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LIVORNO. Un Filippo Bellini nel Cinquecento strabiliava con i pennelli, e nell’Ottocento un altro Bellini (Vincenzo) compose la Norma.

Lui, non dipinge né crea musica, ma gioca a calcio da quando ha nove anni ed ha un sogno: aiutare il Livorno a tornare nei professionisti come ha fatto con la Vis Pesaro e il Modena. «Sì, due ottime piazze, ma Livorno è Livorno, la casacca amaranto mi dà una carica incredibile, essere qui per me è un punto d’arrivo...», confida questo venticinquenne che si è formato nel vivaio dell’Empoli. I casi della vita: «Io conservo solo le maglie delle squadre in cui ho militato, ma nel mio armadio ce n’è una amaranto: è di Paulinho, me la regalò un amico di mio padre, perché seguivo tanto il Livorno ai tempi della serie A». E in A gli amaranto ci tornarono proprio con un gol di Paulo Sergio Betanin, playoff, Empoli battuto, 2 giugno 2013. Altro calcio, altra epoca, che dire: ora lavori in corso per uscire dai Dilettanti.

Intanto si soffre, cari miei. E soffre anche Filippo che sta per terminare di scontare la pena (5 giornate) e dopo il Ponsacco se il tecnico Fossati vorrà, potrà indossare nuovamente la maglia numero 20, a Sansepolcro. «È stata tutta colpa di quella maledetta partita a San Giovanni Valdarno; sia chiaro, non avrei dovuto aprire bocca con l’arbitro Selva di Alghero (direzione a senso unico e persecutoria, ndr) però se dicessi quello di cui mi resi conto e quello che penso... E comunque mi aspettavo un paio di giornate. Con cinque turni è come se mi avessero strappato il cuore dal petto; ho passato i giorni più brutti della mia vita e mi sentivo in colpa nei confronti della squadra e della tifoseria. Ringrazio il presidente Esciua che ha dimostrato di credermi, facendo fare ricorso, anche se è stato inutile».

Poi Bellini aggiunge: «Era il 10 dicembre quando rimediai il rosso, la mia fidanzata e la mia famiglia mi hanno aiutato tanto, ho sfiorato la depressione...».

Sarà anche un caso (mica tanto) ma senza Bellini il Livorno è caduto in casa del Trestina, ha perso col Poggibonsi, e meno male che quattro punti li ha rimediati con Orvietana (3) e a Grosseto: insomma strada in salita, senza il mediano-mezz’ala fucecchiese. Che tuttavia lancia la sfida, incoraggia tutti: «Io non solo credo nella promozione – dice d’impeto – ma dico di più: con la Vis Pesaro girammo a meno 9 della vetta e poi in serie C andammo noi...». E chiarisce meglio: «Questo Livorno è superiore sia alla Vis Pesaro che al Modena, squadre nelle quali ho militato e alle quali voglio bene. Però il nostro è un gruppo fortissimo, dobbiamo solo trovare continuità, carattere, credere più in noi stessi». Un’altra considerazione interessante: «Ogni domenica dobbiamo sapere che sarà battaglia, perché ormai è assodato che contro il Livorno tutti si esaltano, ma l’ho visto persino nelle amichevoli con Tuttocuoio e Cecina. Abbiamo un blasone, una storia, chi ci affronta vuole mettersi in evidenza. Da questo punto di vista altre realtà sono favorite».

Filippo, dieci anni nelle giovanili dell’Empoli («giocavo con Traorè acquistato ora dal Napoli»), cresciuto con i consigli di tecnici come Bigica, Dal Canto e Cupi ha un pensiero per due persone fondamentali nella sua vita: «Nonno Stefano purtroppo non c’è più e sento la mancanza; nonno Emilio me lo godo ancora. Sono stati loro a seguirmi, a portarmi agli allenamenti fino alla maggiore età. Del resto babbo e mamma non potevano perché gestiscono una attività commerciale molto impegnativa».

Viene da Fucecchio, Filippo. Vive nella città di Indro Montanelli, il padre del giornalismo, di Alessandro Lambruschini ex siepista azzurro, di ex ciclisti di razza come Andrea Tafi e Luca Scinto o dell’ex pallavolista azzurro Marco Bracci, per non parlare dei tecnici Max Alvini e Renzo Melani, quest’ultimo uno degli allenatori più vincenti del calcio tra C e B. Ricorda Renzo: «Il mio amico Emilio Sabatini, il nonno di Filippo, mi invitava spesso a vedere il nipote, che già a sette-otto anni era imprendibile, faceva spettacolo...». Sottolinea Filippo: «Mister Melani è un esempio, mi ha raccontato anche l’impresa amaranto dell’83-84, straordinaria». Ancora pochi giorni e torna in pista l’uomo che marca e parte, morde e fugge, sradica la palla e verticalizza: Barella il suo mito, l’Inter la squadra del cuore. La prossima settimana a Sansepolcro sarà disponibile con il nuovo tecnico: «Mister Fossati? Con la Vis Pesaro incontrammo il suo Albenga nella poule scudetto, a promozione acquisita, ne prendemmo tre, giocavano un bel calcio...».




QOSHE - «A Pesaro girammo a -9 ma volammo in C» Bellini, la squalifica e il Livorno nel destino - Sandro Lulli
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«A Pesaro girammo a -9 ma volammo in C» Bellini, la squalifica e il Livorno nel destino

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20.01.2024

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LIVORNO. Un Filippo Bellini nel Cinquecento strabiliava con i pennelli, e nell’Ottocento un altro Bellini (Vincenzo) compose la Norma.

Lui, non dipinge né crea musica, ma gioca a calcio da quando ha nove anni ed ha un sogno: aiutare il Livorno a tornare nei professionisti come ha fatto con la Vis Pesaro e il Modena. «Sì, due ottime piazze, ma Livorno è Livorno, la casacca amaranto mi dà una carica incredibile, essere qui per me è un punto d’arrivo...», confida questo venticinquenne che si è formato nel vivaio dell’Empoli. I casi della vita: «Io conservo solo le maglie delle squadre in cui ho militato, ma nel mio armadio ce n’è una amaranto: è di Paulinho, me la regalò un amico di mio padre, perché seguivo tanto il Livorno ai tempi della serie A». E in A gli amaranto ci tornarono proprio con un gol di Paulo Sergio Betanin, playoff, Empoli battuto, 2 giugno 2013. Altro calcio, altra epoca, che dire: ora lavori in corso per uscire dai Dilettanti.

Intanto si soffre, cari miei. E soffre anche Filippo che sta per terminare di scontare la pena (5 giornate) e dopo il Ponsacco se il tecnico Fossati vorrà, potrà........

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