Per scattare la fotografia futura delle nostre spiagge dobbiamo guardare a ciò che sta accadendo sulle montagne. «O meglio – dice Giovanni Sarti, geologo del dipartimento di Scienze della Terra dell’università di Pisa – dobbiamo prendere coscienza di quello che non vi accade più». Fra i massimi esperti italiani di erosione delle coste, il professore spiega che per fermare la mano del mare che inghiotte ogni anno centinaia di migliaia di metri cubi di sabbia, dovremmo chiedere all’uomo di ridare alla natura la mano che un tempo riversava alle foci dei fiumi tonnellate di ciottoli, ghiaia e terra. L’erosione, insomma, non è solo un processo di sottrazione delle onde, ma soprattutto di stagnazione. E se non ci sbrighiamo ad invertire la rotta, spiega lo studioso, fra cento anni «più che di erosione, dovremo parlare di sommersione».

Professore, se dovesse tratteggiare la fotografia della costa toscana fra 50-100 anni come ce la descriverebbe?

«Il sistema costiero della Toscana è in sofferenza perché lo sono i sistemi fluviali. Sono i fiumi ad alimentare le nostre spiagge e non lo fanno più come un tempo. Non trasportano più alle foci il sedimento necessario alla rigenerazione degli arenili. I nastri trasportatori di ciottoli, massi, ghiaia e sabbia hanno smesso di funzionare. Per capire cosa succede al mare dobbiamo guardare alle montagne».

In che senso?

«Una causa dell’erosione sono le dighe, come Vagli e Bilancino, poi le briglie che riducono la portata dei fiumi o frenano i sedimenti. Oppure lo è l’artificializzazzione di canali. Un’altra è l’utilizzo degli alvei come fonti estrattive di materiali edilizi».

Un esempio?

«Un esempio classico è quello del fiume Magra, saccheggiato per la costruzione dell’autostrada e per la commercializzazione di inerti. Si stima che negli ultimi 40 anni, per effetto del sacco del Magra, manchino alla costa toscana 24 milioni di metri cubi di sabbia. Incide poi la riforestazione delle colline. Gli alberi tengono ancorato molto materiale che altrimenti sarebbe stato trascinato in mare. Dunque, ciò che l’uomo fa a monte si ripercuote a valle. Pesate che San Piero a Grado, a Pisa, 3mila anni fa era bagnato dal mare. Dai romani in poi, proprio per la deforestazione dei rilievi, la nostra costa è avanzata secolo dopo secolo fino al ’900. Da qualche decennio siamo in una fase di arretramento della linea di costa. Questo ci fa capire come il tema sia complesso e richieda la cooperazione di competenze diverse, sia scientifiche che politico-amministrative».

Sta dicendo che non basta studiare la costa per capire come difenderla?

«Esatto, sappiamo ancora troppo poco sull’erosione. Non conosciamo quanto valga l’apporto di sedimenti dei fiumi, in assenza di un monitoraggio sistematico. Sappiamo come si sposta la sabbia con le correnti litoranee ma non con esattezza quanta ne venga persa al largo».

Come incide il cambiamento climatico sull’erosione?

«Su due fronti. Uno è quello degli eventi estremi, grandi mareggiate e burrasche sono molto più frequenti e modificano il profilo dei litorali. Durante questi fenomeni si dissipa energia e la sabbia viene trasportata a largo. E poi c’è il riscaldamento climatico, per il quale la sfida dei prossimi decenni non sarà più quella della lotta all’erosione ma contro la sommersione».

Le nostre coste verranno inondate?

«I trend attuali indicano scenari diversi in funzione della capacità della politica di rispettare gli accordi per la riduzione delle emissioni di CO2. E secondo le previsioni l’innalzamento dei mari varia da 20 a 100 centimetri».

Sta dicendo che senza contromisure a Marina di Pisa le case sul litorale finirebbe sott’acqua e il mare lambirebbe la Versiliana?

«Sì, soprattutto in zone come la Versilia dove il gradiente topografico è molto basso, basterebbero poche decine di centimetri per inondare vaste zone di terra. All’innalzamento dei mari poi si aggiunge la propensione alla subsidenza delle coste, accentuata dallo sfruttamento antropico delle falde. L’uomo in alcune zone, soprattutto quelle turistiche, dove la popolazione si moltiplica in estate, le prosciuga».

Ci sono casi annosi come a Marina di Massa. Cosa sta succedendo?

«I ripascimenti lì vanno avanti da 40 anni, e si calcola che il saldo fra sabbia persa e aggiunta produca un deficit di 200mila metri cubi. Si stima anche che il Magra in 40 anni sia stato saccheggiato di 24 milioni di metri cubi di ghiaia. Tutto sedimento che manca alla costa, tanto che ora il mare comincia a erodere pure la spiaggia di Forte dei Marmi».

