La guerra entra nel suo quinto mese, il bilancio delle vittime civili è sempre più catastrofico, ma il cessate il fuoco tra Israele e Hamas non è ancora arrivato.

Il 7 febbraio il fossato tra le posizioni dei due schieramenti è sembrato ancora troppo profondo. Tuttavia, le trattative vanno avanti e riprenderanno l’8 febbraio al Cairo, naturalmente senza contatti diretti tra Israele e Hamas. Sono il Qatar e l’Egitto a fare da intermediari, e gli Stati Uniti da padrini.

I punti della discussione sono ormai noti: la durata della tregua, la liberazione degli ostaggi civili e militari, e la scarcerazione dei detenuti palestinesi. Quanti detenuti per ogni ostaggio? A novembre erano stati tre, con l’esclusione di chi era stato condannato per aver versato del sangue. Possiamo credere che la proporzione sarà la stessa? E cosa faranno le truppe israeliane? Questi sono i motivi della discordia.

Hamas ha fatto sapere qual è la sua posizione, massimalista e sicuramente negoziabile. L’organizzazione chiede un cessate il fuoco di 135 giorni, la liberazione degli ostaggi in diverse fasi in cambio del rilascio di 1.500 detenuti (di cui cinquecento condannati all’ergastolo, dunque ritenuti colpevoli di reati gravi) e il ritiro delle forze israeliane da Gaza.

Questa piattaforma è chiaramente inaccettabile per Israele, e non solo per l’estrema destra che non vuole alcun accordo e minaccia di far cadere la coalizione al governo in caso di un cessate il fuoco. La sera del 7 febbraio la proposta di Hamas è stata bocciata senza mezzi termini anche dal primo ministro israeliano. Benjamin Netanyahu conferma che l’obiettivo è eliminare Hamas e ottenere una “vittoria totale”, senza però definirne i contorni.

Ma allo stesso tempo buona parte dell’opinione pubblica israeliana chiede a gran voce il rilascio degli ostaggi, con l’eterno dilemma del prezzo da pagare per ottenerlo. In un comunicato recente, gli ostaggi liberati a novembre hanno dichiarato che abbandonare le persone rimaste nelle mani di Hamas rappresenterebbe “una macchia per le generazioni future”. La loro forza morale ha un grande peso all’interno di Israele.

Nel frattempo la guerra continua e prende una piega sempre più pericolosa. L’obiettivo dell’esercito israeliano è ormai Rafah, città nel sud della Striscia di Gaza, al confine con l’Egitto. A Rafah c’è tantissima gente, perché è lì che si è radunata la popolazione civile in fuga dall’avanzata dell’esercito. Le condizioni di vita nel centro urbano sono catastrofiche.

Un attacco di terra avrebbe sicuramente conseguenze tragiche in termini di vittime civili. Il 7 febbraio il segretario generale dell’Onu António Guterres e quello di stato americano Antony Blinken hanno invitato Israele a non sottovalutare le conseguenze sul piano umano di un attacco a Rafah. Ma resta il fatto che da diverse settimane gli statunitensi chiedono pubblicamente a Israele di risparmiare i civili, senza ottenere risultati. Lo stato ebraico continuerà a ignorare dichiarazioni che sembrano rilasciate a uso e consumo della comunità internazionale.

Questa situazione suscita un forte pessimismo rispetto alle possibilità di ottenere un cessate il fuoco, ma ci stiamo comunque avvicinando al momento della verità, quello in cui Israele capirà che il prezzo politico di questa guerra sanguinaria è troppo elevato, e le conseguenze controproducenti.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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La tregua fra Israele e Hamas è ancora lontana

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08.02.2024

La guerra entra nel suo quinto mese, il bilancio delle vittime civili è sempre più catastrofico, ma il cessate il fuoco tra Israele e Hamas non è ancora arrivato.

Il 7 febbraio il fossato tra le posizioni dei due schieramenti è sembrato ancora troppo profondo. Tuttavia, le trattative vanno avanti e riprenderanno l’8 febbraio al Cairo, naturalmente senza contatti diretti tra Israele e Hamas. Sono il Qatar e l’Egitto a fare da intermediari, e gli Stati Uniti da padrini.

I punti della discussione sono ormai noti: la durata della tregua, la liberazione degli ostaggi civili e militari, e la scarcerazione dei detenuti palestinesi. Quanti detenuti per ogni ostaggio? A novembre erano stati tre, con l’esclusione di chi era stato condannato per aver versato del sangue. Possiamo credere che la proporzione sarà la stessa? E cosa faranno le truppe........

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