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LIVORNO. Erano i primi di dicembre del 2017. Gli telefonano da Piombino: “Corri Andrea, tuo padre...”. Il Capitano in quel momento si trovava in un negozio di telefonia in rappresentanza della squadra. S’infilò in auto col cuore in gola, ma fu tutto inutile: il suo babbo Mauro, 61 anni, era stato stroncato da un infarto sotto gli occhi della moglie, all’uscita da un supermercato. Era mercoledì. Il Livorno lottava per tornare in serie B (e ce la fece). Il tecnico Andrea Sottil lo chiamò: “Andrea, per domenica non ti convoco, devi stare con i tuoi...”. E lui: “No mister, mio padre sarebbe il primo a dirmi di giocare.. .”. E giocò, Andrea, e a Carrara fu il migliore in campo.

Tra i grandi amaranto

Quanti al suo posto avrebbero trovato questa forza? Solo per questo è da collocare sul gradino più alto, assieme ai grandi della storia unionista. Ed è anche per quel giorno drammatico di sette anni fa che Andrea Luci si è legato a doppio filo all’Unione, tanto che quella stagione iniziò a “scrivere” le pagine della sua leggenda in amaranto; quella di un mediano infaticabile, tutto lavoro e determinazione, capace di mettersi sempre a disposizione con la stessa carica positiva, anche se mandato in campo per soli 5’.

Giocatore prezioso

Un aggettivo giusto lo trovò Antonio Conte, quando nel novembre del 2013 venne con la Juve all’Ardenza, nel momento in cui Andrea aveva reso nota la malattia progressiva di suo figlio che aveva appena 6 anni (da brividi in Curva Nord lo striscione di 60 metri di solidarietà al Capitano e in favore della ricerca per la FOP). Naturalmente il tecnico bianconero ebbe parole di grande vicinanza e confessò: “Luci è prezioso. Varie volte ho provato a farlo venire nelle mie squadre...”. Già, prezioso. Otto lettere: otto come il numero che Andrea porta sulle spalle da una vita. E prezioso lo è anche dopo dieci anni: il 30 marzo compirà 39 anni.

Esempio con i fatti

«Non sento la fatica, ho tante motivazioni e mi diverto pure», ammette il Capitano dopo l’allenamento di ieri sul campo di Borgo Cappuccini.

Non ci piacciono i senatori che guidano le squadre con i gesti delle braccia; siamo per quelli che danno l’esempio correndo: poche parole e tanta sostanza, come questo mediano da 400 partite in amaranto, oltre 600 in carriera che lasciò la cantera piombinese del Salivoli a 11 anni per Firenze e poi per Torino, sponda Juve, con la quale vinse due Tornei di Viareggio.

A Pescara la svolta

La Juve lo manda alla Torres e poi al Pescara. Era il Pescara di Ballardini. «A fine campionato – ci racconta – capii che avrei potuto ritagliarmi uno spazio nel calcio. Avevo appena 21 anni, tanta voglia di fare e tanta riconoscenza verso mio padre che sin dall’età di cinque anni mi aveva seguito con dedizione. Ecco perché scesi in campo dopo la sua morte: perché lui viveva delle mie partite, viveva in simbiosi con me, felice che ce l’avessi fatta...».

Mauro Lessi un mito

Poi tre anni stupendi ad Ascoli e la chiamata a Livorno: 2010-2020, tutti d’un fiato. «Quando arrivai – racconta – sentii subito la responsabilità e il piacere di indossare questa maglia. Non mi sarei mai immaginato di superare il record di Mauro Lessi che tuttavia, per me, resta un mito al vertice della classifica».

Baldini uomo di valori

Dieci anni consecutivi in amaranto col numero 8 sulle spalle, la C, la B e i fasti della A, poi il lento declino della società, ma un giorno, a fine 2020 capisce che per lui nel club di Spinelli non c’è posto. «Provai tanta amarezza, perché non mi cercarono più: o smettevo o mi cercavo un’altra squadra perché ero fisicamente a posto ed avevo anche bisogno di guadagnare». Lo chiama la Carrarese, serie C1. «È stato fondamentale l’incontro con Silvio Baldini – ci tiene a sottolineare – che oltre ad essere un grande allenatore è un uomo che nel calcio porta valori incredibili e tratta i suoi giocatori come dei figli».

