La legge sull’Autonomia differenziata, approvata dal Senato e ora alla Camera, consente alle Regioni a statuto ordinario che ne facciano domanda di gestire a livello locale 23 aree di competenza e di finanziare le relative spese trattenendo sul territorio parte delle imposte pagate dai contribuenti della stessa Regione. Quest’ultima è la vera novità, perché la gestione locale di alcune politiche era già possibile: la sanità ne è l’esempio più importante. Insomma, si decentralizzano la gestione della spesa e anche le entrate necessarie a finanziarla.

Facciamo un esempio. Tra le 23 materie c’è l’istruzione. Supponiamo che la Lombardia chieda di avere l’autonomia per l’istruzione e che il costo di questo servizio sia di 10 miliardi di euro (per pagare insegnanti ecc.). La Lombardia non riceverà soldi da Roma (come nel caso della sanità), ma riceverà una compartecipazione alle imposte pagate dai contribuenti lombardi inizialmente equivalente a 10 miliardi. Una parte della base imponibile diventa lombarda, non è più condivisa con le altre Regioni. Quindi, se in futuro i redditi dei lombardi aumenteranno più rapidamente di quelli delle altre Regioni, le corrispondenti imposte resteranno in Lombardia. Una precisazione: in linea di principio, il costo del servizio (i 10 miliardi nell’esempio) sarà calcolato in base a un livello standard, non in base alla spesa storica. E parecchio lavoro sarà richiesto per definire questo standard. Ma, in pratica, difficilmente i costi standard differiranno molto da quelli storici.

Che conseguenze ci saranno? Tre punti sono rilevanti.

Primo: viene violato il principio di solidarietà tra Regioni a statuto ordinario (e tra individui a reddito alto e a reddito basso, visto che il reddito pro capite non è distribuito uniformemente tra Regioni). Le risorse, in parte, non saranno più convogliate a Roma e redistribuite, ma resteranno in Regione. Naturalmente se il Sud crescerà più del Nord ne trarrà maggiori benefici, ma in caso opposto sarà il Nord a esserne avvantaggiato. È vero che tutte le Regioni dovranno rispettare i livelli essenziali di prestazione (Lep), ancora da definire, ma l’esperienza della sanità dice che la definizione di questi livelli (chiamati Lea per la sanità) non ha garantito certo uguali prestazioni in tutta Italia.

Secondo: attribuendo alla legislazione regionale 23 nuove aree si complica il sistema legislativo italiano. È vero che questo accade in tutti gli Stati federali, ma le nostre Regioni sono, in media, abbastanza piccole: per esempio, la dimensione media dei Länder tedeschi (come popolazione) è quasi il doppio di quella delle Regioni italiane.

Terzo: la spesa totale potrebbe aumentare. Se le Regioni che chiedono l’autonomia cresceranno di più e tratterranno più risorse sul loro territorio, per rispettare i Lep sarà necessario aumentare la spesa totale. Inoltre, il costo della burocrazia per gestire in modo decentrato, e non a Roma, le 23 aree probabilmente crescerà. Eppure la legge non prevede risorse aggiuntive, almeno per ora.

Non esprimo nessun giudizio di merito sulla riforma. C’è chi sosterrà che il decentramento della spesa e delle entrate sia di per sé un valore che supera i problemi sopra citati. C’è chi sosterrà il contrario. Ma occorre essere chiari su quali saranno i cambiamenti che deriveranno dalla riforma.

QOSHE - Tre cose che la Destra si dimentica di dire sull'Autonomia differenziata - Carlo Cottarelli
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Tre cose che la Destra si dimentica di dire sull'Autonomia differenziata

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06.02.2024

La legge sull’Autonomia differenziata, approvata dal Senato e ora alla Camera, consente alle Regioni a statuto ordinario che ne facciano domanda di gestire a livello locale 23 aree di competenza e di finanziare le relative spese trattenendo sul territorio parte delle imposte pagate dai contribuenti della stessa Regione. Quest’ultima è la vera novità, perché la gestione locale di alcune politiche era già possibile: la sanità ne è l’esempio più importante. Insomma, si decentralizzano la gestione della spesa e anche le entrate necessarie a finanziarla.

Facciamo un esempio. Tra le 23 materie c’è l’istruzione. Supponiamo che la Lombardia chieda di avere l’autonomia per l’istruzione e che il costo di questo servizio sia di 10 miliardi di euro (per pagare insegnanti ecc.). La Lombardia non riceverà soldi da Roma (come nel caso........

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