Per un periodo durato troppo poco, Marco Pantani fu l’idolo assoluto di un Paese intero. Eravamo sul finire del Novecento e idealmente il ciclista con la bandana prese il testimone da Alberto Tomba, il re degli slalom, forse non a caso un altro emiliano romagnolo.

Ah, Pantani! Per quanti fosse banale allora sottolinearlo, davvero la gente comune smetteva di lavorare se una tappa del Giro o del Tour si concludeva in salita. E accendeva la tv. L’attesa per il suo colpo di pedale era diventata uno strumento di inclusione, di integrazione. Nessuno, dalle nonne ai bambini, si sentiva escluso. E in una Italia che invece purtroppo adora dividersi su tutto, dalla politica al pallone, beh, uno così era un patrimonio nazionale.

Una minuscola testimonianza personale per spiegare meglio. A giugno del 1998 stavo a Montreal per seguire la Ferrari di Schumi. Sulle Dolomiti, il Pirata stava lottando per conquistare la maglia rosa. In Canada, per via del fuso orario, era sabato mattina quando tutto doveva decidersi al Giro. E i meccanici della Rossa dovevano preparare la macchina del Kaiser. Il loro capo andò da Jean Todt e non la fece tanto lunga: noi la vettura di Michael la sistemiamo, ma lei nel box tiene i televisori accesi e sintonizzati sulla corsa di Marco (andò proprio così)…

Non di rado, anche con sincerità, da più parti è stato detto che con Pantani è morto anche il ciclismo. Si tratta di una esagerazione, pure ingenerosa verso chi, come Vincenzo Nibali, in bicicletta, ha vinto il Tour e tante altre corse.

Ma è vero, questo sì, che quel sentimento collettivo è svanito, si è dissolto con l’annientamento di un personaggio che come nessuno sapeva conquistare i cuori. Ed è ragionevole il sospetto che Marco Pantani un erede non lo avrà.

Mai.

QOSHE - Marco Pantani, il campione che stregò l’Italia - Leo Turrini
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Marco Pantani, il campione che stregò l’Italia

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14.02.2024

Per un periodo durato troppo poco, Marco Pantani fu l’idolo assoluto di un Paese intero. Eravamo sul finire del Novecento e idealmente il ciclista con la bandana prese il testimone da Alberto Tomba, il re degli slalom, forse non a caso un altro emiliano romagnolo.

Ah, Pantani! Per quanti fosse banale allora sottolinearlo, davvero la gente comune smetteva di lavorare se una tappa del Giro o del Tour si concludeva........

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