Col Tau per la svolta

Fallimento dell’As Livorno, nasce l’Unione Sportiva Livorno. «Mi hanno richiamato in Eccellenza e sono stato felice di tornare perché ho famiglia qua. Però della Carrarese avrò per sempre un bellissimo ricordo.

Terzo anno nei dilettanti. Sentenzia il Capitano: «Siamo davvero un bel gruppo, un gruppo solido, composto da ragazzi onesti, perbene. Possiamo sempre farcela a riagguantare la Pianese e il Folgav, ma ci vorrà continuità e dovremo riprendere dalla partita con il Ghivizzano, dove abbiamo dato il meglio di noi stessi. Ecco, sabato prossimo ad Altopascio contro il forte Tau dovremo giocare di nuovo in questa maniera».

Sosta benefica

Spiega: «La sosta ci farà bene perché avremo modo di assimilare ancora meglio il progetto tattico del tecnico Fossati. Ogni allenamento un passo avanti. Vedo progressi sotto tutti i punti di vista. Ripeto dovremo trovare continuità, nel calcio non ci dobbiamo mai rassegnare».

Futuro in panchina

Tra poco avrà 39 anni. «Cosa c’è nel mio futuro? I 40 anni in campo vorrei compierli, se sarà d’accordo la società. Ad oggi, fisicamente, mi sento a posto; mi alleno con entusiasmo e reagisco bene. Sì, posso aver perso un po’ di rapidità, ma la partita la reggo bene. Tuttavia – sottolinea Andrea – deciderò a fine stagione, anche se mi piacerebbe lasciare con il Livorno tornato nei professionisti». Nel suo futuro una panchina. «Ho già il patentino per allenare in serie D e fare ilsecondo in serie C. Da vecchio (e sorride, ndr) vorrei fare il tecnico». Saluta e scappa a casa. Campo, famiglia, e la gestione della sua palestra Evo One, al Parco del Levante. Una vita di corsa per il Capitano, che pur toccato duro dalla vita non arretra di un centimetro.

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«Voglio rivedere il Livorno tra i pro allora potrei pensare di lasciare»

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11.02.2024

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LIVORNO. Erano i primi di dicembre del 2017. Gli telefonano da Piombino: “Corri Andrea, tuo padre...”. Il Capitano in quel momento si trovava in un negozio di telefonia in rappresentanza della squadra. S’infilò in auto col cuore in gola, ma fu tutto inutile: il suo babbo Mauro, 61 anni, era stato stroncato da un infarto sotto gli occhi della moglie, all’uscita da un supermercato. Era mercoledì. Il Livorno lottava per tornare in serie B (e ce la fece). Il tecnico Andrea Sottil lo chiamò: “Andrea, per domenica non ti convoco, devi stare con i tuoi...”. E lui: “No mister, mio padre sarebbe il primo a dirmi di giocare.. .”. E giocò, Andrea, e a Carrara fu il migliore in campo.

Tra i grandi amaranto

Quanti al suo posto avrebbero trovato questa forza? Solo per questo è da collocare sul gradino più alto, assieme ai grandi della storia unionista. Ed è anche per quel giorno drammatico di sette anni fa che Andrea Luci si è legato a doppio filo all’Unione, tanto che quella stagione iniziò a “scrivere” le pagine della sua leggenda in amaranto; quella di un mediano infaticabile, tutto lavoro e determinazione, capace di mettersi sempre a disposizione con la stessa carica positiva, anche se mandato in campo per soli 5’.

Giocatore prezioso

Un aggettivo giusto lo trovò Antonio Conte, quando nel novembre del 2013 venne con la Juve all’Ardenza, nel momento in cui Andrea aveva reso nota la malattia........

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