I divani in pelle del Continental sembrano diventati trincee. I seguaci del generale Vannacci hanno messo al servizio d’ordine Bruno Spatara, ex forzanovista di Lamezia Terme poi passato in Casapound. Uno rigoroso, tutto ordine e disciplina, insomma. S’è appena fermato a parlare con il cronista di Mediaset. «Lei è stato rispettoso, altri suoi colleghi si sono infiltrati». I colleghi saremmo noi. Guai a tentare di girare fra i tavoli del pranzo inaugurale per chiedere ai partecipanti cosa li abbia convinti ad iscriversi al nuovo fan club del parà più famoso d’Italia, da dove vengano, perché abbiano fatto tanta strada da Roma o Milano fino al litorale pisano se davvero come dice il generale nel suo libro ha scritto un sacco di cose «al limite della banalità». Ma non c’è verso di dribblarlo, almeno fino a una certa ora niente domande ai Vannacci boys e alle (poche) Vannacci girls. Ché le interviste sono vietate. Cioè, sconsigliate. «Per ragioni di privacy», argomenta uno dei contromondisti arrivati a Tirrenia alla prima assemblea del comitato “Il mondo al contrario”.

Il quasi-partito

Sì, avete capito bene. Dal bestseller di Roberto Vannacci, il comandante sospeso per le sue apodittiche grullerie su omosessuali, razza, terroristi climatici finito sotto inchiesta anche per peculato, è nato un circolo culturale, una specie di corrente, che i fondatori definiscono in qualsiasi modo pur di non chiamarlo «partito». Snocciola i dati il presidente Fabio Filomeni, ex colonnello e commilitone del generale. Il comitato conta 300 tesserati e 3.000 iscritti al sito. Qui son venuti in 90. Molti pensionati, maggioranza uomini, una decina di donne. «Io sono ospite qui – si schermisce Vannacci – è un comitato culturale nato per diffondere le idee contenute nel mio libro, che non è un manifesto politico. Sono solo venuto a esprimere la mia gratitudine». Insomma, sarebbe un profeta quasi a sua insaputa. Apostoli e discepoli si sarebbero auto-organizzati, che lui ha scritto teorie sulla società, e dunque in qualche modo siano tesi politiche, ma che si tiene alla larga dalla politica intesa come gestione del potere, sebbene non smentisca di riflettere sulla possibilità di buttarcisi in politica. Il comitato però, giura, «è un miracolo avvenuto in maniera autogestita». Ci mancava pure che si sentisse aureolato, di luce circonfuso. Ma tant’è. Dice anche che da quando è uscita la sua fatica letteraria «le mosse di questa confraternita si sono evolute» e a lui fa solo piacere. E udite udite, lo ha riletto e riletto dopo le polemiche e crede che il mondo sia davvero al contrario perché più lo legge e «più mi convinco che non offenda nessuno, che non si tratti di un libro con un linguaggio incontinente, ma anzi esprime concetti al limite della banalità» ma che oggi essere «normali è rivoluzionario».

La banalità del (nor)male

Eccola la filosofia del generale sospeso. E dunque enuncia quello che sembra essere davvero un manifesto politico, una specie di storytelling con cui conquistare consensi e – chissà – magari perfino voti alle prossime Europee. Non ha ancora «sciolto la riserva», anzi sembra avere tutta l’intenzione di voler tenere sulla graticola Matteo Salvini e la sua proposta di candidatura per Bruxelles («Ho tante richieste, vedremo»), ma ha già una chiave narrativa per farsi animale politicus. Vannacci punterà sulla banalità del (nor)male, e come una specie di leader identitario a metà fra il capopopolo e il guru post-grillino cavalcherà queste «tematiche neppure troppo innovative che anzi rappresentano tradizioni, radici, identità trainanti della nostra civiltà» e minacciate dal politicamente corretto. Basta ascoltarli i contromondisti. Che alla fine a schivare il servizio d’ordine di Spatara ci siamo riusciti. E allora c’è Lucia, pensionata arrivata da Cecina, che si adonta se le si fa notare che è indagato per istigazione all’odio razziale. «Vogliono tutti fraintenderlo. Ma che ha detto di male sulla Egonu? Che è nera e appartiene a una razza diversa da quella italiana, e non è vero?». Si inserisce una signora arrivata da Montecatini. «Perché nessuno s’è scagliato contro chi accusa Sinner di parlare tedesco?». Il benaltrismo è un po’ la cifra stilistica dei contromondisti. O appunto la banalità, fin quasi alla comicità involontaria. «Le offese ai gay? Ma quali offese – continua la signora di Montaecatini – Ha detto che non sono normali perché non rientrano nella norma. Figuriamoci se ce l’ha con i gay, è un gusto sessuale diverso, e secondo me sono anche più sensibili, io lo so, il mio migliore amico lo è».

