La giovanissima Giulia Cecchettin è stata barbaramente uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta. Nella sua agghiacciante ferocia la vicenda sarebbe chiara, se non fosse che la solita sinistra si è inserita nel fatto di cronaca per provare a gettare sulle spalle della cultura di destra la responsabilità morale dell’orrendo crimine. Il delirio iconoclasta dei progressisti contro i fondamenti ideali e valoriali della destra non conosce decenza. Cosa si sono inventati? Che ad armare la mano omicida di Turetta sia stato un mandante morale: la cultura patriarcale. Per i progressisti vi sarebbe un evidente nesso causale tra la dominante maschile nella strutturazione dell’istituto del patriarcato e la selvaggia aggressione all’incolpevole Giulia. Se non ci fosse di mezzo la vita spezzata di una ragazza sarebbe da sbellicarsi dalle risate. Occorrerebbe maggiore criterio quando si parla all’opinione pubblica. Purtroppo, il buonsenso di questi tempi è merce rara, soprattutto dalle parti della sinistra. Ma tant’è.

Tuttavia, non basta dare doverosamente degli idioti a coloro che, dal palcoscenico mediatico, vomitano nefandezze sulla cultura di destra. Bisogna spiegare il perché. Cominciamo con una constatazione lapalissiana: se viviamo oggi in un mondo occidentale pieno di bellezza e di benessere, pur con le sue inevitabili contraddizioni e zone d’ombra, lo dobbiamo totalmente a chi ha costruito quella storia che, piaccia o no, ci appartiene. Per secoli la strutturazione patriarcale della vita comunitaria ha costituito un pilastro portante dell’organizzazione sociale. Che fosse un modello perfetto di interazione tra individui, non lo era. Che sia il paradigma egemone nelle società di questo tempo storico, non lo è. Che lo si possa analizzare contestualizzandolo nelle fasi storiche in cui ha dispiegato i suoi effetti, è possibile. È, invece, insopportabile la pretesa demagogica del mondo progressista di giudicare la storia usando i codici ermeneutici del presente, come a voler guardare con le lenti dell’oggi gli accadimenti di ieri e dell’altro ieri. Sbagliato, oltre che stupido.

I progressisti non sanno – o fingono di non sapere – che patriarcato, paternalismo, maschilismo, misoginia, non sono sinonimi ma appartengono ciascuno a differenti categorie concettuali. Perciò, asserire che, a causa del patriarcato, le donne siano state vittime in tutti i sensi del potere maschile e non abbiano mai avuto la possibilità di emanciparsi dalla condizione di subalternità a cui erano costrette dall’uomo-padrone, è un plateale falso storico. Già presso la società romana, le donne, benché sottoposte a una legislazione che le escludeva dalle cariche pubbliche, avevano la capacità di costituirsi in soggetto collettivo in grado d’influenzare gli orientamenti legislativi. Si ricorda, al riguardo, la protesta delle “cives” romane che determinò, nel 195 a.C., l’abrogazione della Lex Oppia, emanata nel 215 a.C. per fare cassa durante la Seconda guerra punica (218-202 a.C.). La legge imponeva una tassazione ai patrimoni femminili e una limitazione nell’ostentazione estetica dell’opulenza, vietando alle donne di possedere più di una mezza oncia d’oro e obbligandole a indossare abiti non vistosi. La famiglia tradizionale romana, regolata sulla forma del patriarcato, visse durante la stagione della Repubblica. Con l’avvento dell’Età imperiale cominciò a sgretolarsi dando spazio a forme di comunità famigliari “aperte”, composte da un solo genitore divorziato o vedovo, da coniugi senza prole, o famiglie “plurigenitoriali”, con figli nati da differenti matrimoni. Per non parlare del concubinato o delle famiglie composte da coppie omosessuali. Non vi è dubbio che l’avvento della società ricostruita sulla base dell’etica cristiana abbia fatto fare un passo indietro alla causa dell’emancipazione della donna. Tuttavia, questo è il passato.

