Qualche giorno fa la nostra televisione, cioè la Rai, ha fatto davvero servizio pubblico (il vecchio direttore Ettore Bernabei ricordava: “Noi siamo sempre un servizio pubblico, anche con la Carrà”).

Insomma, è stato trasmesso un lungo servizio sugli scavi di Pompei e di Ercolano. Di sfuggita sono stati inquadrati i muri cittadini e, benché sia stato appunto fatto tutto di corsa, si è voluto ricordare che i muri di Pompei offrivano lo spazio per i manifesti del tempo. Una sorta di televisione anticipata di secoli, una specie di giornale, uno spazio sul quale si scambiavano ora insulti, ora lodi, ora promesse di amore e di incontri. Ma, soprattutto, si rincorrevano slogan politici a favore del proprio candidato con l’invito di votarlo, perché migliore degli altri. Ci scusiamo di questa introduzione per così dire storica. E comunque ben nota ai lettori. E chiediamo scusa “a priori” di questo pretesto cui ci costringe la narrazione antisemita, grave, pericolosa, vergognosa, terroristica su cui siamo costretti a ritornare giorno dopo giorno perché, secondo questa scadenza, i muri di Roma e di Milano vengono oltraggiati da scritte antisemite. Con relativi simboli dove prevale quello più spaventoso voluto e imposto da Adolf Hitler, lo sterminatore di ebrei. Giustamente si sono levate condanne a questa vergogna, cioè i muri imbrattati, con l’intrinseco invito a chi di dovere, cioè al Comune, di rimuovere e cancellare sia i simboli che le scritte. Qualcuno ha proposto che i Comuni vigilino su tale banda di teppisti nazifascisti di casa nostra. Come non essere d’accordo con queste che, allo stato, chiamiamo buone intenzioni.

Restiamo in attesa sia delle cancellazioni sia dei non facili arresti. Spesso neppure tentati o minacciati da chi di dovere. Il fatto è che da millenni questa delle scritte sui muri è non soltanto un’abitudine (a Pompei allegra, a Roma e Milano da bloccare, se non estirpare), ma un vero e proprio vizio urbano che nessuna Amministrazione ha mostrato di volere estirpare con controlli, denunce e multe salate. Ci sono scritte che da anni sono visibili, a cui spesso si sovrappongono quelle nuove. Ma nell’indifferenza dei più. Per Milano e Roma, le due maggiori città “privilegiate” da quell’insulsa abitudine e, in questi giorni, da un vero e proprio criminescritto”, si rimane a dir poco stupiti dalla frequenza, dall’intensità, dalla diffusione di scritte, disegni, scarabocchi, addirittura a colori. Firme incomprensibili che si inseguono da una casa all’altra, da un muro all’altro, da un angolo all’altro, dal centro alla periferia. Del resto, la Milano definita civile, europea, democratica, antifascista non è riuscita nella sua assemblea, il Consiglio comunale, a esprimere un ordine del giorno sulle drammatiche e quotidiane vicende relative a Israele. Le nostre città sono state imbrattate giorno dopo giorno (ma di notte) con danni seri alle mura di casa, le cui spese di rifacimento e di ritinteggiatura, spesso, non sono lievi, proprio a causa della ripetitività dei disegni notturni realizzati con le bombolette spray. Troppo raramente chi di dovere è intervenuto e temiamo, purtroppo, che continuerà così. E sarà sempre peggio, proprio per la sostanziale indifferenza della “autorità”. Resta il fatto indegno, in una nazione democratica e amica di Israele, che sussista già nell’idea dei disegnatori di svastiche e stelle di David di poterle non soltanto appaiare, ma anche scriverle impunemente.

Aggiornato il 13 novembre 2023 alle ore 10:08

QOSHE - Quelle scritte sui muri - Paolo Pillitteri
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Quelle scritte sui muri

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13.11.2023

Qualche giorno fa la nostra televisione, cioè la Rai, ha fatto davvero servizio pubblico (il vecchio direttore Ettore Bernabei ricordava: “Noi siamo sempre un servizio pubblico, anche con la Carrà”).

Insomma, è stato trasmesso un lungo servizio sugli scavi di Pompei e di Ercolano. Di sfuggita sono stati inquadrati i muri cittadini e, benché sia stato appunto fatto tutto di corsa, si è voluto ricordare che i muri di Pompei offrivano lo spazio per i manifesti del tempo. Una sorta di televisione anticipata di secoli, una specie di giornale, uno spazio sul quale si scambiavano ora insulti, ora lodi, ora promesse di amore e di incontri. Ma, soprattutto, si rincorrevano slogan politici a favore del proprio candidato con l’invito di votarlo, perché migliore degli altri. Ci scusiamo di questa introduzione per così dire storica. E comunque ben nota ai lettori. E chiediamo........

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