Guerra al woke

Che in fondo qui la pensano un po’ tutti così. Il mondo al contrario per i seguaci di Vannacci è quello della «sinistra», dice Flavio, ex dipendente di Trenitalia, che «ha voluto leggere in quei 12 capitoli solo cose negative», e allora il comitato serve a propagare in Italia – ma che diciamo in Italia, in tutto il mondo ( i fondatori giurano di aver raggiunto tredici paesi stranieri) – «i pensieri del generale» per risvegliare «buona parte dell’opinione pubblica addormentata dai guardiani del politicamente corretto», dice Filomeni. E i nemici sono i progressisti grattachecche e fichetti della complessità. Uno parecchio preso di mira è David Parenzo, un giornalista totem Giuseppe Cruciani. Siamo a questo, fatevene una ragione.

Corteggiamento leghista

Subito dopo pranzo fa la sua apparizione anche Susanna Ceccardi. L’eurodeputata leghista dice di essere venuta a portare la sua solidarietà al generale, vittima di un «attacco mediatico», colpevole di aver diffuso tante idee che lei condivide come quelle «sull’ideologia green, l’ideologia woke del politicamente corretto», anche se ammette: «Lui ha spiegato cosa intendeva, alcune persone possono essersi sentite offese, io avrei usato altre parole sugli omossessuali, ma per una sola frase non mi sento di condannare un uomo che per tanti anni ha servito il nostro Paese con dedizione e onore e ha avuto il coraggio di esporsi». Baci, abbracci, un caffè. La Susy dice che sarebbe «felice di averlo come candidato e collega nella Lega per le prossime Europee, ma a me non ha ancora detto cosa ha deciso. Gli ho detto che se non si candida può sempre votare me». Così la console salviniana dovrà attendere per avere un’investitura. Certo, Vannacci farebbe comodo al vicepremier ora che è in crisi di consensi e di fiducia perfino nel Carroccio. Sarebbe una bandiera identitaria con cui soffiare voti alla Meloni. Del resto, Flavio, l’ex ferrotranviere, pensa che «Meloni sia andata a farsi dare i bacini sulla testa da Biden per opportunismo». Ma il generale sospeso ora ha messo in stand-by pure Salvini. Scruta, guata, traguarda. Che forse da un libro ne nasce davvero un partito. «Non possiamo saperlo, ma io sono pronto a far parte della sua legione», ammette Filomeni. Intanto comincia a mettere insieme una militanza.

