzioni c’è bisogno di personale».

Errore umano o un malfunzionamento?
«Impossibile da dire. Chissà quante volte lo hanno fatto dal ’70 ad oggi. Certo, questa tragedia mi stupisce».

Lei ha memoria di un incidente nella centrale dell’Appennino?
«No, credo non ne siano mai avvenuti. Ma nella storia delle centrali idroelettriche sono rarissimi».

Questa centrale è ancora oggi all’avanguardia o è superata da nuove tecnologie?
«La tecnologia delle macchine idrauliche non credo abbia fatto grandi progressi dal 1970 ad oggi. Quella di turbine e trasformatori invece sì».

Quella di Bargi è una centrale da oltre 330 Megawatt. Cosa può alimentare una potenza del genere?
«Questa centrale ha una grossa potenza, certamente è una delle più importanti dell’Appennino centrale. Non è confrontabile con altri impianti di sola produzione come quello alla diga di Sillano. Questa produce energia e allo stesso tempo la accumula in alto al Brasimone. È una specie di grande batteria dell’Italia centrale. Questo è un impianto chiave se vogliamo puntare sulle rinnovabili».

Perché?
«Perché fotovoltaico ed eolico sono tecnologie fortemente condizionate dal meteo. In assenza di sole e vento non producono energia o ne producono pochissima. E per compensare questo deficit energetico avremo bisogno di batterie idrauliche strategiche come quella di Suviana, saranno gli impianti del futuro. Sono sostanzialmente riserve di energia. E siamo stati i primi a utilizzarle. Chissà quanti milioni di CO2 ci ha fatto risparmiare questa centrale. Costruirle costa molto, ma sono impianti fondamentali. Senza strutture come queste, saremo costretti ad importare batterie dalla Cina».

Dunque, non dobbiamo farci condizionare da questo disastro, ma anzi sarebbe opportuno costruirne qualcuna in più?
«Guardi, sono profondamente addolorato per questa tragedia e per chi ne è rimasto vittima. Ma sto incoraggiando la Regione a costruire impianti di pompaggio simili a questo, anche più piccoli, altrimenti non possiamo partire davvero con un ciclo basato sulle rinnovabili».

E dove ha suggerito di costruire una centrale come questa?
«La Toscana deve ripristinare e adeguare un invaso anti-siccità a San Piero in Campo, in Val d'Orcia. Dovrebbe nascere un invaso da 15 milioni di metri cubi, molto più piccolo di quello di Suviana. Però c’è l’ipotesi di abbinare a questo lago un altro piccolo invaso nelle vicinanze di quello principale e che funzioni in tandem con quello più grande come succede fra Suviana e Brasimone, così che si scambino acqua e diventino batterie idrauliche».

La strage: il giorno dopo

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Esplosione a Suviana, il professore di ingegneria idraulica: «Un impianto sicuro anche se sommerso, degli anni ’70 ma ancora all’avanguardia»

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10.04.2024

«Un incidente a Suviana, incredibile». Le dighe e le centrali idroelettriche sono la bussola scientifica di tutta la sua vita. Quella di Suviana, sull’Appennino, è stata il faro dei suoi studi. La visitò la prima volta negli anni ’80, poco dopo la costruzione. Ed Enio Paris, professore emerito di ingegneria idraulica dell’università di Firenze, dice che a distanza di oltre 50 anni l’impianto di Suviana resta un’avanguardia tecnologica del Paese. Anzi, di centrali così «dovremmo costruirne ancora se davvero vogliamo vincere la sfida delle energie rinnovabili». Neanche lui però si spiega come sia potuta diventare l’ennesimo teatro di una tragedia sul lavoro.


Professor Paris, che tipo di centrale è quella di Suviana?
«Lì le centrali sono due. Quella in cui è avvenuta questa tragedia, è la centrale idroelettrica di Bargi, molto distante dalla diga. L’invaso artificiale è stato costruito negli anni ’30 da Ferrovie con l’idea di alimentare la direttissima Firenze-Bologna. La diga è una delle più belle d’Italia, ha una capienza di 50 milioni di metri cubi di acqua. Ma è negli anni ’70, proprio con la costruzione dell’impianto di Bargi, che ha cambiato funzione. Quella centrale è ancora oggi una delle più moderne e importanti del Paese se si escludono alcuni impianti simili sulle Alpi. Certamente è la più importante dell’Appennino».

Perché?
«Perché ha una doppia funzione. Dalle camere subacquee della centrale parte una condotta di acqua di grande diametro, credo di 4 metri, collegata con il lago di Brasimone, un invaso più piccolo e più in alto a pochi chilometri da Suviana. È alimentata........

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