Ancona, 24 aprile 2024 – Uccisa dalle particelle d’amianto portate inconsapevolmente in casa dal padre, elettricista di bordo al cantiere navale di Ancona. Un mesotelioma pleurico alla base del decesso di un’anconetana, con la Fincantieri condannata dal giudice a risarcire i suoi familiari. Stavolta l’azienda leader mondiale nella cantieristica non è stata obbligata a risarcire i familiari di un lavoratore, ma quelli della figlia dell’ex dipendente dello stabilimento dorico del gruppo.

La storia delle morti bianche sul lavoro fa segnare un altro capitolo del tutto nuovo rispetto al passato. Così come in decine di cause nell’ambito della giustizia del lavoro, è stato lo studio legale Berti di Ancona a occuparsi di questa vicenda molto particolare. I familiari della vittima, deceduta alcuni anni fa, marito, figlia, sorelle e fratelli, sono stati risarciti con una somma di poco superiore al milione di euro. Per una volta è stato possibile provare come non si sia trattato di una malattia professionale, quanto delle conseguenze provocate dalla mancata informazione ai lavoratori sui potenziali rischi anche per i familiari a casa.

Per anni il padre della vittima, una donna di circa 50 anni, è tornato a casa dal cantiere navale portando con sé i vestiti da lavoro senza che nessuno lo avesse informato sui pericoli di quella esposizione nei confronti dei suoi cari. Il pulviscolo di amianto killer si è diffuso per tutto il tempo dentro la casa in questione fino a intaccare la salute della figlia dell’operaio: "Siamo riusciti, con testimonianze chiave e con la Ctu (Consulenza tecnica d’ufficio, ndr.) a dimostrare che l’azienda non aveva informato a dovere il suo dipendente sui rischi che correva non solo lui di ammalarsi - spiega l’avvocato Ludovico Berti -. Il resto poi l’ha fatto l’esame autoptico che ha dimostrato la presenza di particelle di amianto nel corpo della vittima, non di esposizione da lavoro, ma di vicinanza familiare".

"Il padre aveva lavorato a lungo dentro il cantiere navale ed era andato in pensione a inizio anni ‘80, cioè in piena fase di lavorazione con l’uso di amianto. Ogni volta, tornando a casa, ha diffuso suo malgrado il pulviscolo di amianto che la figlia ha respirato e che poi l’ha portata alla morte. È stata una sentenza unica nel nostro territorio".

Da 0 a 18 anni la donna, residente ad Ancona come tutta la sua famiglia, ha respirato amianto e trent’anni dopo la malattia imbattibile le ha presentato un conto amarissimo. Anche suo padre è morto anni fa per carcinoma, ma non è stato possibile accertare che le cause del decesso fossero legate alla malattia professionale. La sentenza del giudice del tribunale ordinario (a differenza di tutte la altre cause che avevano seguito il corso della giurisdizione del lavoro) è stata emessa l’altro ieri. La causa andrà sicuramente in appello, con la Fincantieri che presenterà appello. In passato, solo ad Ancona, sono stati decine i casi in cui l’azienda è stata chiamata a risarcire i cari di tanti operai morti per mesotelioma.

QOSHE - Fincantieri e l’amianto killer, sentenza pilota: uccisa dalle particelle sui vestiti del papà - Pierfrancesco Curzi
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Fincantieri e l’amianto killer, sentenza pilota: uccisa dalle particelle sui vestiti del papà

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24.04.2024

Ancona, 24 aprile 2024 – Uccisa dalle particelle d’amianto portate inconsapevolmente in casa dal padre, elettricista di bordo al cantiere navale di Ancona. Un mesotelioma pleurico alla base del decesso di un’anconetana, con la Fincantieri condannata dal giudice a risarcire i suoi familiari. Stavolta l’azienda leader mondiale nella cantieristica non è stata obbligata a risarcire i familiari di un lavoratore, ma quelli della figlia dell’ex dipendente dello stabilimento dorico del gruppo.

La storia delle morti bianche sul lavoro fa segnare un altro capitolo del tutto nuovo rispetto al passato. Così come in decine di cause nell’ambito della giustizia del lavoro, è stato lo studio legale Berti di Ancona a........

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