La legione e i camerata

“Il mondo al contrario”, aggiunge, per ora comunque è al massimo un movimento, un «gruppo di persone libere che si riconosce nelle opinioni di un uomo che mi piace definire militarmente – e non politicamente – un nostro camerata». Militarmente, come no. Dei novanta presenti solo cinque sarebbero parà. Ma nella hall dell’hotel sul lido pisano si aggirano un sacco di uomini e ragazzoni pieni di tatuaggi di aquile e paracaduti. E poi politici. «Ci sono cittadini comuni ma anche i delusi della politica», ammette Filomeni. E a guardare le proporzioni son già parecchi. Il coordinatore toscano del suddetto comitato è Massimiliano Simoni, ex An e ormai anche ex esponente versiliese di Fratelli d’Italia. Non uno qualunque, dato che oltre all’ultimo ruolo di coordinatore provinciale del partito di Giorgia Meloni, ricoperto prima di far infuriare i vertici regionali, Simoni è stato presidente della Fondazione Versiliana e del Festival Pucciniano. Poi una capatina l’hanno fatta anche Andrea Romiti, poliziotto, ex candidato sindaco di Fratelli d’Italia a Livorno, pure lui ora in rotta col partito. Fa coppia fissa con Luca Tacchi, livornese, responsabile provinciale dell’organizzazione della Lega e, manco a dirlo, di professione paracadutista della Folgore. «Vannacci? Io condivido tutto di ciò che scrive. Anzi, per me è perfino un moderato». E certo. «Arriva dal Col Moschin, e i valori di quel reparto sono inconfutabili». Ovvio, banale, normale. Chi oserebbe sostenere il contrario? Tanto che nella foto di gruppo si piazza anche Guido Guastalla, pisano doc. «Io Vannacci sogno di vederlo premier in divisa». Lui intanto sta per lanciare il secondo best seller. Il primo, giura, è andato a ruba: 250mila copie cartacee vendute, 800mila Pdf – dice lui – piratati nelle chat. Il nuovo si intitola “Il coraggio vince”. E ammette: «L’ho scritto per spiegare meglio a chi si è sentito toccato i valori del primo». Suvvia, generale, a suon di riletture, l’avrà capito: tanto normale non è.


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Parà, delusi ed estremisti di destra: Vannacci a Tirrenia raduna i suoi seguaci

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10.03.2024

I divani in pelle del Continental sembrano diventati trincee. I seguaci del generale Vannacci hanno messo al servizio d’ordine Bruno Spatara, ex forzanovista di Lamezia Terme poi passato in Casapound. Uno rigoroso, tutto ordine e disciplina, insomma. S’è appena fermato a parlare con il cronista di Mediaset. «Lei è stato rispettoso, altri suoi colleghi si sono infiltrati». I colleghi saremmo noi. Guai a tentare di girare fra i tavoli del pranzo inaugurale per chiedere ai partecipanti cosa li abbia convinti ad iscriversi al nuovo fan club del parà più famoso d’Italia, da dove vengano, perché abbiano fatto tanta strada da Roma o Milano fino al litorale pisano se davvero come dice il generale nel suo libro ha scritto un sacco di cose «al limite della banalità». Ma non c’è verso di dribblarlo, almeno fino a una certa ora niente domande ai Vannacci boys e alle (poche) Vannacci girls. Ché le interviste sono vietate. Cioè, sconsigliate. «Per ragioni di privacy», argomenta uno dei contromondisti arrivati a Tirrenia alla prima assemblea del comitato “Il mondo al contrario”.

Il quasi-partito

Sì, avete capito bene. Dal bestseller di Roberto Vannacci, il comandante sospeso per le sue apodittiche grullerie su omosessuali, razza, terroristi climatici finito sotto inchiesta anche per peculato, è nato un circolo culturale, una specie di corrente, che i fondatori definiscono in qualsiasi modo pur di non chiamarlo «partito». Snocciola i dati il presidente Fabio Filomeni, ex colonnello e commilitone del generale. Il comitato conta 300 tesserati e 3.000 iscritti al sito. Qui son venuti in 90. Molti pensionati, maggioranza uomini, una decina di donne. «Io sono ospite qui – si schermisce Vannacci – è un comitato culturale nato per diffondere le idee contenute nel mio libro, che non è un manifesto politico. Sono solo venuto a esprimere la mia gratitudine». Insomma, sarebbe un profeta quasi a sua insaputa. Apostoli e discepoli si sarebbero auto-organizzati, che lui ha scritto teorie sulla società, e dunque in qualche modo siano tesi politiche, ma che si tiene alla larga dalla politica intesa come gestione del potere, sebbene non smentisca di riflettere sulla possibilità di buttarcisi in politica. Il comitato però,........

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