Il rischio è perdere un patrimonio. Il commercio di vicinato non è più solo un servizio, magari l’unico di un paese o di un borgo, è la storia della nostra regione. È l’identità della Toscana che non passa da piazze vuote o solo dalle opere d’arte. Passa da quei volti, che spuntano da dietro i banconi, e che sono il primo biglietto da visita per chi arriva da fuori o la persona a cui rivolgersi in caso di necessità quando si comincia a diventare anziani e i figli sono lontani.

L’e-commerce in questa storia è croce e delizia. Croce perché ha “agevolato” la chiusura di tanti negozi più piccoli e meno strutturati e, oggi, delizia perché tanti di quei negozi oggi riescono (o potrebbero riuscire) a tenere le loro saracinesche alzate integrando le loro vendite e ampliando il loro mercato.

Per qualcuno è stato il nonno a vedere per la prima volta in quel fondo vuoto e sfitto un’opportunità. Altre volte è stato il bis, la trisnonna, o il babbo, a immaginarsi anche quando non c’era il bancone dove servire il caffè, i tavoli dell’osteria o gli scaffali da cui i clienti avrebbero scelto scarpe o vestiti. All’interno non ci sono solo transazioni in denaro, merce che entra e che esce. Ci sono vicende, ricordi accumulati. Un patrimonio che – in un contesto regionale e nazionale in cui il numero di attività commerciali cala di anno in anno – non può sparire. E così Empoli “difende” le sue più antiche attività con il primo regolamento a tutela delle “Botteghe storiche empolesi”. Lo ha approvato all’unanimità, con l’appoggio di tutte le forze politiche, l’amministrazione comunale. A breve ci sarà un albo in cui si potranno iscrivere tutte quelle realtà – botteghe artigiane, bar, ristoranti e attività commerciali – che hanno alle spalle appunto oltre 40 anni di vita, senza passaggi di proprietà. Saranno pubblicizzate sui siti web, nei vari percorsi turistici, nei progetti di valorizzazione del territorio, saranno parte attiva nelle iniziative del Comune. Un modo per favorirne lo sviluppo mentre i decenni passano.

Va detto, Empoli non è l’unica ad aver deciso di tutelare in questo modo le proprie botteghe storiche. C’è chi ci ha anche creato attorno un’organizzazione intera, con giornata dedicata e un circuito di iniziative come Firenze, precursore in questo senso. Ma Empoli rappresenta la nascita di un movimento per aiutare i negozi, di una nuova sensibilità. «In linea di massima, però, atti formali veri e propri di questo tipo non si registrano nelle province di Prato, Grosseto, Pisa, Lucca, Viareggio e Livorno», fa sapere Gianluca Naldoni, responsabile dell’area commercio per Confesercenti Toscana. «Quella di Empoli – sottolinea Naldoni – sarebbe un’iniziativa da esportare, un segnale importante da dare insieme ad altre azioni».

A Massa, ad esempio, fu fatta una proposta molto simile, con investimenti a fondo perduto da dare anche alle attività “antiche”. «Il percorso – racconta Andrea Poggianti, capogruppo di FdI in consiglio comunale a Empoli e primo firmatario della mozione – è iniziato quattro anni fa con l’obiettivo di tutelare il piccolo commercio e preservarlo da esercizi che non sono coerenti col tessuto storico cittadino». Di quella proposta originaria è rimasto tutto, «tranne l’idea di garantire aiuto in termini economici con sgravi fiscali».

Ed è proprio questo il passo successivo che si dovrebbe fare per Aldo Cursano, presidente regionale di Confcommercio. «Il problema vero delle botteghe storiche – sottolinea – è come farle sopravvivere in un contesto di speculazione fondiaria con affitti di capogiro, spesso in centri storici sempre più turistici. Molti locali che hanno raccontato la storia della città alzano bandiera bianca perché le funzioni dei centri storici si sono spostate nei centri commerciali. Va bene considerare le realtà storiche luoghi da salvaguardare, ma il problema è sempre di più la loro sostenibilità economica. Per loro occorre quindi una legge speciale che ne abbatta la fiscalità, i costi comunali, che consenta una deducibilità importante sugli affitti, contribuendo così in modo concreto ai sacrifici di chi fa sopravvivere un simbolo della città, al pari dei monumenti». Ma spesso le realtà storiche sono anche quelle che hanno dimostrato una maggiore resistenza.

«La vita media di un negozio che apre in Toscana – sottolinea Nico Gronchi, presidente Confesercenti Toscana – è di 18-19 mesi. Significa che le aziende storiche sono quelle che vanno meglio, che resistono di più. E le attività storiche svolgono anche una funzione sociale per il quartiere, la piazza e le vie in cui operano: è un riconoscimento del loro valore sociale».

«Il nostro obiettivo – spiega la sindaca di Empoli Brenda Barnini – è sostenere le nostre attività “anziane”, punto di riferimento per le comunità tali da essere anche luoghi di incontro quotidiano, di relazione, oltre che luoghi di occupazione e delle vere e proprie istituzioni, che si trovino in centro o nelle frazioni. Per questo, dopo un percorso condiviso, abbiamo scelto di valorizzare la storicità di un esercizio e di mettere in campo un ulteriore strumento per difendere la vitalità del tessuto commerciale».


QOSHE - Botteghe storiche, un regolamento per salvarle: dall'albo online ai percorsi turistici, cosa prevede il "modello Empoli" - Sara Venchiarutti
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Botteghe storiche, un regolamento per salvarle: dall'albo online ai percorsi turistici, cosa prevede il "modello Empoli"

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15.02.2024

Il rischio è perdere un patrimonio. Il commercio di vicinato non è più solo un servizio, magari l’unico di un paese o di un borgo, è la storia della nostra regione. È l’identità della Toscana che non passa da piazze vuote o solo dalle opere d’arte. Passa da quei volti, che spuntano da dietro i banconi, e che sono il primo biglietto da visita per chi arriva da fuori o la persona a cui rivolgersi in caso di necessità quando si comincia a diventare anziani e i figli sono lontani.

L’e-commerce in questa storia è croce e delizia. Croce perché ha “agevolato” la chiusura di tanti negozi più piccoli e meno strutturati e, oggi, delizia perché tanti di quei negozi oggi riescono (o potrebbero riuscire) a tenere le loro saracinesche alzate integrando le loro vendite e ampliando il loro mercato.

Per qualcuno è stato il nonno a vedere per la prima volta in quel fondo vuoto e sfitto un’opportunità. Altre volte è stato il bis, la trisnonna, o il babbo, a immaginarsi anche quando non c’era il bancone dove servire il caffè, i tavoli dell’osteria o gli scaffali da cui i clienti avrebbero scelto scarpe o vestiti. All’interno non ci sono solo transazioni in denaro, merce che entra e che esce. Ci sono vicende, ricordi accumulati. Un patrimonio che – in un contesto regionale e nazionale in cui il........

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