Fra un mese spegnerà 84 candeline. Milanese, ex leader di Rifondazione Comunista, Fausto Bertinotti è il politico che più di ogni altro potrebbe intestarsi la battaglia sulle 35 ore settimanali a parità di salario. E ora che il tema è entrato nella piattaforma dei metalmeccanici, gli brillano gli occhi e la voce sale di un tono: "È una buona notizia, una scelta importante nel panorama così grigio che stiamo vivendo, privo di grandi momenti esaltanti anche dal punto di vista sociale. Si rimette all’ordine del giorno la riduzione dell’orario di lavoro, un tema che era colpevolmente uscito di scena".

Nel 1998, proprio su questo tema, fece cadere il governo Prodi…

"La interrompo subito: è un falso ideologico".

Ci spieghi.

"La rivendicazione delle 35 ore a parità di salari precede di un anno la crisi di governo, era contenuta in una proposta di legge firmata dallo stesso Prodi. Convincemmo il governo che quella era la strada da intraprendere, anche sulla base della legge sulla riduzione dell’orario approvata in Francia. Poi, però, il presidente del Consiglio non mantenne l’impegno e la crisi di governo maturò sulla Finanziaria".

La sua proposta, forse, era un po’ in anticipo sui tempi?

"Casomai è vero il contrario: il tema della riduzione dell’orario di lavoro è uscito di scena proprio quando l’innovazione tecnologica ci mette ormai quotidianamente di fronte alle notizie sulla riduzione del numero degli occupati".

Non è stato sempre così. La grande rivoluzione industriale non ha distrutto il lavoro.

"Ciò che è avvenuto con i processi di ristrutturazione del secolo scorso è stata un’eccezione, non la regola. La compensazione è avvenuta grazie a un intervento straordinario di allargamento dei consumi e a un’enorme politica di welfare. La tesi per cui automaticamente la tecnologia produce lavoro è priva di fondamento storico. Oggi si sono massimizzati i profitti e i salari sono rimasti fermi".

Oggi ci sono le condizioni per ridurre le ore parità di salario?

"Vorrei ricordare che negli Stati Uniti le tre maggiori organizzazioni sindacali nell’automotive hanno proclamato uno sciopero generale rivendicando aumenti salariali del 40%. Hanno chiuso con incrementi attorno al 20-30%. In Italia oggi abbiamo i livelli retributivi di 30 anni fa. In Francia e Germania ci sono stati aumenti del 20-25%".

Però anche la produttività, da noi, non è cresciuta...

"Quando andavano di moda gli economisti del lavoro si diceva che gli aumenti salariali erano una frusta anche per la produttività. Induceva gli imprenditori a investire. La verità è che le imprese si sono impigrite adagiandosi proprio sui bassi salari".

Secondo l’istat abbiamo avuto circa 500mila lavoratori in più. Forse il nostro mercato del lavoro non va così male.

"Cresce il lavoro povero e precario. È arrivato il momento di cambiare marcia. Ricordo che l’ad di un grande istituto di credito non ha battuto ciglio quando i sindacati hanno chiesto un aumento di 400 euro al mese. Ora, finalmente, i metalmeccanici rompono questa sudditanza ai bassi salari".

Perché la politica non cavalca questi temi?

"La società è sempre attraversata da un conflitto di classe che si può vedere o ignorare. Come ha detto il miliardario Usa Warren Buffett, "non è vero che la lotta di classe non c’è stata, solo che l’hanno vinta i ricchi".

Intanto, il sindacato è diviso.

"In questo momento tenderei a sottolineare il fatto nuovo della piattaforma dei metalmeccanici che rompe la tregua imposta e mette sotto accusa la politica economica sociale perseguita negli ultimi anni da tutti i governi, compresi quelli guidati dal centrosinistra".

Ma chi dovrebbe riprendere la lotta di classe? Il Pd?

"La sinistra italiana, non da oggi, è approdata ad una cultura liberale. Invece può esistere solo se capisce il conflitto di classe e sta dalla parte dei lavoratori".

Nostalgia di Rifondazione Comunista?

"Nostalgia non ne ho mai, con Rifondazione abbiamo tentato di favorire il ciclo della lotta sociale che fa politica, ma abbiamo fallito. La sinistra oggi ha abdicato a questo compito, c’è stata una metamorfosi, non sa più leggere il conflitto di classe". Che cosa consiglia a Schlein? "Di leggere il libro di Bernie Sanders sul capitalismo. Fra le altre cose si dice che per rinascere la sinistra politica deve ricominciare dai picchetti...".

QOSHE - Fausto Bertinotti: "Le 35 ore a settimana nostra bandiera, unico vero antidoto al lavoro povero" - Antonio Troise
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Fausto Bertinotti: "Le 35 ore a settimana nostra bandiera, unico vero antidoto al lavoro povero"

14 25
21.02.2024

Fra un mese spegnerà 84 candeline. Milanese, ex leader di Rifondazione Comunista, Fausto Bertinotti è il politico che più di ogni altro potrebbe intestarsi la battaglia sulle 35 ore settimanali a parità di salario. E ora che il tema è entrato nella piattaforma dei metalmeccanici, gli brillano gli occhi e la voce sale di un tono: "È una buona notizia, una scelta importante nel panorama così grigio che stiamo vivendo, privo di grandi momenti esaltanti anche dal punto di vista sociale. Si rimette all’ordine del giorno la riduzione dell’orario di lavoro, un tema che era colpevolmente uscito di scena".

Nel 1998, proprio su questo tema, fece cadere il governo Prodi…

"La interrompo subito: è un falso ideologico".

Ci spieghi.

"La rivendicazione delle 35 ore a parità di salari precede di un anno la crisi di governo, era contenuta in una proposta di legge firmata dallo stesso Prodi. Convincemmo il governo che quella era la strada da intraprendere, anche sulla base della legge sulla riduzione dell’orario approvata in Francia. Poi, però, il presidente del Consiglio non........

© Quotidiano


Get it on Google Play