Il padre di Pelé si limitava ad ammirare le prodezze del figlio su un vecchio televisore in bianco e nero. Il papà di Maradona non mise mai becco sulle scelte di carriera del Pibe de Oro, lo seguiva a Napoli piuttosto che a Barcellona e buona lì. La mamma di Gianni Rivera al massimo accettava di apparire in fotografia mentre stirava maglietta, calzoncini e calzettoni del suo ragazzo. E chi mai sentì parlare, se non in termini di festeggiamenti casalinghi per le vittorie, della famiglia di Adriano Panatta, di Gustavo Thoeni, di Felice Gimondi?…

Eh, qui non è che siano cambiati i tempi e non è che non ci siano più le mezze stagioni, signora mia. Qui sono diversi proprio i genitori degli idoli, dei campioni, degli eroi da stadio e non solo. Nel nuovo millennio, sempre più stesso la paternità o la maternità diventano uno status symbol, un merito genetico da rivendicare, un titolo da difendere urbi et orbi.

Ultimo esempio, Fayza Lamari. Ignota al mondo, se non fosse che è la mamma di Kylian Mbappé, asso del Paris Saint Germain, campione del mondo con la Francia nel 2018 nonché detentore di un record presumibilmente imbattibile: nella finale iridata del 2022 in Qatar, il figlio della onorabile Fayza ha firmato addirittura una tripletta. Ma la Coppa l’ha alzata, a nome della intera Argentina, l’allora suo compagno di squadra nel club parigino, il leggendario Leo Messi (i cui parenti, sia detto per inciso, hanno sempre rigorosamente evitato le luci della ribalta, eh).

Ha detto dunque Mamma Mbappé, lamentandosi dei denari che il rampollo spende per iniziative di solidarietà: "io incasso la stessa porzione che Kylian devolve annualmente alla fondazione ‘Inspired by KM’ – ha detto la signora nell’intervista al programma di France 2, Envoyé Spécial –. Sinceramente ritengo che il 30% indirizzato verso cause nobili sia una percentuale troppo alta, è uguale alla mia. Dovessi guadagnare di meno, allora gli direi che io per lui lavoro. Piuttosto la pianto lì e me ne vado a godere la pensione ai Caraibi!".

Cuore di mamma? Insomma, anche no. Semmai, qui siamo in presenza di una realtà diversa. L’elefante nella stanza. Il rigurgito di un familismo che può avere tante spiegazioni ma che sta diventando una moda.

Per capirci. Lo juventino Rabiot non prende decisioni senza l’assenso, anche lui!, di una madre padrona che tutto controlla e gestisce. Lazar Samardzic, centrocampista tedesco di origini serve, ha già fatto saltare quattro o cinque contratti perché il papà non era d’accordo. E a volte saltano fuori pure i congiunti più stretti: Paul Pogba, centrocampista campione del mondo con la Francia e francese fu addirittura…sequestrato da un fratello, che pretendeva una percentuale con le buone o con le cattive.

Forse dietro questi episodi di cronaca c’è però qualcosa di più. Ci sta la clamorosa crescita esponenziale dei guadagni dei singoli individui. Un tempo si diceva che un campione, con i suoi incassi, si sistemava per la vita. Oggi, le stelle dello sport incamerano, a torto o a ragione!, talmente tanti quattrini da sistemare intere generazioni. Di discendenti ma anche di antenati, se ancora in buona salute.

Ha detto recentemente Julio Velasco, allenatore di pallavolo, due volte campione del mondo con la Nazionale maschile, oggi commissario tecnico delle azzurre del volley: "Ricordiamoci che parliamo sempre di giovani che nemmeno hanno trent’anni. Quanti errori abbiamo fatto noi persone comuni alla loro età? Questo è un altro errore che si fa nello sport, soprattutto negli sport di squadra, nel calcio in modo clamoroso. Ragazzi di 22 anni vengono giudicati come uomini maturi, sono star e guadagnano tanti soldi, ma questo non dà loro anni di esperienza".

E infatti, poi arrivano le mamme, come quella di Mbappé.

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Mbappé e la ‘paghetta’ alla mamma: “Kylian fa troppa beneficenza”

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14.01.2024

Il padre di Pelé si limitava ad ammirare le prodezze del figlio su un vecchio televisore in bianco e nero. Il papà di Maradona non mise mai becco sulle scelte di carriera del Pibe de Oro, lo seguiva a Napoli piuttosto che a Barcellona e buona lì. La mamma di Gianni Rivera al massimo accettava di apparire in fotografia mentre stirava maglietta, calzoncini e calzettoni del suo ragazzo. E chi mai sentì parlare, se non in termini di festeggiamenti casalinghi per le vittorie, della famiglia di Adriano Panatta, di Gustavo Thoeni, di Felice Gimondi?…

Eh, qui non è che siano cambiati i tempi e non è che non ci siano più le mezze stagioni, signora mia. Qui sono diversi proprio i genitori degli idoli, dei campioni, degli eroi da stadio e non solo. Nel nuovo millennio, sempre più stesso la paternità o la maternità diventano uno status symbol, un merito genetico da rivendicare, un titolo da difendere urbi et orbi.

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