Incide di più il sacco del Magra che il porto di Carrara?

«I porti generano sempre un’interferenza, ma sono infrastrutture con cui possiamo trovare un equilibrio. Con la perdita dei sedimenti no. Attualmente flussi sedimentari vanno verso sud dal Magra e verso nord dall’Arno e dal Serchio. I due flussi si incontrano all’altezza di Pietrasanta dove si accumula la sabbia. Il porto di Viareggio intercetta invece la sabbia erosa al Gombo a San Rossore. In queste due aree le spiagge sembrano in salute. Ma lo sono perché alimentate dall’erosione zone limitrofe. Se volessimo riequilibrare il sistema dovremmo togliere un po’ di sabbia da lì e redistribuirla nelle zone di erosione».

Le spiagge di ghiaia sono il cruccio di Marina di Pisa.

«Anche in questo caso lo scarso apporto dell’Arno incide. Le spiagge di ghiaia sono barriere di difesa. Le abbiamo studiate installando ricetrasmittenti Gps su grandi ciottoli. Alcuni erano massi di marmo spigolosi. Abbiamo scoperto che, contro ogni aspettativa, non solo si muovevano molto, ma che tendono rapidamente ad arrotondarsi e dunque a perdere peso. Insomma, forse non sono adeguati per la loro funzione. Ma le amministrazioni cambiano ed è difficile farsi ascoltare, anche se a Nizza dopo una nostra ricerca adesso il Comune sta cambiando strategia».

Fra i metodi di difesa, ci sono anche i soffolti, barriere e pennelli. Strumenti efficaci o toppe?

«Assolutamente toppe. C'è stata una proliferazione inutile di queste barriere, Si risolve il problema in un punto e si fa rimbalzare, con un effetto domino, sul tratto di spiaggia vicino. L’unico approccio fattibile al momento è spostare la sabbia dalle zone in avanzamento verso quelle di forte erosione. È un approccio che, visto il gap di conoscenze, evita danni ulteriori senza cambiare rotta al fenomeno. Ma è appunto un problema complesso, serverebbe un coordinamento fra amministrazioni dei comuni coinvolti, perfino quelli dell’entroterra per regolare l’apporto sedimentario dei fiumi. a medio lungo termine di 15-20 anni. Avevamo offerto alla Regione la collaborazione di un Team Coste che riunisce le tre università toscane con esperti di varie discipline (geologi, ingegneri, informatici, biologi, matematici) alla già a partire dal 2017. Ma il progetto non è mai decollato».

QOSHE - Il sacco dei fiumi, dighe e foreste: cosa provoca l’erosione delle spiagge - Mario Neri
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Il sacco dei fiumi, dighe e foreste: cosa provoca l’erosione delle spiagge

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13.03.2024

Per scattare la fotografia futura delle nostre spiagge dobbiamo guardare a ciò che sta accadendo sulle montagne. «O meglio – dice Giovanni Sarti, geologo del dipartimento di Scienze della Terra dell’università di Pisa – dobbiamo prendere coscienza di quello che non vi accade più». Fra i massimi esperti italiani di erosione delle coste, il professore spiega che per fermare la mano del mare che inghiotte ogni anno centinaia di migliaia di metri cubi di sabbia, dovremmo chiedere all’uomo di ridare alla natura la mano che un tempo riversava alle foci dei fiumi tonnellate di ciottoli, ghiaia e terra. L’erosione, insomma, non è solo un processo di sottrazione delle onde, ma soprattutto di stagnazione. E se non ci sbrighiamo ad invertire la rotta, spiega lo studioso, fra cento anni «più che di erosione, dovremo parlare di sommersione».

Professore, se dovesse tratteggiare la fotografia della costa toscana fra 50-100 anni come ce la descriverebbe?

«Il sistema costiero della Toscana è in sofferenza perché lo sono i sistemi fluviali. Sono i fiumi ad alimentare le nostre spiagge e non lo fanno più come un tempo. Non trasportano più alle foci il sedimento necessario alla rigenerazione degli arenili. I nastri trasportatori di ciottoli, massi, ghiaia e sabbia hanno smesso di funzionare. Per capire cosa succede al mare dobbiamo guardare alle montagne».

In che senso?

«Una causa dell’erosione sono le dighe, come Vagli e Bilancino, poi le briglie che riducono la portata dei fiumi o frenano i sedimenti. Oppure lo è l’artificializzazzione di canali. Un’altra è l’utilizzo degli alvei come fonti estrattive di materiali edilizi».

Un esempio?

«Un esempio classico è quello del fiume........

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