Il fatto che la destra abbia a cuore la difesa della Tradizione non significa voler riportare indietro le lancette dell’orologio, ma custodire e trasmettere alle future generazioni il nucleo degli archetipi su cui è fondata la civiltà mediterranea/occidentale. Peraltro, associare la cultura di destra alle logiche del patriarcato in un nesso indissolubile ed esclusivo è un errore marchiano. Se i progressisti si prendessero la briga di studiare, invece di sputare sentenze ignoranti, scoprirebbero che nella cultura di destra è presente una corrente di pensiero che si riconnette alle origini mitiche del matriarcato e alla discendenza matrilineare. Il nome Johann Jakob Bachofen nel Pantheon della destra, vi dice niente? Citofonate a Pietrangelo Buttafuoco, Alessandro Giuli, Marcello Veneziani per saperne qualcosa. E visto che ci tenete tanto a scovare chi abbia armato la mano dell’assassino di Giulia, diciamola una volta per tutte la verità. Tipi come il Turetta agiscono in conseguenza del vuoto ideale e spirituale che delinea la fragilità del loro mondo interiore.

Cari progressisti, vi è piaciuto abbracciare il nichilismo della società fluida? Avete desiderato che tale fluidità abbattesse i solidi pilastri valoriali sui quali per secoli le giovani generazioni hanno forgiato il proprio carattere. Vi siete spesi per demolire l’impianto della famiglia tradizionale; avete issato la bandiera del relativismo morale e culturale; volete cancellare la biologia abolendo la differenza tra il sesso maschile e quello femminile; volete fare dell’identità sessuale un costrutto socio-culturale; negate la storia che vi disturba; avete messo all’indice il concetto di patria, quale terra dei padri alla quale ciascuno dei suoi componenti sente di appartenere per nascita, lingua, cultura, storia e tradizioni; avete spernacchiato tutti coloro che invocavano il rispetto dei più alti valori ai quali votare il futuro di un’umanità migliore; onore, lealtà, dovere, educazione, disciplina, rispetto, gerarchia, senso morale e del limite, sono diventanti parole e concetti impronunciabili. Se è il mandante morale dell’omicidio di Giulia che cercate, lasciate in pace la sociologia e guardatevi allo specchio. Avrete la risposta.

Aggiornato il 24 novembre 2023 alle ore 10:40:48

QOSHE - L’ultima idiozia progressista: Patriarcato, male assoluto - Cristofaro Sola
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L’ultima idiozia progressista: Patriarcato, male assoluto

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24.11.2023

La giovanissima Giulia Cecchettin è stata barbaramente uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta. Nella sua agghiacciante ferocia la vicenda sarebbe chiara, se non fosse che la solita sinistra si è inserita nel fatto di cronaca per provare a gettare sulle spalle della cultura di destra la responsabilità morale dell’orrendo crimine. Il delirio iconoclasta dei progressisti contro i fondamenti ideali e valoriali della destra non conosce decenza. Cosa si sono inventati? Che ad armare la mano omicida di Turetta sia stato un mandante morale: la cultura patriarcale. Per i progressisti vi sarebbe un evidente nesso causale tra la dominante maschile nella strutturazione dell’istituto del patriarcato e la selvaggia aggressione all’incolpevole Giulia. Se non ci fosse di mezzo la vita spezzata di una ragazza sarebbe da sbellicarsi dalle risate. Occorrerebbe maggiore criterio quando si parla all’opinione pubblica. Purtroppo, il buonsenso di questi tempi è merce rara, soprattutto dalle parti della sinistra. Ma tant’è.

Tuttavia, non basta dare doverosamente degli idioti a coloro che, dal palcoscenico mediatico, vomitano nefandezze sulla cultura di destra. Bisogna spiegare il perché. Cominciamo con una constatazione lapalissiana: se viviamo oggi in un mondo occidentale pieno di bellezza e di benessere, pur con le sue inevitabili contraddizioni e zone d’ombra, lo dobbiamo totalmente a chi ha costruito quella storia che, piaccia o no, ci appartiene. Per secoli la strutturazione patriarcale della vita comunitaria ha........

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