Sfruttamento dei lavoratori e inverno demografico. Per Giovanni Cafagna, elbano, presidente nazionale dell’Anls, l’Associazione nazionale lavoratori stagionali, sono questi i due grandi mali che affliggono il settore del turismo dal punto di vista del lavoro stagionale.

Partiamo dallo sfruttamento: cosa intende?

«Lo sfruttamento da parte degli imprenditori è ormai un dato assodato ed è una concausa di questa difficoltà, ormai cronica, nel riuscire a trovare personale da impiegare in bar, alberghi, ristoranti e stabilimenti balneari».

Si spieghi meglio.

«Le aziende stagionali non rispettano quasi mai il contratto di lavoro. Chiedono di lavorare 12 ore al giorno pagate la metà e niente riposo settimanale per 800 - 900 euro al mese: ecco perché non trovano i dipendenti. Ma questa è una situazione che c’è sempre stata nel settore turistico».

Eppure gli imprenditori raccontano un’altra storia, ossia che anche pagando bene i lavoratori stagionali non si trovano lo stesso. È così?

«Ecco che arriviamo all’altro tema: l’inverno demografico. Oggi non ci sono più abbastanza giovani che rimpiazzino chi va in pensione. Sia chiaro: tutto il mondo del lavoro ha queste problematiche, non solo il settore del turismo. I giovani che entrano oggi nel mondo del lavoro sono la metà di quelli che entravano quando ero giovane io che ho quasi 50 anni. Già questo è un problema statistico abbastanza evidente, ma c’è anche un altro aspetto che lo accentua ancora di più».

Quale?

«Alla nostra categoria è stato tolto un sussidio di disoccupazione che garantiva, per chi lavorava sei mesi all’anno e quindi faceva la stagione estiva piena, una copertura anche per gli altri sei mesi. Significava lavorare metà anno, anche se il lavoratore veniva sfruttato, e poi aveva sei mesi in cui lo Stato garantiva un reddito. Ed è la stessa cosa che succede agli stagionali dell’agricoltura. Per loro il problema c’è ancora, ma è molto inferiore rispetto al settore turistico».

C’entra il reddito di cittadinanza?

«Chi in passato ha dato la colpa al reddito di cittadinanza ha finto di non sapere quali fossero i requisiti per percepirlo: bisognava avere famiglia, figli a carico, una casa in affitto, non aver lavorato da un anno, insomma una serie di criteri che restringono moltissimo la possibilità di usufruirne. Non sono certo i ventenni ad avere beneficiato del reddito di cittadinanza».

C’entra qualcosa, invece, il Covid? Molti imprenditori sostengono che da quel momento è aumentata la voglia di maggior tempo libero.

«Quello del Covid è un fenomeno che ha creato questo tipo di atteggiamento da parte del lavoratore dell’Occidente, ma nello specifico lo stagionale in vacanza quando mai ci è potuto andare? Quando lavoravamo sei mesi e avevamo anche l’indennità di disoccupazione io, ad esempio, arrivavo a guadagnare 15mila euro. Per questo dico: come categoria, non credo ci sia mai stata questa volontà da parte del lavoratore».

Pensa sia giusto un salario minimo per gli stagionali?

«Un altro grande problema degli stagionali è che non hanno la possibilità di fare una contrattazione collettiva dove ci sia un rappresentante sindacale che rappresenti le istanze dei lavoratori. Tutte le contrattazioni sono fatte dal lavoratore con il datore di lavoro e può capitare che, anche nello stesso ristorante, un lavoratore riesca a strappare uno stipendio più alto rispetto a un collega».

Da cosa dipende?

«Dalle capacità che ha di contrattare. Stabilire dei salari a 9 euro all’ora per noi stagionali è relativo perché finché il lavoratore non prenderà coscienza dei propri diritti minimi si farà sempre sfruttare».

Vede dei miglioramenti?

«La difficoltà a reperire personale stagionale ha fatto sì che in diversi rialzassero un po’ la testa, guadagnando un po’ di più rispetto al passato e chiedendo anche il giorno di riposo. Fino a poco tempo fa era considerato quasi un oltraggio».

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Lavoro, mancano gli stagionali: «La colpa è dello sfruttamento, vi spiego cosa succede»

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14.04.2024

Sfruttamento dei lavoratori e inverno demografico. Per Giovanni Cafagna, elbano, presidente nazionale dell’Anls, l’Associazione nazionale lavoratori stagionali, sono questi i due grandi mali che affliggono il settore del turismo dal punto di vista del lavoro stagionale.

Partiamo dallo sfruttamento: cosa intende?

«Lo sfruttamento da parte degli imprenditori è ormai un dato assodato ed è una concausa di questa difficoltà, ormai cronica, nel riuscire a trovare personale da impiegare in bar, alberghi, ristoranti e stabilimenti balneari».

Si spieghi meglio.

«Le aziende stagionali non rispettano quasi mai il contratto di lavoro. Chiedono di lavorare 12 ore al giorno pagate la metà e niente riposo settimanale per 800 - 900 euro al mese: ecco perché non trovano i dipendenti. Ma questa è una situazione che c’è sempre stata nel settore turistico».

Eppure gli imprenditori raccontano un’altra storia, ossia che anche pagando bene i lavoratori stagionali non si........

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