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LIVORNO. «Sono innocente, non ho ucciso Denny. Prima di morire mi ha abbracciato dicendomi: “Sei il mio amico, il numero uno”. Non capisco come mai le persone mi reputino un assassino, ma non è così: subito dopo la tragedia io, mia moglie e i miei due figli siamo andati in Tunisia, ma poi siamo tornati a Livorno. Se fossi io il colpevole pensate davvero che sarei tornato in Italia? No. Sono tornato per raccontare tutto ai carabinieri, perché io con l’omicidio non c’entro niente. Confido della giustizia, ma ho paura che le persone che mi hanno picchiato dopo aver firmato in caserma mi trovino di nuovo. Io non le conosco, non so chi sia stato».

Hamed Hamza – il trentatreenne tunisino indagato insieme all’amico Amine Ben Nossra per omicidio preterintenzionale per la morte del ventinovenne livornese Denny Magina – parla per la prima volta dopo l’arresto disposto dal tribunale, misura cautelare da quasi un mese non più in vigore. Lo fa mentre si trova, sempre in regime di custodia preventiva, a casa con l’obbligo di dimora in città e il divieto di uscire di casa dalle 22 alle 7 per il pericolo di fuga. Il giovane, indagato anche per il presunto spaccio di cocaina proprio dall’appartamento che occupava abusivamente, torna a ribadire la sua innocenza dopo il dramma della Guglia. Era la notte fra il 21 e il 22 agosto del 2022 quando Magina, ormai diventato il “bimbo” di tutti i livornesi, precipita da una finestra al quarto piano dell’alloggio popolare di via Giordano Bruno. Secondo il pubblico ministero titolare dell’inchiesta, Giuseppe Rizzo, sarebbe stato colpito con un pugno proprio da Hamza, soprannominato “Il pugile”, e poi avrebbe perso l’equilibro cadendo dallo stabile. Morendo in ospedale dopo il trasporto d’urgenza con un’ambulanza della Svs di via San Giovanni. «Fantascienza», così il trentatreenne liquida le ipotesi accusatorie.

«Quando Denny è precipitato io non ero in quella stanza – prosegue Hamza – ero di là insieme agli altri due ragazzi (Ben Nossra, attualmente con obbligo di dimora a Udine, e il trentenne livornese Niko Casoli, in carcere ma per altri reati ndr). Niko è stato l’ultimo a vederlo, poi ci ha raggiunto. Il segno dell’anello che indossavo su una sua ferita? Lo ripeto: è fantascienza. Io non sono assolutamente il responsabile della morte di Denny, lui che purtroppo è deceduto lo sa. Ho paura del giudizio dei livornesi, so che non mi credono ed è un problema perché io vivo qui con mia moglie e miei figli che sono nati in questa città e qui vogliono crescere».

A parlare è anche la compagna Rima, che a sua volta rompe il silenzio sulla tragedia della Guglia. «Hamza e Denny erano molto amici – le sue parole – e lui era un bimbo d’oro. Lui lo sa cos’è successo, ma purtroppo non potrà mai dire la verità perché non è più con noi. Come è deceduto? È caduto, Hamza non c’entra niente. Quando lui è precipitato io stavo dormendo, poi mi sono svegliata e sono scesa giù. Ho aspettato l’arrivo dell’ambulanza e sono andata via».

Secondo i carabinieri, che dopo la tragedia sono entrati nell’appartamento occupato senza trovare più nessuno, dopo la morte di Denny c’è stato il fuggi fuggi generale. Due testimone, con il telefonino, hanno infatti ripreso gli attimi successivi al dramma, in cui si vedono anche persone affacciarsi dal condominio dell’istituto provinciale per l’edilizia popolare. Nessuno, poi , ha poi più messo piede in quell’alloggio.

L’inchiesta nel frattempo sta proseguendo, con Hamza e Ben Nossra che sono imputati per spaccio di droga e indagati, visto che il filone del delitto è più indietro rispetto a delle presunte cessioni di cocaina, per omicidio preterintenzionale. Entrambi hanno il divieto di uscire di casa la notte e l’obbligo di dimora nelle città dove abitano, rispettivamente Livorno e Udine. Il pubblico ministero, per loro, sull’ipotesi del delitto ha chiuso le indagini e a breve chiederà il rinvio a giudizio, mentre per Casoli è stata chiesta l’archiviazione per mancanza di prove sufficienti a sostenerne un processo (è in carcere a Prato, ma per altri reati ndr). «Noi restiamo qui fino alla fine – conclude Rima, la compagna di Hamza – confidiamo nella giustizia e aspetteremo la decisione del tribunale. Non siamo scappati subito dopo la tragedia, anzi siamo ritornati a Livorno dopo essere stati per un periodo in Tunisia, quindi restiamo fiduciosi sul fatto che si arrivi alla verità».

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Denny Magina, parla il “pugile” Hamza: «Non l’ho ucciso, era un amico. Le sue parole prima di morire»

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22.04.2024

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LIVORNO. «Sono innocente, non ho ucciso Denny. Prima di morire mi ha abbracciato dicendomi: “Sei il mio amico, il numero uno”. Non capisco come mai le persone mi reputino un assassino, ma non è così: subito dopo la tragedia io, mia moglie e i miei due figli siamo andati in Tunisia, ma poi siamo tornati a Livorno. Se fossi io il colpevole pensate davvero che sarei tornato in Italia? No. Sono tornato per raccontare tutto ai carabinieri, perché io con l’omicidio non c’entro niente. Confido della giustizia, ma ho paura che le persone che mi hanno picchiato dopo aver firmato in caserma mi trovino di nuovo. Io non le conosco, non so chi sia stato».

Hamed Hamza – il trentatreenne tunisino indagato insieme all’amico Amine Ben Nossra per omicidio preterintenzionale per la morte del ventinovenne livornese Denny Magina – parla per la prima volta dopo l’arresto disposto dal tribunale, misura cautelare da quasi un mese non più in vigore. Lo fa mentre si trova, sempre in regime di custodia preventiva, a casa con l’obbligo di dimora in città e il divieto di uscire di casa dalle 22 alle 7........

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