Tornano su Amazon Prime Video le indagini di Carlo Monterossi. L’autore televisivo indolente, innamorato della musica di Bob Dylan, a cui dà il volto uno svogliato Fabrizio Bentivoglio, si trova al centro di un nuovo caso. Dopo l’adattamento di due romanzi di Alessandro Robecchi, editi da Sellerio, Questa non è una canzone d’amore e Di rabbia e di vento, la seconda stagione trae spunto da un altro testo robecchiano, Torto marcio, sceneggiato in cinque puntate, dallo stesso scrittore insieme a Davide Lantieri e al regista Roan Johnson. L’andamento frammentario della prima stagione si conferma incoerente anche in questa seconda. La Milano “televisiva” e delirante è lo scenario in cui si compiono nuovi omicidi inspiegabili, correlati da un inquietante rituale. La vita di tre ragazzi si trova in balia degli eventi delittuosi all’interno della multietnica zona di Piazza Selinunte. Monterossi, che si annoia mortalmente a firmare come autore un programma che mette in scena la “tivù del dolore”, preferisce sedurre belle donne e giocare al Tenente Colombo con i collaboratori Nadia Federici (Martina Sammarco) e Luca Nucera (Oscar Falcone). Le storie che risultano separate tra loro si uniscono in uno “spiegone conclusivo” che desta sconcerto e disorienta lo spettatore. C’è poi chi le indagini è costretto a seguirle per mestiere, come i poliziotti Ghezzi (Diego Ribon) e Carella (Tommaso Ragno) con la fidata agente Sannucci (Marina Occhionero) e il loro capo Gregori (Beatrice Schiros), che si troveranno a dover svolgere indagini segrete e parallele a quelle ufficiali dopo che verrà tolto loro il caso a causa della fama e del successo delle vittime, invischiate nei giochi di potere della Milano Bene. La polizia si troverà quindi a dover indagare in modo più spartano, sentendoci maggiormente vicino ai metodi e alle intuizioni del personaggio titolare, finora guardato con diffidenza com’è tipico di questo tipo di storie.

Monterossi, insieme ai fidati assistenti Nadia (Martina Sammarco) e Oscar (Luca Nucera), si trova ad indagare sui casi in questione per un motivo molto semplice: la terribile e attualissima conduttrice di Crazy Love, Flora De Pisis (interpretata da una frizzantissima Carla Signoris) ha fatto virare la linea editoriale del programma sulla cronaca nera e possibilmente sanguinolenta, con quel tocco umano sensazionalista alla Barbara D’Urso mista a Maria De Filippi a cui chiaramente si ispira, e lui è costretto a limitarne i danni cercando come ospiti i parenti delle varie vittime. Fabrizio Bentivoglio ritrae un protagonista ancora più disilluso rispetto alla prima stagione, soprattutto per ciò che è diventato il programma tivù che aveva creato, ponendo una riflessione tra le righe meta-televisiva sull’intrattenimento oggi e sull’ossessione sempre più spasmodica e fuori controllo per il true crime, nonché per l’apparenza e la percezione attraverso i social media, sulla vetrina che i media danno ad alcune persone rispetto ad altre. Ancora più che nel ciclo inaugurale, Carlo Monterossi è diviso tra le due sue anime in queste nuove cinque puntate: autore televisivo che vorrebbe abbandonare la nave che lui stesso ha creato, ma in fondo non vuole rinunciare al proprio stile di vita, e detective per caso che vuole indagare la mente umana e scoprirne stimoli e sentimenti. Peccato che lo faccia in modo abbastanza svogliato, insieme agli altri interpreti e personaggi, nonostante cerchino di metterci un minimo di carisma e appeal, anche attraverso la regia di Roan Johnson.

(*) La recensione della prima stagione della serie tivù Monterossi

Aggiornato il 07 dicembre 2023 alle ore 08:02:17

QOSHE - Visioni. “Monterossi”, delude la seconda stagione della serie - Andrea Di Falco
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Visioni. “Monterossi”, delude la seconda stagione della serie

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07.12.2023

Tornano su Amazon Prime Video le indagini di Carlo Monterossi. L’autore televisivo indolente, innamorato della musica di Bob Dylan, a cui dà il volto uno svogliato Fabrizio Bentivoglio, si trova al centro di un nuovo caso. Dopo l’adattamento di due romanzi di Alessandro Robecchi, editi da Sellerio, Questa non è una canzone d’amore e Di rabbia e di vento, la seconda stagione trae spunto da un altro testo robecchiano, Torto marcio, sceneggiato in cinque puntate, dallo stesso scrittore insieme a Davide Lantieri e al regista Roan Johnson. L’andamento frammentario della prima stagione si conferma incoerente anche in questa seconda. La Milano “televisiva” e delirante è lo scenario in cui si compiono nuovi omicidi inspiegabili, correlati da un inquietante rituale. La vita di tre ragazzi si trova in balia degli eventi........

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