Lavoratori part-time involontari, o addirittura a ore, prigionieri nella giungla degli appalti. Perlopiù assunti da cooperative, ma nella morsa del lavoro poverissimo ci sono anche dipendenti di aziende che, ad esempio, gestiscono il servizio di ristorazione negli ospedali. In Toscana è un esercito silenzioso (ma operoso) di oltre 30mila persone formato soprattutto da donne, spesso con un solo reddito e dunque costrette a dividersi tra due-tre impieghi per portare a casa uno stipendio mensile dignitoso. Sì, perché i contratti sono regolari, ma il problema è il livello troppo basso della retribuzione, legato alle poche ore messe nero su bianco sul contratto. Loro, le lavoratrici, sarebbero ben disposte a farne di più, ma le aste al massimo ribasso indette dalle amministrazioni pubbliche per minimizzare il costo per l’erogazione dei servizi sociali non lo consente. Per loro, la media è di 15 ore di lavoro mensile per uno stipendio medio di 500 euro. Di fatto sono i nuovi poveri: coloro che lavorano ma non hanno stipendi sufficienti. «E la situazione per ciascuno peggiora – spiega Flaviano Bardocci, responsabile appalti della Filcams Cgil Livorno – nel passaggio da un appalto all’altro». «Il rischio è la tenuta occupazionale, ma anche oraria e retributiva», sottolinea il sindacalista. «Le aste al massimo ribasso sono sinonimo di una forte diminuzione oraria rispetto al precedente appalto e in questo modo assistiamo a un impoverimento del valore dell’appalto e, quindi, delle retribuzioni dei lavoratori».

Il grido d’allarme

Ora, le 550 cooperative sociali toscane alzano la testa e chiedono alla Regione e ad Anci, l’Associazione nazionale Comuni italiani (tramite le associazioni Legacoop, Agci, Confcooperative) di aprire un confronto sui costi di gestione dei servizi che garantiscono ogni giorno: da quelli sanitari e sociosanitari ai servizi educativi e all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate.

Rischio servizi in crisi

«Il rischio – racconta Assunta Astorino, responsabile del dipartimento Welfare di Legacoop Toscana – è che l’intero sistema crolli. La nostra preoccupazione – precisa – non riguarda soltanto la tenuta delle cooperative sociali ma, soprattutto, è collegata al concreto rischio che il mancato riconoscimento da parte delle pubbliche amministrazioni degli adeguamenti contrattuali comporti l’inevitabile drastica diminuzione, se non interruzione, di servizi e presidi di prossimità a favore di cittadini e famiglie, spesso i più fragili e le più vulnerabili, delle nostre comunità. Questo scenario, purtroppo, si basa sull’esperienza maturata negli anni precedenti, e in particolar modo con l’ultimo rinnovo del contratto collettivo nazionale delle cooperative sociali 2017-19, del cui aumento si è dovuto far carico in massima parte, se non esclusiva, il comparto della cooperazione sociale, attingendo anche alle proprie riserve statutarie». È Sandro Malucchi, segretario generale Funzione pubblica Cgil Prato-Pistoia, a riferire che «l’adeguamento contrattuale è uno dei più alti registrati e che vale il 12%, rispetto a quello precedente del 5,98 %».

Obiettivo monitorare

Caterina Ballanti, segretaria generale Filcams Cgil Prato-Pistoia, racconta che bisogna monitorare gli appalti: «Spesso le lavoratrici fanno lo stesso numero di ore, ma il lavoro è più ampio». Da qui, la nascita di un percorso con Estar per la contrattazione preventiva. «Nella fase precedente alla stesura dei bandi di gara facciamo un monitoraggio costante – conclude la sindacalista – C’è, infatti, un tavolo tecnico permanente in Estar rispetto agli ospedali, che sono quelli a maggior intensità di manodopera. La Filcams Cgil ha lavorato per strutturare questo percorso e sta coinvolgendo i Comuni per costituire tavoli permanenti proprio per monitorare gli appalti».


14 febbraio

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Lavoro, stipendi da fame per 30mila toscani: dai part-time involontari alle aste al ribasso cosa non funziona e chi rischia di più

14 30
12.02.2024

Lavoratori part-time involontari, o addirittura a ore, prigionieri nella giungla degli appalti. Perlopiù assunti da cooperative, ma nella morsa del lavoro poverissimo ci sono anche dipendenti di aziende che, ad esempio, gestiscono il servizio di ristorazione negli ospedali. In Toscana è un esercito silenzioso (ma operoso) di oltre 30mila persone formato soprattutto da donne, spesso con un solo reddito e dunque costrette a dividersi tra due-tre impieghi per portare a casa uno stipendio mensile dignitoso. Sì, perché i contratti sono regolari, ma il problema è il livello troppo basso della retribuzione, legato alle poche ore messe nero su bianco sul contratto. Loro, le lavoratrici, sarebbero ben disposte a farne di più, ma le aste al massimo ribasso indette dalle amministrazioni pubbliche per minimizzare il costo per l’erogazione dei servizi sociali non lo consente. Per loro, la media è di 15 ore di lavoro mensile per uno stipendio medio di 500 euro. Di fatto sono i nuovi poveri:........

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